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La guerra di propaganda fa un’altra vittima eccellente: il giornalismo

Le critiche più efficaci contro un “sistema” arrivano sempre da chi dentro quel sistema ci ha lavorato, vissuto, condiviso logica, regole, deontologia. Nel bene e nel male.

Undici storici corrispondenti di guerra italiani, firme note della carta stampate e delle televisioni, nessuno di “estrema sinistra” né di estrema destra, tutti al servizio per decenni di testate molto istituzionali (Corriere, Repubblica, Ansa, Sole 24 Ore, Tg5, Il Tempo), segnalano che questa volta il “sistema mediatico” è finito decisamente fuoristrada.

Sottolineiamo che la loro lettera aperta è stata scritta e pubblicata prima che esplodesse la storia della “strage di Bucha”, cui dedichiamo un’analisi che riporta numerosi dubbi.

Nel nostro piccolo, siamo d’accordo con loro e proviamo – fin dal primo giorno di questa ennesima guerra – a indicare le falle più clamorose, la serialità ottundente, i falsi palesi, ciò che puzza di operazioni “psyop” di matrice Nato (esistono fior di documenti militari originali sull’uso dell’informazione in guerra).

E perché solo di quelle Nato? Perché quelle ci vengono ammannite da questo lato del fronte. Ai russi ne vengono raccontate altre, altrettanto false, certo. Ma non per questo le menzogne e il falso giornalismo che dominano sui nostri schermi (e quotidiani) allora diventano un po’ più “vere”.

Due torti non fanno una ragione, due propagande contrapposte non fanno una verità. E nessuno, meglio degli inviati di guerra per professione ed esperienza diretta, lo capisce al volo.

Buona lettura.

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Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male.

Noi siamo o siamo stati corrispondenti di guerra nei Paesi più disparati, siamo stati sotto le bombe, alcuni dei nostri colleghi e amici sono caduti durante i conflitti, eravamo vicini a gente dilaniate dalle esplosioni, abbiamo raccolto i feriti e assistito alla distruzione di città e villaggi.

Abbiamo fotografato moltitudini in fuga, visto bambini straziati dalle mine antiuomo. Abbiamo recuperato foto di figli stipate nel portafogli di qualche soldato morto ammazzato. Qualcuno di noi è stato rapito, qualcun altro si è salvato a mala pena uscendo dalla sua auto qualche secondo prima che venisse disintegrata da una bomba.

Ecco, noi la guerra l’abbiamo vista davvero e dal di dentro.

Proprio per questo non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell’era web avanzata.

Siamo inondati di notizie ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico.

Inondati di notizie, dicevamo, ma nessuno verifica queste notizie. I media hanno dato grande risalto alla strage nel teatro di Mariupol ma nessuno ha potuto accertare cosa sia realmente accaduto. Nei giorni successivi lo stesso sindaco della città ha dichiarato che era a conoscenza di una sola vittima. Altre fonti hanno parlato di due morti e di alcuni feriti. Ma la carneficina al teatro, data per certa dai media ha colpito l’opinione pubblica al cuore e allo stomaco.

La propaganda ha una sola vittima il giornalismo.

Chiariamo subito: qui nessuno sostiene che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. Lui è quello che ha lanciato missili provocando dolore e morte. Certo. Ma dobbiamo chiederci: ma è l’unico responsabile?

I media ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l’opinione pubblica e la preparano a un’inevitabile corsa verso una pericolosissima corsa al riarmo. Per quel che riguarda l’Italia, a un aumento delle spese militari fino a raggiungere il 2 per cento del PIL.

Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione.

L’emergenza guerra sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre. Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina.

Noi siamo solidali con l’Ucraina e il suo popolo, ma ci domandino perché e come è nata questa guerra. Non possiamo liquidare frettolosamente le motivazioni con una supposta pazzia di Putin.

Notiamo purtroppo che manca nella maggior parte dei media (soprattutto nei più grandi e diffusi) un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo.

Questo non perché si debba scagionare le Russia e il dittatore Vladimir Putin dalle loro responsabilità ma perché solo capendo e analizzando in profondità questa terribile guerra si può evitare che un conflitto di questo genere accada ancora in futuro.

Massimo Alberizzi ex Corriere della Sera
Remigio Benni ex Ansa
Giampaolo CadalanuRepubblica
Tony Capuozzo ex TG 5
Renzo Cianfanelli ex Panorama
Cristano Laruffa Fotoreporter
Alberto Negri ex Sole 24ore
Giovanni Porzio ex Panorama
Amedeo RicucciRAI
Claudia Svampa ex Il Tempo
Vanna Vannuccini – Ex Repubblica
Angela Virdò ex Ansa

Chi vuole può aderire con un sms o un whatsapp al numero 345 211 73 43

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1 Commento


  • Sergio Binazzi

    Sino a poco tempo fa definivano terrapiattisti coloro che dissentivano dalle scelte del governo in materia sanitaria, ma non è forse terrapiattista definire una unica scuola di pensiero e cioè l’occidente e i suoi alleati? Il mondo è tondo e con tante scuole di pensiero.

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