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“Roma disfatta”. Come è stata fatta a pezzi la città pubblica

“Roma è una città a pezzi. Se non nella realtà dei fatti, certo nella rappresentazione di sé”. Sono lapidarie le prime due righe del prologo al libro “Roma disfatta” di Vezio De Lucia, una autorità tra gli urbanisti, e Francesco Erbani caposervizio cultura del quotidiano La Repubblica.  Un libro scritto a quattro mani e raccontato a due voci attraverso un lungo dialogo tra i due autori su Roma. “Roma bisogna andarsela  a vedere”, dice Erbani nel dibattito tenutosi al centro sociale Corto Circuito in occasione della presentazione del libro organizzata giovedi dalla Carovana delle Periferie.

Il tendone del Corto ha ospitato un bel confronto con i due autori, recensiti – “senza misericordia” – da due esperti piuttosto anomali: l’urbanista Antonello Sotgia, da sempre vicino ai movimenti, e Angelo Fascetti, un veterano della lotta per la casa e coordinatore dell’Asia-Usb.

Davide della Carovana delle Periferie non gira intorno alle parole. Un pubblico apprezzamento al libro per la sua utilità e le analisi che contiene ma presa di distanza da alcune conclusioni, o meglio dalle conclusioni che mancano. La forma pulviscolare con cui si è voluto lasciar espandere Roma, consegnandone le scelte e dando mano libera ai privati e ai costruttori, ha un costo terribile che diventa debito, non solo sul piano urbanistico ma anche per adeguare i servizi (dal trasporto pubblico alla raccolta rifiuti) ad una espansione niente affatto regolata. Roma si è allargata a dismisura nonostante i suoi abitanti siano rimasti sempre lo stesso numero. Ci sono edifici ben superiori alle necessità dei suoi 2.800.000 abitanti, con migliaia di palazzi e appartamenti vuoti, inutilizzati. Ma Roma è una città duale. Non solo tra la città consolidata e quella anulare (cioè oltre quel Grande Raccordo Anulare diventato un muro divisivo tra una città e un’altra). Roma è una metropoli in cui la città abusiva (quella dei condoni) occupa 15mila ettari, più del comune di Napoli, assai più rispetto a quella pubblica. Ciò ha incentivato un visione proprietaria e individualista dell’abitare che ha avuto ripercussioni anche sulla rappresentanza politica, con la gente della metropoli condonata – decisiva ieri per l’avvento delle giunte di sinistra –  diventata bacino elettorale della destra o, nel migliore dei casi oggi del M5S, l’unico a contendere elettoralmente lo spazio alla destra nelle periferie.

Sotgia critica l’assenza dal libro di ogni presenza o riconoscimento al ruolo avuto dai movimenti sociali (dalle occupazioni di case e spazi ai comitati che si battono sui territori) nell’aver cercato di disegnare una città diversa. Cita Moby Dick e il fatto che spesso le mappe ingannano non dicendo tutto quello che c’è da sapere.  Angelo Fascetti sottolinea la mancata denuncia  del verminaio venuto fuori sulle edificazioni in area 167 (i famigerati Piani di Zona) che dovevano cercare di dare risposta alla domanda abitativa dei ceti sociali medio-bassi, appena un gradino o due sopra quelli talmente disagiati da avere diritto alle case popolari. Una dimensione abitativa enorme in tutta la cintura periferica che ha truffato quasi 40mila famiglie con la complicità di Comune e Regione.

Vezio De Lucia incassa le critiche e replica con onestà. “La retorica sui movimenti non ci appartiene perché non ne facciamo parte. Siamo un urbanista e un giornalista e non degli attivisti”. Accetta invece la denuncia di Fascetti sui Piani di Zona ammettendo esplicitamente che “Non immaginavo a che livello di schifo fosse arrivata l’edilizia pubblica a Roma”. De Lucia, trattato con rispetto da tutti gli interlocutori di un dibattito che pure non risparmia critiche, ci ricorda che la città abusiva è nata spontaneamente al di fuori della città pubblica. Sono 600mila le persone che vivono nella città abusiva e meno della metà quelle che vivono nella città pubblica. E’ stata condonata riconoscendo i diritti abitativi e proprietari a chi si era costruito la casa senza licenza o servizi di urbanizzazione (vedi i ciociari insediatisi in massa sulla Casilina e la Prenestina dagli anni ’50), servizi arrivati successivamente con i condoni. Ma questo passaggio ha prodotto anche cambiamenti politici. “A Roma non si elegge il sindaco senza il consenso dei consorzi nati nella città abusiva. Di questo non c’è traccia in Mafia Capitale né nell’indagine interna condotta sui circoli del PD da Barca”.

Francesco Erbani (autore tra l’altro di un libro precedente dedicato proprio alla città pubblica), afferma che Roma ha perso la possibilità di essere interpretata in un unico modo. Nel libro non ci sono le vicende politiche della città, l’abbiamo analizzata solo attraverso il rapporto tra il notabilato della politica e l’estensione della città, cioè la connessione tra questi due fattori. Erbani nega che nel libro ci sia alcuna benevolenza verso l’esperienza della Giunta Marino.

Il dibattito seguito ai primi interventi è stato assai ricco e animato da diversi interventi: da chi ha posto il problema del No alle Olimpiadi e della minaccia speculativa su Tor Vergata a chi abita a Tor Bella Monaca (al quale il libro dedica un apposito capitolo, forse troppo indulgente), c’è chi pone il problema dell’area e della città metropolitana con centinaia di migliaia di pendolari che oggi giorno convergono su Roma dall’hinterland a chi pone il problema di come la risorsa turismo e beni archeologici non sia affatto una risorsa redistribuita ma vede invece una enorme appropriazione privata degli introiti (vedi la vicenda del Colosseo di cui l’80% degli introiti vanno a due società private) e c’è Daniela che racconta come l’occupazione “illegale” di un spazio come il Corto in realtà stia producendo cose migliori di quelle consentite dai regolamenti comunali.

Inevitabilmente le elezioni entrano nella discussione. Il 19 giugno ci sarà il ballottaggio tra Giachetti e la Raggi. E allora che fare? Non ha dubbi Nunzio D’Erme affermando che occorre battere il PD e provare a riaprire la partita dell’organizzazione sociale e politica nelle periferie, non ha dubbi Federico quando dice dobbiamo votare contro chi dice si alle Olimpiadi e alla speculazione su Tor Vergata. E’ possibilista anche Vezio De Lucia quando vede confermata la possibilità che l’urbanista Paolo Berdini possa essere della squadra di governo proposta dalla Raggi e dai M5S.

La discussione è durata quasi due ore e mezza e avrebbe potuto continuare per ore per i temi e gli spunti emersi. “Roma disfatta” è un libro che va letto per capire cosa hanno fatto diventare Roma la totale “deregolation urbanistica”,  i poteri forti e le complicità che hanno reso possibile la liquidazione della città pubblica. Probabilmente ci sarà un nuovo confronto nelle prossime settimane, il luogo previsto è fortemente adatto e simbolico: Tor Bella Monaca, primo avamposto di quella “Roma anulare” in cui la Carovana delle Periferie da alcuni mesi sta sperimentando l’ipotesi di una organizzazione sociale di massa.

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