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Ripristino della leva militare di massa e iniziativa comunista

Ritengo che il ripristino della leva militare di massa offra un’importante possibilità di azione alle forze comuniste per condurre un lavoro di agitazione, di propaganda e di orientamento fra i giovani.

Non a caso la sospensione della leva militare, definitivamente attuata nel 2005 (un provvedimento che ha sempre caratterizzato la destra e che ha spianato la strada alla creazione di un esercito di mercenari al servizio di un’organizzazione guerrafondaia e imperialista, quale è la Nato), fu approvata nel 2000, con la sola eccezione del voto contrario del Prc, da uno schieramento comprendente non solo i partiti che sostenevano il governo D’Alema e condividevano il suo zelo atlantista,  ma anche i partiti dell’attuale centrodestra (da Forza Italia ad Alleanza Nazionale, poi trasformatasi in FdI, compresa la Lega Nord, che successivamente modificò la sua posizione).

Per quanto riguarda il pensiero dei classici del socialismo scientifico, è stato Lenin colui che, fedele all’insegnamento di Engels, ha precisato che il compito dell’avanguardia popolare nel corso di una rivoluzione non è semplicemente quello di combattere “per” conquistare l’esercito, ma di operare “al suo interno” con tutti i mezzi possibili.

Come dimostreranno le rivoluzioni del XX secolo (in Russia, in Cina, a Cuba, in Portogallo), un’insurrezione consegue il suo scopo solo se lo stesso apparato militare dello Stato borghese si divide e si disintegra. Del resto, non a caso le riflessioni di Engels si concentrarono sul problema della conquista politica delle popolazioni della Pomerania e del Meclemburgo, da cui erano reclutate le truppe dei ‘reggimenti-chiave’ dell’esercito prussiano.

La questione militare costituisce infatti il nucleo duro della concezione engelsiana della strategia rivoluzionaria. Fra questa concezione e gli orientamenti della direzione della socialdemocrazia tedesca vi era una differenza fondamentale, connessa alla prospettiva.

In questo senso, l’uso della famosa Introduzione di Engels (1895) al saggio di Marx sulle Lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850  come supporto teorico-politico del revisionismo, si basava sul presupposto che l’adozione di una tattica legalitaria da parte di Engels segnasse un distacco di principio dalla teoria della rivoluzione socialista.

Come è noto, il principale responsabile di tale uso volutamente deformante dell’Introduzione fu Bernstein, che si guardò bene dal rendere pubblico questo scritto nella sua versione integrale, poiché il suo scopo era quello di legittimare la via parlamentare e pacifica al potere con quello che lo stesso Bernstein, quale curatore delle opere postume di Engels, definì per l’appunto il “testamento politico” di Engels.

Dal canto suo, il gruppo dirigente della socialdemocrazia — il cosiddetto ‘centro’ — tenderà sempre più a sostituire la teoria della rivoluzione con la strategia della conquista della maggioranza nel parlamento, il che spiega perché la critica dell’ala radicale della socialdemocrazia, raccolta attorno alla Luxemburg, si appuntasse in misura maggiore contro il ‘centro’ della socialdemocrazia, raccolto attorno a Kautsky, che non contro l’ala apertamente revisionista.

D’altronde, non è proprio la dialettica ad insegnarci, attraverso i suoi maestri (Lenin, Stalin, Mao), che uno strumento, quale è l’esercito imperialista, forgiato in vista delle guerre di aggressione all’esterno e della controrivoluzione all’interno può convertirsi, proprio attraverso la leva militare di massa e in coincidenza con una crisi economica e politica internazionale, in uno strumento di sovversione e di liberazione?

Alla sfida della borghesia sul terreno militare i rivoluzionari non rispondono né con il rifiuto della coscrizione obbligatoria né con gli appelli alla pace, alla distensione e al rispetto della Costituzione, poiché sanno fin troppo bene che in un regime capitalistico e imperialista non vi è pace che sia desiderabile né guerra che non sia atroce né una qualsiasi Costituzione che, di fatto, la impedisca.

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