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Elogio di Hamas o della noia di essere definito antisemita

Agli occhi della moltitudine di razzisti in Israele, i palestinesi sono “untermenschen”, inferiori agli umani, addirittura “animali“.

Non sorprende l’invettiva della portavoce del Consiglio dei Deputati Ebraico Sudafricano (SAJBD), Wendy Khan, contro la mia persona. 

I sionisti, e tutti i loro sostenitori in occidente, inclusi i loro delegati locali, sono in grado di piangere soltanto per i propri simili. 

Chiunque tra noi insista sul riconoscimento universale del termine “umanità” viene regolarmente etichettato come antisemita, una calunnia.

I crimini di guerra israeliani su Gaza, perpetrati con un disprezzo genocida contro l’umanità, hanno lasciato 15.000 persone in fosse comuni, oltre 6000 bambini e 4000 donne a oggi, e migliaia ancora sono sepolti sotto le macerie.

Ospedali, cliniche, scuole, moschee, centri culturali, centrali idriche ed elettriche, centri di comunicazione, tutto è stato raso al suolo insieme al 70% delle case, appartamenti e interi quartieri. 

Nessuno è stato risparmiato, nemmeno i bambini nelle incubatrici, i pazienti in terapia intensiva, i chirurghi, le ambulanze e gli operatori sanitari. Anche i feriti, i malati costretti a letto e i disabili sono tra il milione di persone a cui è stato imposto di trasferirsi a sud, rischiando la vita.

Se questi esseri umani fossero stati israeliani, o in generale bianchi, Wendy Khan, insieme alla classe politica e ai media occidentali, avrebbe chiesto la fine del genocidio con ogni mezzo necessario. Nessuno avrebbe messo in dubbio la necessità di agire con un’azione militare efficace. 

Ma queste persone non sono bianche, e molti di loro sono musulmani.

Agli occhi della moltitudine di razzisti in Israele, i palestinesi sono “untermenschen”, inferiori agli umani, addirittura animali. Di conseguenza l’idea che siano loro a prendere le armi contro l’oppressore, viene respinta e tacciata di perversione morale.

Implicitamente, il presupposto è che debbano accettare l’oppressione, compreso l’omicidio di massa. Questo è perverso.

Ogni morale filosofica concorda sul fatto che gli oppressi hanno pieno diritto di resistere e che, quando l’oppressione è violenta, tale diritto si estende alla difesa tramite lotta armata. Nessuno può azzardarsi a dimenticare che Nelson Mandela era stato dipinto come “terrorista”. 

Le Brigate Al Qassam sono l’equivalente dell’Umkhonto We Sizwe (il braccio armato dell’ANC), e hanno lo stesso diritto di agire come ala armata di un movimento di liberazione.

Invece di avere una visione obiettiva riguardo la portata e l’intensità dell’oppressione contro il popolo palestinese, e del conseguente diritto alla resistenza armata, ci si nasconde dietro al ridicolo insulto basato sull’“odio contro gli ebrei”.

Wendy Khan, usando le stesse rozze tattiche della campagna hasbara (propaganda) israeliana, mi accusa di un presunto odio verso gli ebrei sulla base di un solo brano, tratto da un discorso di trenta minuti, completamente estrapolato dal contesto. 

Il suddetto contesto riguardava una panoramica storica, sugli anni di barbarici attacchi contro il popolo di Gaza e i palestinesi che vivono sotto occupazione militare. Una seria valutazione di quanto ho affermato, mostra che le mie osservazioni sull’ingegnosità e le abilità militari di Hamas, in particolare nel raid contro i soldati israeliani della Divisione di Gaza, non erano un plauso all’uccisione di civili al festival musicale e nei loro kibbutz. 

Va inoltre sottolineato che molti ufficiali militari residenti laggiù, erano sull’accurata lista dei rapimenti stilata dall’intelligence di Hamas.

In una guerra lecita contro l’oppressione, il personale militare è tra gli obiettivi ammissibili. Il mio punto è che, nella loro arroganza razzista, lo stato di Israele e il suo esercito non sono riusciti a cogliere la raffinatezza tattica della resistenza palestinese. È intenzionalmente e del tutto ridicolo travisare questo punto come “odio verso gli ebrei”. 

I vietcong erano riconosciuti per la loro competenza, così come lo era l’FLN in Algeria.

Tra coloro che sono profondamente contrari alla politica dei talebani, molti riconoscono l’abilità tecnica mostrata nella loro recente disfatta degli americani.

Un esercito ragionevole e i suoi leader politici devono stare attenti a non sottovalutare il nemico e, una volta sconfitti, imparare la lezione invece di farsi accecare dall’arroganza e dalla rabbia.

La prima lezione, in guerra, è quella di non sottovalutare mai il nemico. 

Qualsiasi osservatore obiettivo deve ammettere che Hamas è una forza competente, altamente disciplinata, strategica e coraggiosa. 

Questi fatti devono essere riconosciuti a prescindere dalla propria visione politica personale.

Travisare il raid del 7 ottobre come fosse stato un massacro irrazionale, barbaro e insensato, cancella ogni possibilità di comprensione razionale degli eventi. Il raid aveva un duplice scopo. 

Il primo era intraprendere un’azione militare contro l’IDF, e si tratta di un obiettivo militare del tutto legittimo, conforme al diritto internazionale.

Il secondo obiettivo del raid era catturare prigionieri, militari e civili. Prendere di mira i civili viola il diritto internazionale, è vero, ma non sorprende che questa azione sia stata intrapresa mentre Israele incarcera un gran numero di civili, senza processo, tra cui molti bambini e donne.

Non si può definire legittimo il diritto di Israele di rapire e detenere civili, e al contempo caratterizzare il gesto di Hamas come un atto barbaro.

Non è demoniaca la logica secondo la quale Hamas prende in ostaggio israeliani per garantirsi uno scambio (almeno questo) con i numerosi bambini e donne tra i 6.000 palestinesi imprigionati, e sottoposti a condizioni indicibili, compresa la tortura.

Sono degni di nota, nello scambio di prigionieri in corso, gli ampi sorrisi e i “batti il cinque” tra le donne ebree e i soldati di Hamas, nettamente in contrasto con ciò che donne e bambini palestinesi rivelano riguardo gli abusi e le minacce che ricevono anche all’uscita dal carcere. 

Va notato che l’IDF ha già adeguato il numero di persone uccise durante il raid portandolo da 1400 a 1200. Le menzogne riguardo i 40 bambini decapitati, e donne violentate, sono state sfatate completamente. È confermata la morte, purtroppo, di un solo bambino, rimasto ucciso nel fuoco incrociato. Di questo, ovviamente, ci addoloriamo. 

È noto che il numero di soldati e poliziotti uccisi si aggira intorno ai 400, si tratta di obiettivi legittimi in termini legali e morali. Restano altri 800 morti, dei quali un numero significativo è rimasto ucciso nel fuoco incrociato, molti da armi e bombe israeliane. I rapporti rivelano che alcuni soldati israeliani erano in preda al panico, poiché non addestrati adeguatamente per operare in quella modalità. Questo dice molto sulla leggendaria invincibilità dell’IDF. 

Esistono filmati, sicuramente, di civili colpiti dagli aggressori, che includono i combattenti di Hamas e della Jihad Islamica, altri gruppi militari e una folla casuale di civili. E quest’ultimo punto è molto importante.

Come sudafricani sappiamo fin troppo bene come, durante la nostra lotta, un gran numero di persone si siano unite alle proteste, abbandonandosi talvolta al saccheggio e alla distruzione, persino alla morte per “necklacing” (essere bruciati vivi). 

Gli organizzatori non avevano alcun controllo sulla violenza inaspettata, così come gli spettatori di una partita di calcio non possono essere ritenuti responsabili dello scoppio di una rissa, solo perché si trovavano sul posto.

I civili che hanno perso la vita nel raid sono stati uccisi da combattenti e civili provenienti da Gaza, e dall’IDF. Hamas, inoltre, non aveva idea del rave in corso, mentre i combattenti si spostavano nelle città e nei villaggi del sud di Israele. 

All’evento erano presenti guardie armate, e il loro intervento potrebbe aver causato un ulteriore fuoco incrociato. Esistono prove evidenti di civili uccisi dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF), è un fatto accertato che i loro elicotteri siano arrivati al festival musicale sparando missili. 

The Electronic Intifada cita un giornale israeliano, il quale afferma che diversi elicotteri hanno “svuotato la pancia” e sono tornati alla base per ricaricarsi. Un pilota dell’IDF stima che abbiano ucciso in quell’area 120 persone, e distrutto tutti i veicoli.

L’IDF è arrivata negli insediamenti tardi, con le armi spianate e sparando indiscriminatamente, senza badare alla presenza di civili nelle case. Ovviamente ne è derivato un fuoco incrociato, e nella confusione sono morti sia palestinesi che israeliani. 

Questo lo ha spiegato in televisione una donna israeliana, testimone dell’accaduto. Inizialmente era coinvolto almeno un carro armato, e la distruzione degli edifici è stata causata dai bombardamenti indiscriminati anche contro case abitate.

La distruzione totale, inclusi i corpi ridotti a cenere, è stata provocata dal bombardamento dei carri armati e dell’artiglieria, certo non da miliziani armati alla leggera. In un tribunale l’attribuzione di colpa determina chi ha sparato contro i civili, quali combattenti, di quale gruppo di resistenza, se la folla casuale che si è riversata oltre la recinzione, le guardie di sicurezza o i soldati dell’IDF, e una discussione razionale nei media deve attenersi agli stessi principi di obiettività e rigore.

 La trasmissione di un filmato, realizzato appositamente dall’IDF per i giornalisti occidentali, riguardo le “atrocità di Hamas”, insieme alla loro ridicola presentazione mediatica dei tunnel sotto l’ospedale di Al Shifa, è propaganda, appositamente preparata senza una prova credibile. Il disastro successivo alla presa dei prigionieri è una faccenda separata dall’operazione militare contro l’IDF e la polizia israeliana.

Chiunque capisca qualcosa di azioni militari dovrebbe sapere che esiste la valutazione informata.

Che piaccia o meno agli israeliani e ai sionisti come Khan, quell’operazione passerà alla storia come un imponente successo militare. Lo ripeto ancora una volta, questo è ciò a cui rendo onore come studente ed ex praticante della guerriglia.

Dobbiamo chiederci perché i media occidentali, i loro delegati e i sionisti locali come Wendy Khan, non riescano a capirlo.

Ma la risposta è chiara: razzismo! Hanno semplicemente il cervello programmato in modo da non tollerare l’audacia di un gruppo di arabi che superano in astuzia tutti i simpatici bianchi.

Quanto accaduto ai civili è tragico, ma come sappiamo noi sudafricani, non si può opprimere un popolo per decenni senza pensare che, prima o poi, il vaso traboccherà. E quando questo accade, pianificato o meno, non esiste garanzia che avvenga con delicatezza in modo da soddisfare gli oppressori.

Qualsiasi persona matura, chiunque abbia una conoscenza di base della storia, può comprenderlo. Il fatto che i sionisti e le potenti forze occidentali abbiano cercato di rendere perversa l’espressione di fatti empirici e logica, si basa sul presupposto che gli “untermenschen” non abbiano lo stesso diritto dei bianchi di resistere all’oppressione. 

L’idea che io stessi indulgendo in discorsi di odio, chiamando il mio pubblico alle armi, è tanto ridicola quanto paranoica. Credo di aver parlato a nome di milioni di sudafricani razionali, persone che non guardano il mondo attraverso una lente razzista. Le persone che credono nella giustizia per tutti e che sostengono il diritto di tutti a resistere all’oppressione, hanno applaudito il discorso.

Wendy Khan, come il rabbino capo del Sud Africa Warren Goldstein, insiste sull’antisemitismo a livelli vertiginosi. Ma, ovviamente, senza fornire alcuna prova per questa affermazione. Se volesse essere una commentatrice seria, dovrebbe essere più scrupolosa nelle sue accuse.

Dovrebbe capire che è suo dovere educare la comunità ebraica, spiegando la chiara differenza concettuale ed etica tra antisemitismo e legittima critica dello stato israeliano e del progetto sionista. L’onestà di base prevede che lei faccia questa distinzione per favorire le relazioni tra quella comunità e la cittadinanza, ed evitare allarmismo.

Ma la fissazione sionista di Khan, e il suo conseguente disprezzo per l’umanità dei palestinesi, dimostra che ci offre soltanto sofismi.

Il Consiglio dei Deputati Ebraici del Sud Africa e la Federazione Sionista del Sud Africa hanno l’onere di non creare divisione. La fedeltà a uno stato straniero oppressivo e omicida, direttamente opposto sia nel principio che nella pratica, alla sostanza e allo spirito della Carta dei diritti del Sud Africa, merita un’autoriflessione da parte di Kahn e di altri nella comunità ebraica.

È necessario riconoscere che la posizione del BDS, e di altri gruppi di solidarietà, compreso l’African National Congress (ANC) e il partito al governo, sono in accordo con i principi fondamentali della nostra Costituzione, e che il sostegno al sionismo e allo Stato israeliano è in diretta violazione di tali principi.

(Traduzione di Cecilia Parodi per il Palestine Chronicle.

 * Ronnie Kasrils, veterano della lotta anti-apartheid, militante del Partito Comunista, bianco, di madre ebrea, è stato ministro dell’intelligence in Sudafrica. È un attivista e autore. Articolo pubblicato sul Palestine Chronicle.

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1 Commento


  • Andrea Vannini

    chi combatte il fascismo sionista o quello ucraino, é un eroico compagno per noi e un esempio. chi é antifascista e antimperialista parteggia per hamas così come per le altre organizzazioni rivoluzionarie palestinesi cosi come per gli eroici combattenti russi.

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