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Il prelievo forzoso è ingiusto e incostituzionale

Il prelievo forzoso è una misura straordinaria che generalmente prende la forma di una tassa che agisce direttamente sui conti correnti: una determinata percentuale dei depositi viene prelevata dallo Stato che se ne appropria. La differenza con le altre tasse “una tantum” è prevalentemente nel fatto che non è il cittadino a dover pagare, ma lo Stato da solo si prende quel che vuole dal conto corrente.

Si tratta di una misura estrema a cui lo Stato ricorre quando non sa come affrontare delle crisi particolarmente gravi e improvvise. In tempi recenti nel nostro Paese il prelievo forzoso è stato attuato solo dal Governo Amato nel 1992, per far fronte alla svalutazione della Lira innescata da George Soros (lo speculatore finanziario artefice di quasi tutti i colpi di Stato filo statunitensi degli ultimi 30 anni).

Si è tornati insistentemente a parlare di prelievo forzoso nei giorni più difficili della crisi dello spread, cioè quando il Governo si rese conto che l’Italia rischiava il default se non fosse stata in grado d’onorare i titoli di Stato in scadenza.

Ora alcuni “opinion leader” organici alle forze di Governo sono tornati a proporre il prelievo forzoso. Alcuni lo hanno fatto spacciandolo per “tassa patrimoniale”, ma non è affatto la stessa cosa.

Schematizzando al massimo, si può dire che solo i poveri hanno il proprio patrimonio sui conti correnti mentre i ricchi lo hanno prevalentemente in investimenti. Infatti, la “tassa patrimoniale” nella sua accezione genuina e non plasmata agli interessi del capitale, colpisce tutti i patrimoni, quindi anche quelli investiti in attività finanziare, in beni immobili e mobili (in qualche misura anche i depositi sui conti esteri). In sostanza il prelievo forzoso colpisce soprattutto i poveri, mentre la patrimoniale colpisce (o meglio, “potrebbe colpire”) soprattutto i ricchi.

La nostra Costituzione dice che le tasse devono essere progressive (art. 53), cioè ispirate al principio “chi più ha, più dà”. In effetti per quasi tutte le tasse ciò è vero, ma non per il prelievo forzoso che in sostanza è regressivo, risponde al principio “chi più ha, meno dà”.

Come noto, il popolo di norma tiene la propria ricchezza (qui intesa esclusivamente come “risparmi”) depositata sui conti correnti della banca o delle Poste. Solo una parte della popolazione riesce ad utilizzare il risparmio per attività speculative (ad esempio finanziarie). Invece le persone maggiormente abbienti i propri risparmi li investono nella quasi totalità. Costoro sui conti correnti tengono solo le somme che utilizzano per le spese ordinarie o comunque di piccolo importo (almeno per quelle che sono le proprie disponibilità): le classi abbienti hanno solo una piccola parte della propria ricchezza depositata sui conti correnti.

Perciò, se si facesse un prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani, il peso dell’operazione graverebbe maggiormente sulle fasce meno abbienti della popolazione. Un povero dovrebbe pagare la tassa sulla totalità dei propri risparmi, mentre un ricco solo su una piccola quota.

Un esempio numerico può rendere più chiaro il concetto. Mettiamo di avere due persone: un povero e un ricco. Il povero è un lavoratore che tra enormi sacrifici e privazioni riesce a risparmiare qualche soldo che tiene sul proprio conto corrente (anche per far fronte allo smantellamento del welfare). Cioè, il 100% della ricchezza del povero sarà depositata sul conto corrente, poniamo 5.000€ (quindi stiamo facendo l’esempio di un qualcuno non estremamente povero).

Il ricco invece ha un milione di euro (i milionari in Italia sono 400.000, quindi si tratta di un esempio “non estremo”) e per lui non ha senso tenerli fermi su un conto corrente. Quindi li investe in beni (mobili e immobili) o nella finanza, per fargli fruttare interessi e rendite. Costui sul conto corrente tiene solo quei soldi che gli possono servire per fare le spese ordinarie o comunque di piccolo importo: ad esempio 20.000€ cioè il 2% delle proprie ricchezze.

Mettiamo ora il caso che lo Stato decida di fare un prelievo forzoso di 1% sui conti correnti. Al povero toglierà 50€, mentre al ricco toglierà 200€. Apparentemente la tassa potrebbe sembrare equa e progressiva, ma non è affatto così. Infatti in termini percentuali al povero è stato tolto 1% della propria ricchezza, mentre al ricco è stato tolto lo 0,02%. Cioè, sebbene il povero paghi di meno, a lui la tassa pesa 50 volte di più che al ricco.

In termini relativi, con il prelievo forzoso un povero pagherebbe decine di volte di più di un ricco.

Forse non basterebbe neanche fare degli scaglioni per compensare questa stortura.

Di fatto il prelievo forzoso è un’imposta regressiva, che non solo sarebbe incostituzionale, ma rappresenterebbe l’ennesimo e sfacciato attacco contro i lavoratori. Va respinto senza esitazioni.

 

 

 

 

 

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