Nell’ultimo periodo è emersa con forza e da più parti l’esigenza di capire in che direzione Potere al Popolo può lavorare sul piano europeo. In vista delle prossime elezioni europee del maggio 2019, ma non solo.
Come abbiamo sempre detto, cosa fare alle elezioni sarà una decisione delle e degli aderenti, sulla base di una discussione che attraverserà tutte le assemblee territoriali. Lo scopo di queste paginette è proprio quello di dare delle coordinate minime per questo confronto.
Mettiamo subito in chiaro quello che è l’auspicio di noi tutte e tutti: che questa discussione possa essere innanzitutto sulle linee strategiche che Potere al Popolo deve darsi. E, solo in secondo luogo, sulla tattica da mettere in campo. Per essere chiari: ci interessa dibattere soprattutto intorno ai contenuti e non tanto intorno ai contenitori. Che nessuno nega abbiano la loro importanza. Ma non possiamo permetterci di lasciare che monopolizzino il nostro confronto. Potere al Popolo è per noi tutte e tutti un progetto strategico, per il quale il fronte elettorale rimane uno dei fronti di lotta. Non l’unico, e nemmeno il più importante. Invitiamo tutte e tutti ad affrontare il dibattito con serenità, rispetto e tranquillità, giacché non esistono “soluzioni facili”. Ci muoviamo in un quadro difficilissimo, non solo per una forza giovane come la nostra, ma per tutti.
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LA SITUAZIONE NELLA UNIONE EUROPEA
Dieci anni di crisi e, soprattutto, di “gestione della crisi” nella Unione Europea, ci restituiscono un panorama desolante e paradossale: una ricchezza enorme che si accompagna ad un aumento vertiginoso della povertà. Ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.
Le classi popolari dell’intero continente hanno sofferto la durezza delle politiche di austerità che ovunque hanno portato gli stessi frutti: aumento di disoccupazione, tasso di sfruttamento, disagio mentale, povertà, precarizzazione del mondo del lavoro, diseguaglianze, emigrazione; la distruzione dei servizi sociali, sanità e istruzione in primis; devastazione ambientale; il deterioramento delle forme democratiche; l’aumento dell’età pensionabile. In sostanza, stanno conducendo alla distruzione delle conquiste ottenute dalle classi subalterne in decenni di lotte.
Questa rapida carrellata non esaurisce gli effetti delle politiche imposte dalle classi dominanti. L’austerità ha infatti indebolito i legami di solidarietà tra chi sta “in basso”, ha aumentato la frammentazione e la solitudine. Non si tratta solo di una condizione esistenziale, ma politica. Soli e divisi abbiamo più difficoltà ad articolare risposte collettive. Soli siamo più deboli.
Ci sono riusciti costruendo consenso intorno al mantra del T.I.N.A. (Thereisnotalternative) di thatcheriana memoria: le risorse sono “scarse”. Di qui la concorrenza tra gli sfruttati. Di qui le affermazioni di Wolfgang Schäuble che sintetizzava il senso della democrazia e della possibilità di cambiamenti: «Le elezioni non devono permettere che si cambi la politica economica.»
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LA FALSA CONTRAPPOSIZIONE “EUROPEISTI” VS. “NAZIONALISTI”
L’accettazione di questo mantra e della consequenziale guerra tra poveri accomuna Macron e Orban, gli europeisti liberisti e i nazionalisti.
Da una parte il presidente francese Macron ha avanzato la proposta di un fronte repubblicano dalla Merkel a Tsipras in nome del rafforzamento delle istituzioni liberali e della “resistenza” all’avanzata della ondata nera. Nella sua idea si riunirebbero così tutti coloro che hanno gestito il massacro sociale dovuto alle misure di austerity imposte alle popolazioni europee, con particolare accanimento contro i paesi della periferia, insieme a quelli che si sono illusi di poterlo mitigare ma senza risultati.
Dall’altra parte, invece, ci sono i nazionalisti con la loro declinazione razzista, xenofoba e antidemocratica dell’Europa. Con le frontiere chiuse e il filo spinato lungo i confini. A completare e rafforzare quella “Fortress Europe” messa in piedi dai fratelli coltelli degli europeisti liberali.
La conferma che gli uni e gli altri non hanno ipotesi diverse viene anche dalle scelte di politica internazionale e militare. Né i liberali né i nazionalisti mettono in discussione l’appartenenza alla Nato o gli aumenti della spesa militare a livello nazionale ed europeo. Le stesse ambizioni di una politica di potenza e di una Unione Europea cardine del nuovo ordine internazionale sono comuni a entrambi gli schieramenti, così come in entrambi sono perfettamente leggibili la visione e le ingerenze colonialiste in Medio Oriente e in Africa.
Noi dovremo essere capaci di combattere contemporaneamente contro questa duplice faccia del nemico. La nostra non è una terza opzione. Piuttosto, di fronte all’opzione bi-fronte (europeista liberista o nazionalista) delle classi dominanti del continente europeo, dovremo essere in grado di costruire la strada della alternativa, della transizione a un sistema diverso. La narrazione mediatica ci relega all’irrilevanza, pompando invece questa “ingannevole contrapposizione” – come l’ha definita SergeHalimi qualche mese fa su Le Monde Diplomatique. Ma Macron/Renzi e Salvini/Orban hanno bisogno gli uni degli altri. Macron ha bisogno di Salvini per porsi come presunta ultima trincea di fronte all’arrivo dei barbari; Salvini ha bisogno di Macron perché può additare lui e le sue politiche come responsabili del malcontento della gente. La strada per noi è molto stretta.
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COSA DEVE FARE POTERE AL POPOLO?
“Hanno cercato di abituarci a che ogni elezione si trasformi in una scelta tra uno status quo liberale o la minaccia dell’estrema destra. È arrivata l’ora di rompere il giogo dei trattati europei che impongono l’austerità e favoriscono il dumping fiscale e sociale. È arrivata l’ora in cui quelli che credono nella democrazia superino una nuova tappa per rompere questa spirale inaccettabile”.
(dal Manifesto di Lisbona)
Tutti i passaggi che abbiamo svolto finora, dalla stesura del programma alle discussioni collettive in occasione delle assemblee nazionali di Napoli, Marina di Grosseto e Roma, convergono nel mettere al centro della nostra iniziativa politica lo “svelamento” di questo inganno, di questa falsa contrapposizione.
Come lo facciamo? Su quali forze possiamo contare? Ecco due delle domande su cui siamo chiamati a ragionare e riflettere insieme.
Da questo punto di vista va completato il quadro proposto all’inizio di queste paginette. Se è vero che dieci anni di austerità ci hanno consegnato una sorta di “decennio perduto” sulla falsariga dell’America Latina degli anni ‘80, col corollario di dolore e sofferenze che hanno portato con sé, è pur vero che faremmo un enorme regalo ai nostri nemici se ci lasciassimo prendere semplicemente dallo sconforto. Perché vorrebbe dire essere incapaci di leggere la realtà, di individuare e valorizzare le contro-tendenze. Come quella dei movimenti femministi che negli ultimi anni sono stati in grado di costruire enormi livelli di partecipazione e protagonismo. Hanno riempito le piazze di diversi paesi, ma non solo: sono stati anche capaci di raggiungere obiettivi concreti, come la storica vittoria di maggio in Irlanda nel referendum sull’aborto. O, ancora, dobbiamo essere capaci di leggere i tentativi di costruzione di scioperi internazionali, come quelli che hanno avuto per protagonisti i piloti aerei della Ryanair o i lavoratori della Amazon. Non è vero che un cielo plumbeo domini su tutta l’Unione Europea. Sprazzi di sole ce ne sono.
In diversi paesi europei queste lotte hanno fatto sì che iniziasse a soffiare un vento nuovo. Sono infatti nate forze popolari e di rottura: in Francia, nello stato spagnolo e in Portogallo in primis.
Nei mesi scorsi La France Insoumise, Podemos e Bloco de Esquerda hanno promosso il Manifesto di Lisbona “E ora il Popolo!”, successivamente sottoscritto da altre forze della sinistra scandinava e che noi abbiamo tradotto in italiano e sottoscritto.
Spesso queste nuove formazioni la prima rottura l’hanno operata in seno alla stessa tradizione da cui muovevano le mosse. Non più intente a scrivere belle quanto innocue dichiarazioni di principio, ma disposte a mettere in discussione le regole dell’Unione Europea. Perché se ci si trova di fronte all’impossibilità della trasformazione in accordo alle norme esistenti bisogna porsi una domanda: e ora che facciamo? Cerchiamo di adeguarci, provando a ritagliarci margini di manovra o, invece, proviamo ad avere il coraggio di spingerci oltre? Si tratta di un quesito che dobbiamo porci anche noi. Mettendo in campo il ragionamento che ruota intorno al “Piano B”, esattamente come fanno queste forze. Perché la possibilità di portare a più miti consigli l’UE si è rivelata una falsa speranza (vedi il caso della Grecia o la ritirata dello stesso governo gialloverde italiano). E necessitiamo dunque di elaborare strategie che ci permettano di evitare la resa e il massacro delle classi popolari. In quest’ottica di difesa e contrattacco, l’impossibilità della trasformazione in accordo alle norme esistenti ci spinge a rafforzare la pressione per una completa riscrittura delle regole europee, non per trattative tra governi, ma sotto la spinta di un movimento popolare di grandi dimensioni.
Allo stesso tempo, crediamo ci sia tanto da fare, coniugando la battaglia per l’abolizione dei trattati europei“ingiusti” a quelle per una lotta senza quartiere all’evasione fiscale (i promotori del Manifesto di Lisbona hanno lanciato una campagna internazionale su questo tema), per un piano europeo di diritti per il lavoro, per un controllo sui capitali, per il divieto di delocalizzazioni e del dumping fiscale tra gli Stati. Per continuare con la libertà di nazionalizzare le imprese (si badi che nell’intesa trovata tra UE e UK sulla Brexit ci sono norme che potrebbero impedire il piano di nazionalizzazioni che vorrebbe promuovere Corbyn), la cancellazione del divieto di aiuti di Stato nella UE, la libertà per le politiche di bilancio di ogni stato, il superamento del divieto per la BCE di sostenere gli stati in difficoltà . Nella sostanza un programma di rottura con l’austerità e i suoi vincoli UE.
Se ci dicono che non si può, che questa alternativa non è possibile all’interno delle istituzioni e dei trattati europei, risponderemo che la reazione di fronte all’ingiustizia, e la volontà democratica e organizzata della gente, è sempre stata il motore che ha fatto cambiare le cose. Questa è la nostra priorità: costruire un’alleanza internazionale che metta la solidarietà e i diritti sociali al centro della politica e al di sopra di tutto. A questo scopo è nostro compito valutare in modo approfondito e non pregiudiziale tutte le proposte e i programmi che provengono da forze sicuramente contrarie all’austerità e i suoi vincoli UE2, anche se non aderenti al Manifesto di Lisbona.
Buon dibattito a tutte e tutti!
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APPENDICE 1: ROAD MAP E INDICAZIONI TECNICHE
Abbiamo scritto queste paginette pensandole come traccia di discussione per il confronto che avverrà all’interno delle assemblee territoriali.
Pensiamo che debbano essere convocati al più presto degli appuntamenti così da poter cominciare subito il dibattito. Sicuramente non oltre la seconda settimana di dicembre.
Il 15 dicembre stiamo provando ad organizzare a Roma un incontro internazionale con le organizzazioni promotrici del Manifesto di Lisbona “E ora il Popolo!”, così da poter avere un incontro che ci permetta di confrontarci con altre forze impegnate nelle nostre stesse battaglie. Una volta che avremo la conferma, ne daremo notizia pubblica. Invitiamo fin d’ora alla massima partecipazione possibile.
Il 16 dicembre, in sede di Coordinamento Nazionale, torneremo a confrontarci su quanto venuto fuori dal dibattito collettivo.
Agli inizi di gennaio sintetizzeremo il dibattito in posizioni che saranno messe a voto sulla piattaforma.
Per sintetizzare:
– Prime due settimane di dicembre: cominciamo il dibattito!;
– Sabato 15 dicembre, Roma: Incontro internazionale con altre forze europee (da confermare);
– Domenica 16 dicembre, Roma: Coordinamento Nazionale di Potere al Popolo!
– Inizio di gennaio: sintetizziamo il dibattito in posizioni che saranno messe a voto sulla piattaforma poterealpopolo.net.
Perché queste tempistiche?
Perché nel caso decidessimo di volerci candidare autonomamente come Potere al Popolo! Dovremmo procedere alla raccolta delle firme necessarie alla presentazione della lista. La legge che regola il tutto è la Legge 24 gennaio 1979 n. 18.
L’ultimo giorno utile per la presentazione delle firme è il 17 aprile 2019.
Le circoscrizioni elettorali sono 5:
– Nord Ovest, comprendente le Regioni Valle d’Aosta, Liguria, Piemonte e Lombardia (20 candidati);
– Nord Est, comprendente le Regioni Emilia-Romagna, Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia (14 candidati);
– Centro, comprendente le Regioni Toscana, Marche, Umbria e Lazio (14 candidati);
– Sud, comprendente le Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria (17 candidati);
– Isole, comprendente le Regioni Sicilia e Sardegna (8 candidati).
Per ogni circoscrizione elettorale bisogna raccogliere minimo 30.000 firme, aumentabili fino a 35.000, di cui almeno il 10% (3.000/3.500 firme) in ogni Regione della Circoscrizione elettorale. Il che significa che bisognerà raccogliere almeno 3000 firme anche in regioni piccole come Valle d’Aosta e Molise, giusto per fare due esempi. Ci si può presentare anche in una sola Circoscrizione elettorale. Il totale delle firme da raccogliere sul territorio nazionale è dunque tra le 150.000 e le 180.000 firme.
Sono esentati dal raccogliere le firme i partiti che hanno eletto almeno un deputato europeo (ovviamente presentando lo stesso simbolo, es. L’altra Europa), i partiti che hanno un gruppo parlamentare alla Camera o al Senato o che hanno eletto almeno un parlamentare (ovviamente presentando lo stesso simbolo). Il simbolo grazie a cui non si raccolgono le firme può essere contenuto anche in un simbolo che abbia insieme a questo anche altri simboli (il così detto “simbolo composto”).
I seggi vengono attribuiti con il metodo proporzionale tra le liste che hanno superato lo sbarramento del 4% dei voti validi.
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APPENDICE 2: MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
1) Liberali contro populisti. Una contrapposizione ingannevole
2) Il Manifesto di Lisbona e l’adesione di Potere al Popolo!
3) Contro Macron e Salvini un’Europa per la gente
4) Incontro di Potere al Popolo! con Miguel Urbàn, europarlamentare di Podemos
5) “E ora il popolo!” si allarga
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