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Il cartellino russo

Ieri, alle Nazioni Unite, si è votato per la sospensione della Russia dal Consiglio per i diritti umani. La mozione presentata dall’Ucraina è stata approvata, la Russia è espulsa, più o meno momentaneamente, dal novero delle nazioni ritenute civili, secondo caso nella storia delle UN dopo la Libia di Gheddafi.

Ma l’analisi del voto è più interessante del voto in sé. Lo è per due motivi.

Il primo è che questo voto portava conseguenze. Il precedente del 2 marzo di condanna dell’invasione russa era un voto senza impegno, un voto di opinione e tra l’altro semplicemente dovuto.

Come regola generale di convivenza planetaria e come articolo 2 della Carta delle UN, non c’è alcuna possibile eccezione al principio (i princìpi sono una cosa, la loro applicazione un’altra) per il quale non si invade un altro Paese con la propria forza armata.

Il secondo motivo è anche più importante.

Zelensky, nel suo discorso alle Nazioni Unite, aveva chiesto addirittura di estromettere la Russia dal Consiglio di sicurezza quanto a membro permanente con diritto di veto. Tale ipotesi è tecnicamente del tutto impercorribile, semplicemente non c’è modo di espellere la Russia da quel consesso.

Ma la richiesta di Zelensky aveva anche un sapore di linea operativa nelle relazioni internazionali in quello che abbiamo qui chiamato il conflitto di primo livello ovvero la nuova postura competitiva e conflittuale tra blocco occidentale a guida americana e resto del mondo.

La linea annunciata da Zelensky, ormai portavoce di fatto delle strategie americane, è una indicazione di lunga durata nella nuova guerra fredda planetaria, sgretolare il peso russo nello schieramento multipolare per indebolire questo stesso.

Il voto, quindi, era una conta più probante del precedente tra chi sta da una parte e chi dall’altra nella nuova postura competitivo/conflittuale tra schema uni-bipolare a guida occidentale e schema multipolare il cui avvento si vuole contrastare, ritardare, complicare visto che evitarlo del tutto sembra assai poco possibile.

Com’è andata questo secondo significato del voto?

Questi i numeri un Paese – un voto tra i 193 membri delle UN, rispetto la mozione ucraina: A favore 93 (141) – Astenuti 58 (34) – Contrari 24 (5) – Assenti 18 (12). Tra parentesi i risultati del voto precedente del 2 marzo. Complessivamente, i favorevoli sono meno della somma delle altre tre posizioni, il 48% (73%).

Al voto del 2 marzo, i Paesi astenuti e contrari sommavano il 54% della popolazione terrestre, ieri il conto da fare è più lungo, ma ad occhio si può tranquillamente dire che supera il 70%.

Cioè si può dire che se a voto-Paese la mozione ha raccolto metà del favore planetario, a livello di popolazione ha raccolto meno di un terzo. Ma di più, i 24 contrari sommano poco meno o forse poco più o più o meno lo stesso dei 93 favorevoli.

Ricordo che gli stati dell’Europa geografica anti-Russia più USA, Canada, Australia, NZ, Giappone, Corea del Sud, farebbero 52 stati circa dei 93 favorevoli. Tra gli altri 41 che hanno votato a favore, i più popolosi, ad occhio: Argentina, Colombia, Cile, Myanmar, Perù, Uruguay. Gli altri sono per lo più isolette del Pacifico e stati centro americani.

Differentemente dal voto precedente, si sono astenuti pesi massimi quali: Brasile, Egitto, Indonesia, Messico, Nigeria, Thailandia nonché le monarchie arabe del Persico. Differentemente dal voto precedente, hanno votato contro Algeria, Bolivia, Cina, Etiopia, Iran, i centro asiatici, Vietnam e Zimbawe.

Essendo quindi anche un voto “di chi sei più amico?” tra Russia e blocco occidentale, l’analisi a grana fine è ancora più sbilanciante.

Tra gli assenti che non hanno proprio voluto dar segno di sé, stati come il Venezuela che per varie ragioni diplomatiche, non vogliono prender parte perché non vogliono dispiacere nessuno dei due contendenti.

I contrari sono cresciuti di cinque volte rispetto al 2 marzo. Gli astenuti sono cresciuti del 70% registrando Paesi di più grande massa e rilevanza regionale tra Africa, Medio Oriente, Asia, ma anche due giganti sudamericani come Brasile e Messico.

Ma attenzione, perché ci sono Paesi che hanno votato la mozione per ragioni diplomatiche specifiche, ma che non sono arruolabili per passi ulteriori di ostracismo dalle organizzazioni multilaterali della Russia e più in generale per portare avanti la grande guerra fredda planetaria.

Ad esempio, l’Ungheria che è nell’UE, la Serbia che vi vorrebbe entrare, la Libia che è un Paese dimezzato e nominale, il Myanmar che ha già parecchi problemi diplomatici e non se ne è voluto creare altri, le Filippine la cui ambiguità di schieramento è nota, la Turchia la cui ambiguità è altrettanto pronunciata.

Tutti Paesi non del tutto arruolabili per ulteriori pressioni contro la Russia e più in generale non conformi alle logiche del nuovo uni-bipolarismo strategico pensato dagli americani.

Commenti letti stamane anche sulla stampa americana, ammettono la problematica performance. Bene l’ostracismo alla Russia, ma la conta degli schieramenti non consente di pensare viabile la strategia della contrapposizione planetaria.

Asia, Africa e Medio Oriente non ci pensano proprio di arruolarsi nello schieramento a guida americana ed anche il Sud America è contrastato.

In pratica, lo schieramento occidentale oltreché sulla propria pletora di staterelli europei che fanno numero ma non peso, può contare sulle repubbliche delle banane centro-americane sovraintese dagli USA e un congruo numero di isolette del Pacifico.

C’è infine da capire meglio perché gli americani hanno voluto andare a questa conta. Non è che il risultato nella sua analisi a grana fine sorprenda poi più di tanto, queste cose più o meno si sapevano anche prima.

Il risultato tattico di estromissione della Russia è rilevante per alcuni versi, ma il risultato strategico della conta è ben più rilevante per altri.

Forse si voleva solidificare quella nebulosa di chiacchiere che è l’ambiente della diplomazia planetaria per capire al di là di sorrisi e pacche sulle spalle chi c’è e chi non c’è per eventuali, ulteriori passi? Non so dire.

La strategia americana che nei giorni scorsi abbiamo descritto in vari post di analisi e ragionamento, strategia su questo primo livello di conflitto che esubera la questione russo-ucraina, è obiettivamente molto ambiziosa.

Ma di peso, sembra che questo fronte sia solo un quarto del mondo. Il rapporto tra questa grande ambizione e la forza obiettiva che si può mettere in campo non sembra bilanciata.

Due le possibilità ipotetiche. O a Washington le strategie le fanno in molti e con agende anche non perfettamente sovrapponibili e quindi c’è uno iato tra volontà e realtà dei fatti, o qualcuno pensa che alla lunga, quel quarto di mondo può ancora far molto male usando leve economiche e finanziarie e semmai necessario, militari (ma anche vari regime change), per perseguire il suo obiettivo di resistenza all’avvento del mondo multipolare.

Se chi la dura la vince, vedremo quanto durerà questo conflitto per l’ordine mondiale dei prossimi decenni. Vedremo già nei prossimi giorni e settimane se il voto ha tolto o dato qualche certezza ed a chi.

* da Facebook

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