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Nel passato “andatevene in Russia” era l’invito brutale con cui le varie destre, democristiane liberali fascistoidi, si rivolgevano ai comunisti e a chiunque a sinistra criticasse il potere e magari anche lo contestasse con la lotta.

Oggi Gian Francesco Menani sindaco leghista di Sassuolo, centro industriale ricco della ricca Emilia, propone di andare in Russia a operai che perdono il lavoro in una fabbrica della sua città.

Un leghista che suggerisce ad operai italiani di emigrare e cercarsi un lavoro a tremila chilometri di distanza. Senza neppure chiedersi se nel suo territorio – ripeto carico di grande ricchezza evidentemente mal distribuita – non ci siano le risorse per far lavorare tutti.

Insomma i padroni di Sassuolo non possono farci niente, bisogna andare a lavorare altrove, uno stipendio è sempre uno stipendio, lire o rubli che siano.

Così il salviniano. Che evidentemente ignora di riproporre in rubli ciò che i governi democristiani degli anni 50 predicarono e realizzarono in altre monete, quando dissero ai disoccupati italiani di imparare le lingue e fecero accordi con altri paesi per trasferirli lì. Ad esempio nella miniera di Marcinelle, in Belgio.

Oggi il sindaco leghista di Sassuolo propone agli operai di andare a lavorare nel paese dove risiede la multinazionale russa che chiude la loro fabbrica. Conseguentemente gli operai Whirlpool di Napoli dovrebbero andare negli USA, quelli di Piombino e Taranto in India, altri in vari paesi d’Europa e del mondo e così via.

Una volta “andate in Russia” era lo slogan con cui la destra sosteneva il peggio del potere, oggi diventa una proposta di mercato in ossequio alle multinazionali.

La destra modifica il senso dei suoi vecchi slogan riciclandoli, ma ne lascia intatto il fine: i ricchi e i padroni non si toccano, i poveri e gli sfruttati si arrangino e soprattutto non rompano le scatole.

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