Quando un banchiere parla bisogna sempre concentrarsi sulla seconda frase, la prima la si può anche saltare.
“Le concedo un prestito“, prima frase, non vuol dire nulla e il banchiere per primo lo sa. “Alle seguenti condizioni…” La seconda frase, è ciò che conta.
Tutto il linguaggio politico di Draghi è fondato su questo schema, che gli deriva dalla professione, con in più un vantaggio: il coro servile politico e mediatico esalta solo la sua prima frase ed ignora la seconda.
Così ieri Draghi ha solennemente affermato che “lo Stato italiano è laico”, prima frase, ovazioni… Poi ha aggiunto che “vanno rispettati tutti i trattati e i vincoli internazionali, Concordato compreso”; seconda frase quella vera.
E qui silenzio. Tra poco vedremo le conseguenze della seconda frase sulla povera legge Zan.
Conseguenze che ci sono già nei comportamenti concreti di Italia e UE con la Turchia di Erdogan.
Ricordate quando Mario Draghi chiamò il tirannò turco “dittatore”, con l’entusiamo bipartisan del Parlamento? Anche allora il palazzo ignorò la seconda decisiva frase: “ma con lui e con quelli come lui bisogna fare accordi”.
Oggi Draghi, Merkel e la signora senza poltrona, Ursula von der Leyen, hanno deciso assieme di regalare altri otto miliardi di euro (due in più di quelli già elargiti nel passato) a Erdogan, che in cambio, e con i suoi metodi, terrà lontani i migranti dalle frontiere della UE.
Lo stesso sporco affare, giudicato positivo da Draghi e compagnia, verrà proposto ai tagliagole libici e a tutti i governi della costa africana del Mediterraneo. In tempi di liberalizzazione degli appalti questo è un gigantesco subappalto dell’infamia.
E non mi si venga a blaterare sulla difficoltà di trovare alternative, l’alternativa c’è: non farsi dominare dalle seconde frasi dei banchieri e porre le persone prima dei miserabili affari.
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