Leggo forti polemiche sulla decisione – per me stupenda – di inserire i muretti a secco nell’elenco delle opere “Patrimonio dell’Umanità”. Oggi per esempio a lanciare strali contro la scelta dell’Ente onusiano è Mattia Feltri che dalle colonne de La Stampa, vede una deriva che ormai parifica alla concessione di un titolo nobiliare l’iscrizione nella lista dei beni “Patrimonio dell’Umanità”; concessione evidentemente da elargire agli astanti per farli contenti.
Ovviamente l’unico criterio valido sarebbe per il giornalista quello di “premiare” ciò che può dare ritorno economico. Ed essendo i muretti non artisticamente belli, difficili da monetizzare in definitiva non meritevoli di tutela.
Ci sarebbe da aprire una bella discussione sull’invasione degli ultracorpi economicistici nelle scelte culturali che per molti dovrebbero essere mosse solo da valutazioni di ordine economico. Ma tant’è, nell’epoca in cui tutto è mercificato è ovviamente normale che anche la cultura sia plastificata, incellofanata e venduta, a prezzi bassi, negli scaffali dei supermercati. A maggior ragione questa visione non può che essere frutto di una cultura superficiale che nasconde però, sotto la patina delle parole forbite e leccate, un’ignoranza che si può definire crassa.
Questo è il caso delle valutazioni sui muretti a secco. I detrattori della scelta evidentemente non sanno che dietro la loro nascita vi è la nascita della nostra società industriale e capitalista. I muretti a secco infatti sono figli di una precisa scelta politica: la privatizzazione delle terre comuni del vecchio ordine feudale europeo. Scelta che ha portato moltitudini di produttori indipendenti delle zone agricole a inurbarsi e a fungere da proletariato in vendita per un salario nell’allora nascente settore industriale. Così nacque la nostra società industriale: dalla deprivazione del fattore di produzione terra di milioni di piccoli produttori indipendenti.
Anche il Moro di Treviri scrisse pagine memorabili sul fenomeno figlio del Bills for Inclosures of Commons approvato dal Parlamento britannico (Il Capitale, libro I, Cap. XXIV). In Italia – e segnatamente in Sardegna – proprio sulla falsariga di quanto avvenne in Gran Bretagna fu approvato l’Editto delle Chiudende e così in molti altri paesi europei. Così nacque il capitalismo, figlio di una storia terribile di deprivazione dei mezzi di sussistenza per milioni di persone. Una storia che portò a rivolte fortissime e a veri e propri bagni di sangue. Una storia che è giusto preservare e tutelare anche nei suoi elementi materiali giunti fino ai giorni nostri come – appunto – i muretti a secco.
Una storia che però bisogna conoscere per capire le scelte da intellettuali di razza dell’Unesco. Ma in un mondo fatto di cultura di plastica da vendere incellofanata nel “libero mercato” forse sarebbe pretendere troppo.
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Manlio Padovan
Insomma: la cultura è sempre a sinistra!
Vi ringrazio per la nota estremamente interessante (fra l’altro ho nelle vene sangue meridionale -pugliese per parte di madre- del quale sono molto orgoglioso) e, forse, ho apprezzato ancor di più.