Francesco Guccini ha fatto un appello a votare Bonaccini presidente e Igor Taruffi candidato nella lista Bonaccini presidente, Emilia-Romagna Coraggiosa.
L’appello incita a fermare la Lega e, più generalmente, la destra, e si conclude con un’esortazione all’Emilia “locomotiva coraggiosa”. Cosa cantava Guccini nella sua indimenticabile canzone “La Locomotiva”?
Guccini nominava il socialismo così: “..Ma un’altra grande forza spiegava allora le sue ali, parole che dicevan gli uomini son tutti uguali…”. Al contrario il presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini ha già chiesto l’autonomia differenziata con l’accordo siglato dalla sua regione con il governo Gentiloni il 28 febbraio 2018.
L’autonomia differenziata non prevede che i cittadini italiani siano tutti uguali, non prevede che i cittadini di Reggio Calabria abbiano gli stessi diritti (sanità, prestazioni sociali, infrastrutture) dei cittadini di Reggio Emilia. Al contrario, confermando la diseguale e iniqua (per il Sud) spesa storica, l’autonomia differenziata nega il principio di eguaglianza per i cittadini meridionali nei servizi socio-sanitari erogati dallo Stato.
Lo ha spiegato bene Giuseppe Falcomatà, sindaco Pd di Reggio Calabria, intervistato da Emanuele Bonaccorsi a Report su Rai3. Oggi tutti legano il futuro del governo Conte al risultato delle elezioni regionali in Emilia Romagna. Qualora vincesse la candidata della Lega, Lucia Borgonzoni, Matteo Salvini chiederebbe le elezioni anticipate, le vincerebbe come leader del centrodestra riconosciuto da Silvio Berlusconi, diventerebbe premier e accelererebbe il processo di autonomia differenziata.
Qualora in Emilia Romagna vincesse il candidato del Pd, Stefano Bonaccini, egli accelererebbe egualmente il processo di autonomia differenziata per tre ragioni: perché, come il presidente lombardo Fontana e il presidente veneto Zaia, Bonaccini ha già firmato il suddetto accordo per l’autonomia della sua regione con il governo Gentiloni il 28 febbraio 2018; perché, come fece l’Ulivo nel 2001 con la riforma del titolo quinto della Costituzione, il Pd crede di sottrarre voti alla Lega proponendo politiche simili; perché il Pd del Nord, come il M5S del Nord, sull’autonomia ha la stessa posizione della Lega.
Entrambi, Pd e Lega, con l’autonomia differenziata, sancirebbero la fine di qualunque politica del governo nazionale per il Mezzogiorno. Tale problema era già presente nel PCI. Il 22 novembre scorso, in un convegno CGIL sull’autonomia differenziata organizzato a Lecce dalla professoressa Viviana Vigneri e concluso da Claudio Menga segretario FLC CGIL Puglia, lo ha spiegato bene il professor Giuseppe Fiore: “nei primi anni ottanta, quando ero delegato barese in commissione sanità nazionale del PCI, l’allora presidente dell’Emilia Romagna, un migliorista, diceva a noi meridionali che era inutile darci i soldi perché li sprecavamo o li mangiavamo”.
Tale pericolosa affermazione ha dietro lo stesso spirito con cui il Nord promuove la secessione dei ricchi dicendo ai meridionali che l’autonomia differenziata responsabilizzerà e moralizzerà il Sud. Il Nord dimentica che Roberto Formigoni, ex presidente della Lombardia, è stato condannato in via definitiva a 5 anni e 10 mesi per corruzione nel processo per il crac delle fondazioni Maugeri e San Raffaele.
E il Nord dimentica che l’ex presidente del Veneto Giancarlo Galan, nella vicenda giudiziaria del Mose, dove era accusato di corruzione, ha patteggiato con la Procura di Venezia una pena di reclusione di 2 anni e 10 mesi e una multa di 2,6 milioni di euro. Insomma il Nord è sicuramente più efficiente ma non è meno corrotto del Sud.
Per capire cosa accadrà ai diritti dei meridionali, occorre comparare le dichiarazioni della Senatrice Erika Stefani, ex ministro leghista per le Regioni, e il Disegno di Legge per l’attuazione della autonomia differenziata presentato dal successore della Stefani, il ministro Pd Francesco Boccia.
L’ex ministro della Lega Erika Stefani vuole costituzionalizzare la spesa storica che affossa il Sud
Il 25 settembre la senatrice Erika Stefani è stata molto chiara nell’intervista rilasciata a Luigi Zuin sul Corriere del Veneto. A Zuin che le chiede dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) Stefani risponde: “Se mi trovate qualcuno che, adesso come adesso, vi sappia dire precisamente come vanno definiti e parametrati i LEP, io gli faccio un monumento”. Quando Zuin le obietta “Rimane il piccolo particolare che i livelli essenziali di prestazione sono previsti dalla Costituzione. Come se ne esce?” Stefani risponde: “Lo so bene… ma sospendere il processo che porta all’autonomia per definire i LEP rischia di creare un blocco per chissà quanto tempo. È come voler mettere il carro davanti ai buoi…”. E quando Zuin chiede se vi sia una strada alternativa Stefani risponde esplicitando l’obiettivo della Lega: “Certo: intanto facciamo l’intesa sul trasferimento delle competenze alle regioni sulla base del costo storico e poi si definiscono i costi standard.”
Come vedremo a breve il DDL Boccia contiene proprio l’obiettivo della Lega. E si pone allora una questione dirimente. I tanti comunisti che negli anni Settanta e Ottanta hanno cantato tante volte la “Locomotiva” di Guccini ai suoi concerti alzando il pugno chiuso possono appoggiare l’autonomia del Nord? Possono appoggiare un provvedimento che nega il diritto costituzionale dei meridionali alla stessa sanità, le stesse infrastrutture e lo stesso welfare dei settentrionali?
Ddl e autonomia garantiscono al bambino di Reggio Calabria lo stesso asilo nido garantito al bambino di Reggio Emilia? No
Principi e norme generali dovrebbero definire le prestazioni essenziali che lo Stato garantisce ad ogni cittadino in qualunque luogo risieda. Solo così sarebbero tutelati i diritti sociali e civili sia del cittadino di Palermo sia del cittadino di Torino.
Di conseguenza, per garantire livelli essenziali delle prestazioni uguali a Torino e a Palermo, lo Stato deve avere un sistema di distribuzione delle risorse basato sulla perequazione e sulla solidarietà, un sistema che non penalizzi le regioni con minore capacità fiscale, un sistema che aiuti tali regioni con minore capacità fiscale. Il DDL Boccia non definisce una cornice normativa che fissi principi inderogabili e quindi eguali livelli essenziali delle prestazioni in tutto lo Stato italiano.
Al contrario secondo il ddl, una regione può avere l’autonomia alla semplice condizione di aver definito con il governo i LEP (i livelli essenziali delle prestazioni), gli obiettivi di servizio e i fabbisogni standard. Si pone una questione dirimente: Il ddl garantisce al bambino di Reggio Calabria la stessa qualità di asilo nido garantita al bambino di Reggio Emilia? Garantisce lo stesso livello essenziale delle prestazioni per istruzione, sanità, trasporti e comunicazioni, servizi sociali ad ogni cittadino italiano? Assolutamente no.
Per esempio, poiché l’asilo nido non è riconosciuto all’interno dei livelli essenziali delle prestazioni ma è un semplice obiettivo di servizio, il sistema pubblico potrebbe non garantirlo e semplicemente riconoscerlo come obiettivo di servizio da garantire per il 35% dei bambini e non per il 100%.
Non è finita qui. Attenzione! Poiché il ddl non definisce i necessari principi e norme generali che informino i LEP, essi saranno un semplice termometro dell’esistente e non il fine da raggiungere per rispettare la Costituzione e garantire i diritti civili e sociali a tutti i cittadini, dovunque abitino. E arriviamo al nodo cruciale, il termometro dell’esistente, ovvero il divario della spesa storica (in tabella 1 la spesa pro capite netta del Centro-Nord e del Sud a prezzi costanti del 2010 nell’arco temporale 2000-2017).
A riguardo la CGIL, da un lato, in un documento chiaro ha evidenziato i pericoli di incostituzionalità insiti nell’autonomia differenziata, da un altro lato, non ha organizzato uno sciopero generale contro la secessione dei ricchi.
Tabella 1 – SPESA PRIMARIA NETTA ANNI 2000-2017
VALORI IN EURO PRO CAPITE A PREZZI COSTANTI A. 2010
Il Professor Adriano Giannola, presidente della Svimez, il 10 dicembre 2019 nell’audizione sul DDL Boccia in Commissione Finanze della Camera presieduta da Carla Ruocco (M5S), è stato molto chiaro:
1) come evidenziato in tabella 2, la spesa pubblica annua pro capite, al netto degli interessi sul debito, dell’intero settore pubblico allargato è profondamente diseguale, con divari forti tra regioni del Centro-Nord e regioni del Sud: nella media degli anni 2014-2016, nel Centro-Nord è pari a 17.065 Euro pro capite, nel Sud è pari 13.394 Euro pro capite.
2) Il DDL “non elimina il rischio, attraverso l’utilizzo sia pur transitorio della spesa storica, di una cristallizzazione dei divari di spesa”. A tale cristallizzazione “è imputabile una parte non trascurabile della crescita dei divari dell’ultimo decennio denunciata” dalla Svimez.
3) Con il DDL il rischio di cristallizzazione del divario della spesa storica permane qualora il Governo nazionale firmi un’intesa tra una regione e il Governo per l’autonomia finanziaria della stessa regione. Perché? Perché qualora entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa che attribuisce per la prima volta nuove funzioni alla regione non siano stati definiti i LEP (livelli essenziali delle prestazioni) e i fabbisogni standard, le stesse funzioni saranno attribuite e le relative risorse saranno assegnate “sulla base delle risorse a carattere permanente iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente”.
Che significa? Che poiché il governo prevede di non accordarsi con le ricche regioni del Nord sulla definizione dei LEP, entro un anno concederà l’autonomia alle stesse regioni del Nord sulla base della spesa storica. Quindi il governo realizzerà proprio ciò che chiedeva la Senatrice della Lega Stefani nell’intervista al Corriere del Veneto.
Giustamente Giannola sottolinea come, per annullare il divario Nord-Sud, non basti cambiare nomi e chiamare nel DDL le risorse della iniqua (per il Sud) spesa storica come “risorse a carattere permanente iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente”. Non solo l’iniqua ripartizione permane ma è cristallizzata dal DDL.
Per opporsi sarebbe necessario che una grande forza spiegasse le sue ali, la forza del socialismo cantato da Guccini nella Locomotiva. Le sardine non sembrano preoccuparsi della negazione del principio costituzionale di eguaglianza insita nell’autonomia differenziata. Che i cittadini siano tutti uguali, da Torino a Palermo, non interessa più a nessuno.
Tabella 2 – SPESA PUBBLICA PRO CAPITE AL NETTO DEGLI INTERESSI
SETTORE PUBBLICO ALLARGATO – MEDIA 2014-16
* dal blog sull’Huffington Post
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Giulio Bonali
Come spesso succede, un grande artista é un uomo piccolo piccolo, conformista e succube al potere.
Di che “pasta umana” fosse fatto il vate della mia generazione già lo si capì quando commentò gli attentati dell’ 11 Settembre (a prescindere dai seri dubbi -per lo meno- di convivenza dei servizi segreti amerikani e israeliani- arrampicandosi sugli specchi per cercare di distinguere la pretesa ” azione “spontanea e non premeditata” del suo macchinista ferroviere e la presunta “premeditazione” degli attentati antiimperialistici di inizio XXI secolo (per parte mia, che considero l’ arte più grande e più importante e splendida e molto meno meschina di molti artisti, litigai con una collega -medico, come me- politicamente corretta, che mi tolse defintivamente il saluto, attaccando bene in vista sulla porta del mio studio, che dava su un corridoio percorso da moltissimi pazienti, il 12 Settembre un cartello con gli ultimi versi della “locomotiva “E che ci giunga un giorno ancora la notizia di una locomotiva, come una cosa viva, lanciata a bomba contro l’ ingiustizia!”).