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Italia: lo spettro dei gilet gialli e la “buona borghesia

La buona borghesia, ossimoro puro, italiana teme lo spettro dei gilet gialli in Italia. Lo fa dalle colonne del Corriere della Sera prima con un articolo da Londra di Luigi Ippolito, che parla dello spettro dei gilet gialli nel Regno Unito, e poi con un editoriale di Luca Gentilini.

Gilet gialli, nella lingua di via Solferino e del mondo della finanza che ruota intorno al premier Draghi, è un sinonimo di violenza nelle strade.

Ad accendere la miccia delle proteste di Parigi, ci ricordano, fu il rincaro dei carburanti. Come fu veloce in Francia a gonfiarsi “l’onda del malessere e della rabbia sociale”, temono, potrebbero essere messe a ferro e fuoco le strade italiane.

Come la risolverebbero loro? Così scrive Angelini: “Per mettere un freno ai rincari dell’energia servirebbero leadership forti, che i rincari dell’energia rendono, però, merce rara. Ma, tentando vanamente di non far pagare a nessuno i costi inevitabili della transizione ecologica ed evitando le scomode scelte per cercare di distribuirli nel modo più equo possibile (compito, va detto, ancora più difficile nelle società in cui i redditi dichiarati sono uno specchio assai deformante di quelli reali), il rischio è che si finisca per farli pagare a chi meno è in grado di sostenerli. La genealogia dei gilet gialli, in fondo, è tutta lì”.

Gli è venuto il sospetto, alla “buona borghesia” italiana, che prima o poi anche gli “sporchi e cattivi poveri” italiani s’incazzeranno duramente.

Ma il problema di chi ha queste paure, che coincide con chi detiene le leve del comando, non è la giustizia sociale bensì la rabbia che scaturisce dall’ingiustizia.

Temono in sostanza che eccezion fatta per quel 5% di persone, forse, rimasto a leggere i giornali e cercare di capire le sfumature della vita politica, gli altri, quelli che vivono di mezzi stipendi, lavori precari, qualche sussidio e talvolta nemmeno niente di ciò, quelli impegnati a cercare di unire il pranzo con la cena, che sono diventati un esercito, sporchino le strade e non con i sacchetti dell’immondizia ma con manifestazioni rumorose e potenzialmente violente.

Quando parlano di questa paura però si guardano bene dal dire anche soltanto una parola sui salari italiani che sono la barzelletta dell’Unione Europea, un ladrocinio legalizzato di soldi, energie e futuro e ormai anche della vita stessa.

Non ne parlano perché sanno che se questo avvenisse, proteste di piazza e sommovimenti sociali, i manifestanti, che abbiano i gilet gialli o rossi o a pallini, avrebbero ragione.

Quando metti le persone con le spalle al muro queste non hanno più niente da perdere. E in Italia troppe persone sono state messe con le spalle al muro negli ultimi dieci anni.

Se la tua prospettiva è di morire di fame senza essere un asceta o un mistico sarai costretto a rubare per sopravvivere. Ed è giusto e naturale cercare di non morire. Anche la persona più tranquilla se attaccata reagisce.

Ma noi viviamo nel paradosso in cui tutte le forze che hanno creato le condizioni attuali non s’interrogano sull’emergenza sociale, sulle sue cause e rimedi, si preoccupano soltanto che esploda la violenza. Ne fanno un problema estetico.

E se esploderà non sarà certo con socialisti e comunisti da una parte e democristiani e fascisti dall’altra, uno scontro “ordinato”, come avveniva decenni fa. Sarà tutti contro tutti. Più simile a una primavera araba che agli scioperi della Fiat. Più rivolta per il pane che conflitto di classe.

Non esistendo più una sinistra di classe in grado di organizzare il conflitto e indirizzarlo, la “buona borghesia” italiana, che quella sinistra ha contribuito a sradicare dalla cultura del Paese, invocherà uomini o donne forti molto meno presentabili di Mario Draghi.

Tipo Giorgia Meloni, in prima fila per soffiare sulla rivolta e al tempo stesso assicurare al padronato la continuità nel sottrarre risorse alle persone e all’Italia.

 * da diogeneonline.info

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