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Carcere, prigionieri, classi sociali

Al netto di qualche “discolo” o degenerato rappresentante delle classi dirigenti, in galera ci vanno le figlie e i figli delle classi dominate e oppresse.

Le carceri sono affollate di nullatenenti, di poveri, di proletari.

Nell’epoca in cui gli schiavi e i “rifiuti umani”, che il capitalismo non può mantenere né integrare, sono ridotti a larve disumanizzate, ci vanno i “tossici”, gli “asociali”, i “clandestini”.

Le galere sono fatte per loro, per rieducarli a una “ginnastica di obbedienza”.

Per insegnargli il “rispetto” verso la proprietà e i loro possessori.

Verso l’ordine costituito e lo Stato e i suoi “servitori”.

Dalla galera si esce “pentiti” o non si esce.

E ci si ritorna a prendere mazzate e a subire, ora per ora, la distruzione della propria personalità che, per quanto possa dar fastidio al borghesuccio satollo che non ha avuto bisogno di “delinquere” per godersi i privilegi che il censo e il ruolo sociale gli ha procurato, è frutto di una “storia”.

Una storia che ha lo stesso valore del cursus honorum del giudice che esercita il diritto di condannare e giudicare.

Storie di violenze subite e praticate, di apartheid sociale che ti condannano, fin dalla nascita, a non essere “buono”.

A non rispettare la legge e l’ordine che ti ha riservato, nella scala sociale, il posto di “monnezza” da nascondere sotto il tappeto.

Dalle galere si esce, per far prima e farla finita con l’agonia di quei giorni sempre uguali, annodando un lenzuolo attorno al collo o mettendo la testa in un sacchetto di plastica.

Si esce sconfitti.

Anni di esistenza cancellati.

Vite soppresse che non potranno più essere vissute.

Il prezzo pagato alla vendetta di una società divisa fra “fortunati” e “sfigati”.

O si evade.

Anche solo per un’ora.

Anche solo per poter cacare senza dover dividere la tua puzza col compagno di cella.

Metteranno sbarre più robuste, arruoleranno più carcerieri, “gliela faranno pagare cara”.

Li confineranno lontano da casa aggiungendo tortura a tortura.

Fin quando non li ridurranno a degli zombi, timorosi del cappellano e ossequiosi verso i secondini.

Gli “onesti” cittadini, che vivono nel terrore di non trovare più la loro argenteria al rientro a casa dalle vacanze sulla neve, devono essere rassicurati.

La ritroveranno intatta insieme al regalo di fine anno. Meno tasse per tutti loro per non dovere “abbassarsi” al livello di un delinquente qualsiasi e essere costretti a evadere (il fisco).

Ognuno guarda il mondo attraverso gli occhi della propria classe di appartenenza, identificandosi con le storie di chi sente simile a se stesso.

Non voglio fare analisi sociologiche.

Ne star li a spiegare lo schifo che provo verso il piccolo borghese manettaro che si sente esente, in nome del suo onesto comportamento rispettoso dell’autorità costituita, dal rischio di finire in galera.

Mi limito a dare sfogo al mio istinto elementare.

Tifo per chi scappa dalle galere e disprezzo l’avvilente e depravante mestiere del carceriere.

E poi, ci sarà pure un motivo se, dalla più piccola rivolta alla più imponente rivoluzione, fra i primi simboli che bruciano ci sono le carceri del vecchio regime, e il primo obiettivo è sempre la liberazione di TUTTI i prigionieri.

* da Facebook

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1 Commento


  • Sergio

    “la lotta per la libertà è in Italia pura tradizione popolare, rivoluzionaria e di classe. Campioni di essa sono stati, volta a volta, l’operaio e il bracciante (…), la rivoltella di un anarchico, il consiglio di fabbrica del proletariato torinese, la falce e la fiaccola del contadino movente all’assalto dei municipi e delle case padronali” Palmiro Togliatti)

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