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L’Europa è al suicidio energetico: anche in Italia dovremmo fare come in Francia

Si prospettano tempi davvero durissimi per le classi proletarie e popolari italiane, che nonostante permangano per lo più disorientate ed afasiche e nonostante il lavorio infaticabile dei media e di certi presunti intellettuali volti costantemente da molto tempo a demolirne identità e unità, sopprimendo addirittura dal vocabolario comune alcuni termini – come per l’appunto proletariato – e il loro significato, continuano tuttora a rappresentare la grande maggioranza del popolo italiano.

Il raddoppio dei prezzi dell’energia avrà effetti devastanti sui bilanci familiari, moltiplicando il numero di coloro che non riescono ad arrivare a fine mese neanche cibandosi di alimenti per cani o gatti, e sul tessuto tipicamente italiano delle piccole e medie imprese che sarà ulteriormente impoverito e impossibilitato ad operare, aumentando a catena la disoccupazione.

Le cause scatenanti di questa situazione drammatica sono note. La guerra in Ucraina e le sanzioni inflitte alla Russia, alle quali questa ha prontamente replicato conseguendo risultati ben più lusinghieri che sul campo di battaglia, hanno costituito con ogni evidenza il motivo principale dell’enorme incremento dei prezzi dell’energia.

Giova ricordare come siffatte sanzioni, in realtà in buona misura del tutto autolesionistiche per l’Europa, hanno inferto danni relativamente ridotti alla Russia e hanno notevolmente incrementato le quote di mercato delle aziende statunitensi operanti nel settore, uniche vere vincenti di questo conflitto fratricida, assurdo e pericolosissimo.

D’altronde le sanzioni suicide non sono state le uniche cause dell’aumento dei prezzi dell’energia e, a valanga, di una serie di altri generi di prima necessità, a partire da quelli dei prodotti alimentari.

Va infatti tenuto conto anche e soprattutto dell’operare del mercato capitalistico, che raccoglie e amplifica i segnali provenienti dalle realtà produttive, tanto più che è stato ulteriormente rafforzato il peso dei contratti a breve termine, esaltando il ruolo di piazze di scambio come Amsterdam, mentre, rinunciato agli apporti dei russi, sanciti definitivamente dall’attentato al gasdotto Nord Stream, voluto fortemente dagli Stati Uniti, si fatica a trovare interlocutori affidabili coi quali stabilire rapporti stabili disciplinati da rapporti contrattuali di lungo periodo, nonostante gli sforzi annunciati in pompa magna da Draghi, Cingolani & C., ma difficili da realizzare in un contesto internazionale sempre più volatile e fortemente influenzato da fattori di carattere geopolitico.

Il forte aumento della povertà nel nostro Paese, che sarà indubbiamente confermato ed esasperato nei prossimi mesi, è inoltre a sua volta solo in parte il risultato del suicidio energetico dell’Europa, perpetrato da governanti asserviti e incompetenti per fare contenti Washington e la Nato.

La povertà aumenta anche per effetto di processi di lungo periodo, quali, specie nel nostro Paese, la perdita costante da parte del lavoro – a beneficio di rendita e capitale – della quota di reddito nazionale che gli spetta.

Una vera e propria malattia degenerativa che si registra ormai da molti anni e che dovrebbe porre interrogativi profondi ai sindacati e a quello che resta della sinistra politica del nostro Paese, a prescindere ovviamente dal tafazzismo lettiano e dall’imbecillità di politici ormai privi di qualsiasi rapporto colle masse popolari, che magari pensano di poter riguadagnare alla loro causa perculando Fontana per i suoi errori di ortografia.

Questo processo di lungo periodo è stato ovviamente accelerato prima dalla crisi finanziaria che imperversa a partire dal 2008, poi dal Covid e infine dalla guerra. Non è certo un caso che tra i poveri siano sempre di più le persone che lavorano e lavorano anche molto.

La ricetta prospettata dal governo Meloni, in totale continuità con Draghi, non porterà nessuna soluzione, ma renderà anzi ancora più grave la situazione. Basti pensare al progetto di abolire il reddito di cittadinanza, progetto concepito per ripristinare il principio del dominio del capitale e dell’impresa sul lavoro e che se realizzato precipiterà nella miseria più nera milioni di persone che oggi sopravvivono a fatica grazie a tale reddito.

Per il resto è prevedibile che Meloni, ma ha già cominciato con maggiore autorevolezza Mattarella, faccia un po’ di manfrina sulla necessità che l’Europa si muova secondo il principio di solidarietà, ma il governo tedesco si è da tempo mosso per proprio conto stanziando cifre ingenti e non credo proprio che lamentele del genere possano indurlo a fare passi indietro.

Unica soluzione vincente, fare come in Francia, dove la NUPES di Melenchon e i principali sindacati stanno scioperando e scendendo in piazza contro il governo neoliberista e incapace di Macron.

Come ai tempi della Rivoluzione francese, della Comune di Parigi e più di recente dei gilet gialli, i nostri cugini d’Oltralpe ci indicano la via da seguire. Solo mediante un rilancio forte e organizzato del conflitto sociale il popolo italiano otterrà il rispetto dei suoi diritti.

* dal blog su IlFattoQuotidiano

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