Mentre solerti carabinieri trovavano una pistola nel cesso della sede nazionale del sindacato USB, a seguito della denuncia anonima con nome e cognome (così un maresciallo dell’Arma) di colui che ce l’aveva messa, il Presidente del Consiglio Mario Draghi poneva la popolo un’alternativa stringente.
“Dovete scegliere tra la pace ed i condizionatori”, ha detto solennemente il banchiere capo di governo.
Queste parole vengono da lontano, da quando Mussolini proclamò il dovere patrio di scegliere tra “burro e cannoni”. E prima ancora da quando la regina Maria Antonietta suggerì di dare brioches al popolo che non aveva il pane.
La frase di Draghi viene dalla natura profonda di questo governo e del suo leader, una natura guerrafondaia (sì perché la “pace” di Draghi è in realtà la guerra alla Russia) e profondamente reazionaria e classista (perché non stiamo rinunciando ai condizionatori, ma a reddito, diritti, servizi, istruzione e salute, mentre aumentano le spese militari).
Quasi in contemporanea a Draghi, che irrideva ai nostri sacrifici per la sua guerra, il Senato della Repubblica prendeva un decisione che dire scandalosa è un complimento.
In commissione finanze la maggioranza di governo più Meloni, meno i Cinquestelle che come sempre han detto “boh”, votava di togliere l’IVA dalla vendita sulle armi. Che dunque per i senatori di Draghi sono più necessarie del pane, che l’IVA la mantiene.
Questa è l’Italia di oggi, con un governo tanto sfrontato e arrogante verso i bisogni sociali e civili del paese, quanto servile verso gli ordini della NATO e degli USA.
Un paese dove non finiscono nel cesso le spese per la guerra e le armi, come dovrebbe essere, ma solo una pistola per cercar di inguaiare un sindacato che lotta.
Un paese dove quelli che vogliono davvero la pace sono accusati di essere servi di Putin, da coloro che parlano di pace ed intendono la terza guerra mondiale.
Ma davvero dovremmo sacrificarci addirittura morire per questa classe dirigente, le sue armi e le sue guerre?
No, è giunta l’ora di ribellarci davvero a questo insieme di ferocia e cialtroneria che ci governa. In fondo la pistola nel cesso è una metafora di dove dovrebbero finire le armi, la guerra e chi le sostiene.
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