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Benvenuti in mare aperto”. Così si apre il manifesto delle 6000 sardine, forti delle mobilitazioni degli ultimi giorni, e da giorni al centro del dibattito politico in Italia.

Il soggetto partorito da quattro ragazzi bolognesi ora dilaga in tutto il Paese animato dallo spirito di opposizione alla Lega e contro il suo leader, Salvini.

Tante, forse troppe, sono le questioni che andrebbero analizzate per esprimere un parere su questa nuova ibrida formazione politica ma non partitica. E tante sono le domande che dobbiamo porci e a cui dobbiamo dare una risposta.

Individuare la natura di questa nuova mina vagante della politica italiana non è agevole.

Le sardine nascono e si reggono su un assunto fondamentale: l’opposizione a Salvini, alla Lega, e al “clima di odio” generato dalla Destra. Non ci sono elementi di critica rivolti alla sinistra nostrana, colpevole delle peggiori nefandezze negli ultimi anni, né tantomeno si prospetta una critica di sistema che possa far presagire un qualche elemento di rottura con l’attuale sistema economico. Mancano del tutto richieste di stampo sociale. Per il momento non ci sono altri temi diversi dal dissenso verso un’altra formazione politica.

Se quest’elemento è sicuramente positivo, permane l’ambiguità insita nella natura stessa di una reazione nata spontaneamente e che quindi si fa portatrice di valori poco caratterizzanti e difficili da individuare. Su questi punti complessi ma cruciali relativi alla natura di questa esperienza rimandiamo all’analisi sicuramente più precisa svolta sulle pagine di Contropiano.

Non aiuta il decalogo prodotto dalle “Sardine”, facilmente reperibile sul web, in cui si scrive di valori condivisibili in linea di massima ma del tutto insignificanti dal punto di vista politico. Si scrive di partecipazione, inclusione, non violenza e emozioni.

Ombre, quindi, ma non mancano luci o perlomeno spiragli. Nella Bibbia Giona in quella che è probabilmente la più famosa delle sue disavventure, vive per giorni dentro un pesce enorme: una balena, si dice, o forse uno squalo.

Una lettura metaforica e non nuova di questa vicenda individua nella permanenza di Giona nel mostro marino una certa arrendevolezza nei confronti della vita sociale. Meglio restarsene al sicuro, piuttosto che rischiare il confronto con il mondo e la società esterni. La metafora è ambivalente.

Da giovani comunisti dobbiamo chiederci se restare chiusi dentro quella che non è né una balena né uno squalo, ma una“sardina”, o invece confrontarci con un esterno che spesso fatica a recepire il nostro linguaggio, ma che non possiamo eludere e in cui dobbiamo imparare a svolgere la nostra funzione.

Lo stesso vale per chi dovesse vedere nella sardina uno spazio politico risolutivo: per la sua natura e per come si conforma, questo movimento non dimostra al momento la capacità di potersi affermare come un soggetto portatore di istanze sociali, economiche e politiche a noi vicine che non sia una generale chiamata all’opposizione verso la destra, risultando inefficace.

Dobbiamo inoltre interrogarci sulla possibilità di trasformare un dissenso in consenso. È facile unire nella prospettiva di opposizione a qualcosa o qualcuno, difficile è far sì che da tale dissenso discenda un consenso verso un’altra alternativa politica. Quale sia questa alternativa, le sardine al momento non lo dicono, restando coerenti con l’animale totem scelto per rappresentare le proprie idee. Si paventa che il tentativo sia quello di portare consenso all’unica forza palpabile all’apparenza in grado di opporsi alla Lega, il PD. Tale ipotesi resta per noi non percorribile.

E se così non fosse, se dalle sardine dovesse nascere una nuova esperienza politica, è importante ricordare che nel “mare aperto” citato in apertura, senza bussola ci si perde. I comunisti saranno e sarebbero in grado di fornirla, quella bussola?

*Segreteria nazionale della Fgci

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3 Commenti


  • antonio

    …riflessione e analisi tutta da scandagliare e – se possibile – condividere. Aggiungerei solo una considerazione alle diverse già espresse nell’intervento cioè: uno dei concetti che accomuna ed è presente in queste piazze “sardine” (non sordine eheh) consiste : nell’antifascismo dichiarato da gran parte di queste “sardine”!
    Mi chiedo e mi domando e domando a voialtri tutti: fare o essere antifascista a cinquanta e più anni (memori di storie passate) può anche apparire semplice se non addirittura banale: “e ‘cche “cce vò a quell’età!” (direbbe così un giovane di oggi privo di memoria e imbevuto di controstorie e manipolazioni varie (oltre la destra e oltre la sinistra); invece essere o fare antifascismo e dichiararlo apertamente a un’età tra i 14/16/18 anni o giù di lì credo sia altra cosa sulla quale credo che valga la pena spenderci: tempo, riflessioni e quant’altro.
    Fatemi sapere cosa ne pensate.


  • Pasquale

    Dichiararsi antifascista è facile. Basta non esserlo. Schierarsi contro qualcuno è altrettanto semplice. Basta che non ci piaccia. Più difficile è riconoscersi in una ideologia, essere anticapitalisti, non farsi venire l’orticaria quando si sente pronunciare la parola Comunismo, essere sostenitori di un progetto politico e criticare apertamente anche una certa sinistra che sostiene e ha sempre sostenuto i governi borghesi succedutisi finora. Bisogna avere il coraggio di ammettere che mai come in questo momento storico c’è ancora bisogno di Marx, per vivere il lavoro, dove esiste, come ‘Manifestazione di libertà’ affrancandosi dallo sfruttamento per superare le catene del bisogno.


  • Pasquale

    Dichiararsi antifascista è facile. Basta non essere fascista, è ovvio. Schierarsi contro qualcuno è altrettanto semplice. Basta che non ci piaccia. Più difficile è riconoscersi in una ideologia, essere anticapitalisti, non farsi venire l’orticaria quando si sente pronunciare la parola Comunismo, essere sostenitori di un progetto politico e criticare apertamente anche una certa sinistra che sostiene e ha sempre sostenuto i governi borghesi succedutisi finora. Bisogna avere il coraggio di ammettere che mai come in questo momento storico c’è ancora bisogno di Marx, per vivere il lavoro, dove esiste, come ‘Manifestazione di libertà’ affrancandosi dallo sfruttamento per superare le catene del bisogno.

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