La netta vittoria del SI al referendum sul taglio dei parlamentari sanziona la fine della Costituzione del 1948, quella nata dalla Resistenza e votata dall’Assemblea Costituente.
In realtà quella Costituzione è stata davvero in vigore per un breve periodo, poco più che un decennio, nella storia della Repubblica. Partecipazione democratica, diritti sociali e del lavoro, controllo pubblico sull’economia, eguaglianza e libertà, questi sono i principi di un testo costituzionale che, come scrisse nel 2013 la Banca Morgan, “è fortemente segnato da contenuti socialisti, perché frutto del ruolo determinante delle sinistre, comunisti compresi, nella sconfitta del fascismo”.
Per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso la Costituzione era rimasta inapplicata, nelle istituzioni come nella società. Il mondo del lavoro lottava affinché la Costituzione entrasse nelle fabbriche, scacciandone il fascismo padronale, ma essa vi era giunta solo nel 1970 con lo Statuto dei Lavoratori, conquistato dalle grandi lotte operaie dell’anno precedente.
Il 1970 fu anche l’anno di istituzione delle Regioni. I sostenitori del SI, in malafede, hanno poi affermato che per questo oggi bisogna ridurre il numero dei parlamentari, perché ci sono le Regioni. In realtà i padri costituenti avevano progettato un sistema democratico complesso, in cui stavano assieme un Parlamento ampio e rappresentativo del paese, le Regioni, le Province, i Comuni, le grandi organizzazioni sociali e civili, uno Stato democratico aperto in ogni sua istituzione e funzione.
Per un lungo periodo solo il Parlamento fu in sintonia con la Costituzione del 1948, poi essa cominciò ad essere applicata nella società e nelle istituzioni. Ma negli anni 80, con la svolta liberista e reazionaria mondiale, le nostre conquiste costituzionali cominciarono ad essere messe in discussione, in alto ed in basso.
In alto con l’accentramento autoritario del potere nel governo a danno del Parlamento e di ogni partecipazione democratica. E in basso, con lo smantellamento progressivo delle conquiste sociali del lavoro e dei più poveri.
Ci sono voluti quarant’anni, ma ora quelle conquiste non ci sono più e la nostra società è tornata più indietro dei decenni nei quali si lottava per applicare la Costituzione. Che poi è stata intaccata anche formalmente, con la riforma del 2001 che spacchettava lo stato sociale in venti sistemi regionali; e con quella del 2012 che imponeva il pareggio di bilancio e le politiche di austerità europee.
Il Parlamento aveva ancora i numeri con cui era stato concepito nella Costituzione, ma non la rappresentatività e le funzioni. Le leggi elettorali truffaldine maggioritarie avevano solo lo scopo di assegnare la maggioranza alla migliore minoranza, nel nome della governabilità. Con il venti per cento degli elettori si conquistava il potere di governare per tutti. E i parlamentari erano nominati dai capi partito e ne diventavano galoppini.
Il taglio dei parlamentari ha così spazzato via l’ultimo, più importante, pilastro di una Costituzione già compromessa dal Jobsact, dalle privatizzazioni, dal trasformismo politico e dall’autoritarismo istituzionale. Ora il Parlamento della Repubblica è stato adeguato al degrado della Repubblica.
E ovviamente non finirà qui, perché subito dopo avremo lo sfascio dell’autonomia differenziata e conseguentemente il presidenzialismo. Perché ci spiegheranno che il Parlamento è piccolo e debole e le Regioni troppo forti, pertanto bisognerà eleggere un capo, magari chiamandolo il sindaco d’Italia.
Non solo senza il Parlamento della Costituzione la vecchia Costituzione non c’è più, ma sulle sue macerie si sta già edificando quella nuova, che fa venire i brividi, soprattutto perché somiglia sempre di più a quella delineata da Licio Gelli.
Noi che ci siamo battuti per difendere la Costituzione nata dalla Resistenza, ora siamo fuori dal nuovo sistema che si sta imponendo, quello che ha sostituito con impresa la parola lavoro dell’articolo 1.
Ne prendiamo atto, ma non per questo ci arrenderemo.
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Francesco Buffoli
Io però ancora devo capire come si conciliano queste due posizioni:
– il Parlamento negli ultimi decenni, e questo l’articolo lo dice molto bene a mio avviso, non ha svolto alcuna funzione di rappresentanza democratica e ha contribuito alla nascita del (e supportato il)l Partito unico che governa l’Italia da circa quarant’anni (ma secondo me lo faceva anche prima), indi, in sostanza, è un’istituzione che svolge un ruolo ancillare, di pura ratifica di decisioni prese altrove, a livello comunitario (vedasi alla voce governi tecnici, ad esempio) e nei CDA delle maggiori imprese, se non oltreoceano (tutti i sì strombazzati perché si mandasse in giro gente e sganciare bombe, attentato alla costituzione leggermente più grave e pericoloso di una discussione da ragionieri);
– è un crimine ridurre il numero di parlamentari, un attentato alla Costituzione, alla democrazia e al potere rappresentativo, che quindi, evidentemente, sino a oggi erano in qualche modo tutelati e protetti dall’elevato numero di parlamentari, nonostante si sia verificato tutto quanto indicato al punto precedente.
Sono un paio di giorni che l’antinomia non mi lascia tranquillo e chiedo quindi una cortese spiegazione, senza polemica, può essere che mi stia sfuggendo qualcosa.
Sergio Martella
Il fronte di resistenza è crollato sul piano storico e sociale.
Troppo forte è la concentrazione dei poteri tecnologici e produttivi in poche mani. Tutto l’apparato di comando è concentrato sull’obiettivo di ridurre la lotta di classe in servitù biopolitica, asservimento della carne alla macchina. Distruzione di ogni velleità di soggettività e autonomia nei singoli soggetti umani, resi tendenzialmente terminali di una macchina cibernetica globale.
Come in ogni rappresentazione fascista del comando, è abolita ogni mediazione sociale e politica tra lavoro e capitale. Nessuna dialettica, solo comando puro al di fuori di ogni controllo politico.
Il fulcro di resistenza passiva si sposta sotto la pelle, nella carne viva e nella biologia di ciascuno, privato di capacità di riprodursi, di decidere, di sapere e di partecipare.
Questo è il “nuovo mondo” che aspetta le nuove generazioni già rese autistiche dalle manipolazioni mediatiche e medicali.
pierluigi
quello a cui siamo arrivati,la definitiva demolizione della costituzione,è un processo storico che inizia con l’unità d’italia sotto l’egida della “conquista”sabauda;già Gramsci aveva analizzato che la migliore soluzione politica fosselo stato federale Nord-centro-Sud proprio per evitare la conquista COLONIALE piemontese;le due guerre mondiali per modalità diverse ma sotto la stessa egida,hanno evidenziato l’accentramento politico-autoritario della politica in favore del capitale;la parentesi successiva alla sconfitta del nazi-fascismo internazionale grazie alla forte spinta delle rivoluzioni comuniste ha portato alla nostra Costiuzione che,anche se liberale portava in primo pianoelementi di democrazia progressiva che hanno avuto la massima espressione negli anni settanta-ottanta nonostante le stragi fasciste,la mafia,l’abbattimento diun aereo civile da parte Nato;bisogna ripensare ad attivare una alternativa politica-sociale-economica alivello globale.i segnali ci sono,bisogna solo impegnarsi in una lotta di classe di avanzamento dei popoli
Giuseppe
PROMOTERS DEL NO,GANNO VINTO,PUR PERDENDO,GRAZIE ALLA SAVAGUARDIA SCRITTA NELLA “Costituzione Democratica”, scritta da “Padri Fondatori”,che FREGA IL RISULTATO DEL REFERENDUM POPOLARE.INFATTI AFFOSSERANNO LA RIFORMA ELETTORALE E NON ANDRANNO A CASA!!!
https://www.ildigitale.it/referendum-costituzionale-non…/
https://www.ildigitale.it/referendum-costituzionale…/
Eros Barone
Ferdinand de Lassalle soleva dire che le Costituzioni nascono dai cannoni. La sua massima, che è storicamente corretta, va ora completata in questo senso: le Costituzioni periscono sotto i colpi di cannone della borghesia industriale e finanziaria, che ha sferrato il suo attacco con perfetto tempismo nel momento di massima debolezza del proletariato a causa dei rapporti di forza sfavorevoli creati dalla crisi economica, dalla disoccupazione e, ‘last but not least’, dall’assenza di un partito comunista politicamente combattivo e teoricamente rigoroso.
La Costituzione è ormai un pezzo di carta: il proletariato e i comunisti devono far tesoro di questa lezione di marxismo che la borghesia sta loro impartendo. Realizzando con ferrea consequenzialità l’adeguamento della sovrastruttura alla struttura, legge fondamentale del materialismo storico, il capitale finanziario globale e quello nazionale stanno facendo saltare il perimetro costituzionale entro cui si è svolta per oltre mezzo secolo la lotta fra le classi. La funzione storica della Costituzione del 1948 era quella tipica di un compromesso fra le classi antagoniste sui criteri di ripartizione della ricchezza sociale e sulle forme del conflitto all’interno di uno Stato nazionale: un compromesso la cui funzione, per dirla con Marx, era quella di impedire alla borghesia di passare dalla restaurazione sociale a quella politica e al proletariato di passare dall’emancipazione politica a quella sociale. La funzione di una Costituzione deformata e sfigurata in senso autoritario e neoliberista è invece quella di un mero involucro giuridico-politico della dittatura sempre più palese ed aggressiva del capitale finanziario transnazionale, il vero tallone di ferro che sta schiacciando il proletariato e i ceti medi.