All along the watchtower è un capolavoro di Bob Dylan, che nella versione di Jimi è, nell’immaginario della vecchia generazione, una delle colonne sonore della guerra in Vietnam: oggi la ascoltiamo pensando a quelli che – in questo preciso momento – stanno combattendo, di nuovo, ancora un’altra guerra.
Grandiosi disegni geopolitici nelle menti dei Masters of War, si traducono in morte e distruzione: soldati, miliziani, civili armati e disarmati, donne, bambini. Mandati o costretti a combattere, a fuggire o nascondersi, a finire ammazzati, mutilati, feriti.
Guerriglia “a bassa intensità” per otto anni, operazione “a media intensità” contro “obiettivi mirati” da due settimane: balle.
Lo sai che quasi sempre si va a finire in una all-out war, difficile fermarsi una volta iniziato. Nessuno ci sta a perdere. Se attacchi, invadi, ma non va proprio liscia come ti aspettavi, perché quegli altri resistono: aumenti l’intensità, come successe proprio in Vietnam agli USA.
Se ti difendi, resisti, ma temi di non poterlo fare per sempre, le distruzioni crescono, le città una alla volta cadono, la tua gente muore: fino a quando?
Per uscirne ci vorrebbero dei comandanti in capo che avessero grande statura morale e il coraggio più grande dì tutti, quello di fare la pace.
Il più forte dovrebbe fermarsi e chiedere/offrire/imporre un cessate il fuoco temporaneo e convocare un incontro bilaterale al più alto livello. Il più debole dovrebbe accettare subito, proponendo dì trattare a oltranza senza ridare più la parola alle armi, ognuno resta dov’è finché non si trova un accordo.
Sempre il più debole dovrebbe proporre un negoziatore terzo, accettabile da entrambi e minimamente credibile. Esclusi i normalmente neutrali svedesi, stavolta impazziti, men che meno l’Unione Europea, esclusa la Cina troppo ingombrante, ci sarebbero ad esempio i finlandesi.
Il più forte dovrebbe accettare, venire a patti con il fatto che non può far valere solo la sua superiorità militare.
A quel punto, credetemi, è quasi fatta: possono andare avanti quanto vogliono, a trattare, ma sempre con i cannoni muti.
La popolazione civile respira, la paura rimane ma è dì altro tipo, non c’è più solo disperazione o rabbia, perché c’è una via d’uscita, una specie dì speranza. Pure i militari e i miliziani respirano, si consolidano nelle loro posizioni, ma così facendo rendono più improbabile ogni giorno che passa la ripresa dei combattimenti: anche involontariamente, consolidano la tregua.
Fino a quando i maggiorenti non trovano un accordo: se la china è quella, prima o poi ci arrivano, sbocconcellando a piccoli pezzi il rispettivo paniere dì “cose inaccettabili”: Johann Galltung ce lo ha dimostrato molte volte.
Utopia? Vediamo un esempio, una soluzione delle tante possibili.
La Russia si tiene sta ca**o di Crimea, che tanto ha già annesso da quasi un decennio e che non ha alcuna intenzione di tornare Ucraina, la Comunità internazionale si rende disposta ad accettare.
Nelle due repubbliche separatiste si tiene un referendum per l’auto determinazione, con ordine e legalità garantiti dalla presenza dì quegli insopportabili caschi blu dell’ONU.
Ancora: l’invasore si ritira completamente dalle posizioni conquistate e paga una buona parte dei danni di guerra, a patto che finiscano le sanzioni e i gatti russi siano riammessi ai concorsi.
Però l’Ucraina rinuncia alla NATO, ma ottiene una corsia preferenziale per un ingresso nell’Unione Europea come nazione federata con regolamenti speciali, perché se entrassero tout-court con le nostre regolette dei banchieri UE farebbero la fine della Grecia in un batter d’occhio. Niente euro, però, per carità.
Con il business della ricostruzione possono guadagnarci tutti, come sempre succede dopo una guerra. Le economie capitaliste sono basate sulla guerra, sulla distruzione del plusvalore e sulla ricostruzione: fa schifo, ma è così.
Ma non credo succederà, perché non vedo Comandanti in capo coraggiosi. Nessuno che abbia mai ascoltato Jimi Hendrix suonare l’inno americano a Woodstock come se fosse un bombardamento aereo.
La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci, diceva Asimov. Si arriverà alla pace solo quando sarà troppo tardi.
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