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“Il caffè di Gramellini” e la democrazia cubana

L’ineffabile banda di Fazio, dalla tv e dalla carta stampata, con il prode Gramellini in testa, appare sempre più come una verifica sperimentale (quasi una prova di laboratorio) delle tesi di Guy Debord sulla ‘società dello spettacolo’.

Lo spettacolo possibile all’interno del modo di produzione capitalista – ormai è chiaro – non è semplicemente un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini, una visione del mondo hegelianamente oggettivata.

Come prodotto del feticismo della merce, la società dello spettacolo magnifica il capitalismo e lo fa attraverso le immagini di cui è portatrice e i suoi protagonisti, ai quali – va detto – in questo caso vien difficile anche associare l’identità di “avversari”, tale è la pochezza delle argomentazioni.

Ma tant’è. La funzione ideologica di cani da guardia del sistema dominante è comunque poderosa: la rubrica ‘Il caffè di Gramellini’ – sul Corriere della Sera dello scorso 13 ottobre – ha conosciuto, da questo punto di vista, uno dei suoi momenti più alti o più bassi (“una e la stessa è la via all’in giù e la via all’in sù”, scriveva d’altra parte Eraclito).

Già il titolo mal dispone per la puzza di anticomunismo viscerale e dozzinale che emana: “Comunisti senza rolex”! Così se il buongiorno si vede dal mattino, dopo l’aurora è ancora peggio: una serie squallida di luoghi comuni, inesattezze pelose, omissioni e bugie maliziose.

Chi avesse voglia di rammentare pure l’espressione con cui il ‘nostro’ si presenta davanti alle telecamere, ben può immaginarsi il sarcasmo supponente e viscido di questo epigono piccolo piccolo della piemontesizzazione sabauda.

L’incipit è folgorante, il primo sorso di caffè è già un manifesto della scarsa miscela utilizzata e della pessima torrefazione: la regione Calabria assumerebbe cento medici cubani con stipendio da 4.700 euro ma ‘solo’ 1.200 netti ai medici, il resto per “il conto in banca dei clan al potere”.

Qui la realtà è per Gramellini – e i suoi seguaci e committenti – troppo complessa. Un giornalista liberale e rigoroso perché espressione di una classe non solo dominante, ma anche dirigente, avrebbe invece indagato sul valore reale di 1.200 euro a Cuba, o anche sulle spese sostenute e da sostenere per un Paese che ha istruzione e sanità pubbliche gratuite ma con standard superiori a molti Paesi occidentali, che esporta medici e non bombe.

Ma la storia non è un orpello e ci insegna che uno dei deficit tradizionali della borghesia nostrana è per l’appunto la capacità di passare da classe dominante a classe dirigente, ancor di più nell’attuale congiuntura di sudditanza euro-atlantica.

Per cui, come spesso avviene, si prende un caffè al bancone del bar e si sta gomito a gomito con sconosciuti ai quali ci si rivolge distrattamente e cercando l’assenso con battute o osservazioni di maniera: tremilacinquecento euro in eccesso che andrebbero nelle tasche dell’agenzia cubana scrive l’autore, manifestando, così, tutta la volgarità politica di cui è intriso perché avvezzo a questo nel nostro ‘belpaese’ che delle politiche attive non conosce neppure l’esistenza.

Solo che in questo caso se volevamo un decaffeinato, Gramellini col suo ghigno da audiolibro per bambini, ci passa un ristretto e lo sciroppo d’acero al posto dello zucchero bianco o di canna. Feroce tassazione all’origine – è la denuncia – l’indignazione che apre le porte alla più classica delle argomentazioni ideologiche: la “dittatura castrista e castrante”!

Limitiamoci a ricordare che nel lessico marxiano “dittatura” è semanticamente molto diverso dall’espressione novecentesca e che lo stesso Lenin, sciogliendo l’Assemblea Costituente, lo fece nella direzione di una democrazia, cioè di un potere al popolo, più effettivo; ma l’assolutizzazione della forma parlamentare liberale ha finito con l’identificare la “democrazia” con un modello storico ben determinato e limitato.

La democrazia – è bene ricordare – non si esaurisce in un complesso di istituzioni e di pratiche volte a garantire il potere d’intervento dei cittadini nelle questioni politiche, ma è la forza politica ordinativa della particolare formazione economica entro cui nasce.

Che poi Cuba sia “castrante” per l’imperialismo yankee e per i suoi utili idioti, fossi cubano, lo proporrei come slogan imperituro.

L’unico accenno di senso critico che si può scorgere in tutto l’intervento è, nei suoi risvolti, ancora più beffardo: com’è possibile che i giovani laureati in Italia siano nelle stesse condizioni di quelli cubani?

La pezza – onestamente – è peggio del buco. Magari stavolta lo offriamo noi un caffè al povero Gramellini, ma solo dopo avergli ricordato che la sua amata democrazia oggi in Italia ha un Presidente del Senato espressione di un certo approccio alle istituzioni e che in questo paese la democrazia l’hanno concretamente conquistata i comunisti più di altri e che, infatti, senza questi essa è maggiormente in pericolo.

Poi, prima di lasciarlo da solo a meditare, ricordiamogli pure che mentre nella “castrante” Cuba si elabora una riforma del diritto di famiglia anni luce avanzata sul piano della civiltà giuridica, dalle nostre e sue parti, un giorno sì e l’altro pure sembrano essere messe in discussioni le conquiste più importanti degli ultimi decenni.

Comunque, come suol dirsi, io con questo non prenderei neppure un caffè al bar.

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4 Commenti


  • Pasquale

    E’ tutta gente addomesticata dal potere. Marionette nelle mani di un puparo spietato e criminale. Quando non serviranno più saranno riposte negli scatoloni da dove sono uscite.


  • ANNA

    Non si puo’ prendere il caffe’ con questo signore perche’ lo si vomiterrbbe immediatamente


  • Sasha

    Condivido l’ottima analisi, anche se prolissa. In definitiva dopo questo caffè allungato, i 3500 euro dove vanno a finire?


  • Maurizio

    La stampa e i media con Gramellini fa rima con la carta di musica in mano ai cretini e Fazio fa rima con orifizio ambedue per statura hanno il cervello troppo vicino al buco del culo

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