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Le imprese fanno bingo

Con la NADEF, Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, il Governo si appresta a rivoluzionare il mercato del lavoro italiano.

Con l’abolizione della Legge Fornero, chiesta a gran voce dagli stessi industriali, circa 400 mila persone nel privato e circa 250 mila nel pubblico andranno in pensione. Ciò permetterà alle giovani generazioni digitalizzate e preparate di entrare nel mercato del lavoro. Le imprese avranno la possibilità di far fuoriuscire lavoratori pagati bene con giovani diplomati e laureati senza articolo 18, come prevede il Jobs Act, pagati meno, con sgravi fiscali e in più la possibilità di pagare l’Ires, l’imposta sui profitti, dal 24 al 15% se si fanno assunzioni. Con il reddito di cittadinanza si riformano i centri per l’impiego e si avrà diritto al reddito solo se non si rifiutano 3 volte posti di lavoro.

Non è chiaro ancora in quale sede geografica si otterranno offerte di lavoro. Certo al sud non c’è lavoro, dunque è probabile che si inneschi un meccanismo di mobilità sud-nord.

Tutte queste norme provocheranno un altro massiccio esodo di laureati e diplomati dal sud al nord, visto che nel settentrione già in questo anno ci sono forti tensioni sul mercato del lavoro poiché non si trovano figure specializzate. Sono soprattutto le aziende che hanno fatto investimenti in macchinari digitalizzati tramite i sussidi di Industria 4.0, che non a caso viene con forza richiesta dai confindustriali la riconferma. Ciò, a parere dell’editorialista del Corriere Dario di Vico sta provocando un forte aumento dell’occupazione in queste imprese e un aumento della produttività. Il lato debole è che non si trovano figure ad hoc e ciò sta provocando un rallentamento manifatturiero.

Con la riforma della Fornero il quadro potrebbe aggravarsi e solo una massiccia emigrazione dal sud può dare soluzioni alla fortissima richiesta di lavoratori specializzati da parte delle imprese esportatrici del nord. Inoltre,  qualora reggesse il commercio mondiale e si innescasse il secondo motore dell’economia – così definito dal ministro Savona – le costruzioni, al nord ci sarebbero condizioni di pieno impiego che provocheranno un ulteriore emorragia di meridionali altamente qualificati.

In più, a quanto risulta, i porti scelti nel futuro memorandum Italia-Cina per lo sbocco della Via della Seta in Italia, saranno Genova e Trieste. Dopo la tragedia Morandi, Genova è stata scelta come area Zes – Zona Economica Speciale – con l’abbattimento dei dazi per le merci import-export. Trieste è già zona franca. Qualora fossero questi i due porti scelti per la Via della Seta, in quelle aree ci sarebbe nei prossimi anni un’alta richiesta di lavoratori che potrebbero venire solo dal Sud.

Questo perché la scelta della sede portuale della via della seta innescherebbe una massiccia localizzazione industriale sia da parte di imprese estere, soprattutto cinesi, sia da parte di imprese italiane. Il panorama produttivo italiano verrebbe mutato. Essendo due porti del nord, le localizzazioni riguarderebbero unicamente quelle aree, lasciando a secco il Mezzogiorno.

Inoltre, con la “pace fiscale” e il redditometro, che abbatte le tasse con un’aliquota secca del 15%, il vasto panorama settentrionale del lavoro autonomo, delle micro imprese e degli artigiani riprenderebbe vigore, ampliando la sfera del lavoro autonomo massacrato dagli ultimi 4 governi e che rappresenta il cuore pulsante elettorale della Lega. Oltre che per le assunzioni, l’abbattimento dell’aliquota Ires dal 24 al 15% riguarderebbe anche investimenti in macchinari Industria 4.0 con utili reinvestiti.

E’ prevista inoltre la conferma delle facilitazioni fiscali per  Industria 4.0. Tutte queste misure sono strumenti di protezionismo fiscale per parare i colpi della concorrenza europea e per prepararsi ad eventuali guerre commerciali internazionali, che potrebbero in futuro diminuire i tassi di crescita del commercio mondiale. Ne godrebbe il settentrione, per il sud al momento non è previsto nulla, se non serbatoio di manodopera per le aziende del nord, con la melina del reddito di cittadinanza.

Con il protezionismo fiscale e che con gli sgravi fiscali alle assunzioni, unito ad un tasso di inflazione ancora inferiore alla media europea, si gioca la partita dell’abbattimento del costo del lavoro per parare la concorrenza europea e mondiale.

Si confermerebbero sotto altre mentite spoglie le politiche mercantiliste di riduzione del costo del fattore lavoro per penetrare i mercati esteri. Ci sarebbe più lavoro, ma si confermano condizioni salariali stressanti per i lavoratori, con un’incidenza negativa sui consumi interni.

Ciò che il centro sinistra ha fatto per poter beneficiare le imprese esportatrici, questo governo lo applica allargando la sfera del beneficio alle piccole imprese e al lavoro autonomo legati alla domanda interna.

Al momento i giochi sono questi, a meno che i cinesi, oltre che Genova e Trieste, scelgano qualche porto meridionale. A quel punto la partita si riaprirebbe ma, stando così le cose, al momento il Sud offre al nord unicamente la possibilità di riempire i vuoti di produzione del settentrione.

Sarà per questo che Confindustria ha fatto l’endorsement nei confronti della Lega? Si ricostituisce il blocco produttivo medie grandi imprese, micro imprese e lavoro autonomo? Se così fosse la Lega sarà il dominus del prossimo decennio capace di ricreare il blocco degli imprenditori piccoli e grandi diviso negli ultimi 25 anni dall’ascesa di Berlusconi. Il patronato si riorganizzerebbe.

Il proletariato, al momento, invece è solo.

* da Marx XXI

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