Nei giorni scorsi Selahattin Demirtas, leader del Partito Democratico dei Popoli (HDP), denunciato da due diverse corti per incitamento al terrorismo insieme all’altra co-presidente della formazione che riunisce il movimento curdo e alcune sinistre radicali turche, ha fatto appello al governo di Ankara ed anche ai membri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) affinché cessino immediatamente le ostilità, invitando entrambe le parti a riprendere il dialogo bruscamente interrotto all’indomani della strage di Suruc. Demirtas ha dichiarato che l’HDP è contro l’uso della violenza e delle armi, aggiungendo che il partito considera i recenti fatti come “inaccettabili”.
Ma la guerra tra stato turco e guerriglia curda prosegue.
La Turchia farà “tutto ciò che è necessario” nella sua lotta contro i ribelli curdi, ha promesso il presidente Recep Tayyip Erdogan. Durante il suo viaggio in Asia, a chi gli chiedeva cosa pensasse delle vittime civili causate dai bombardamenti turchi sui villaggi curdi dell’Iraq del Nord, il presidente ha spiegato che il governo autonomo curdo della regione dovrebbe assumere iniziative urgenti contro le basi del Pkk nella zona. “Se non ci riusciranno, la Turchia farà tutto ciò che è necessario per difendersi”, ha spiegato il ‘Sultano’. Nonostante i guerriglieri del Pkk stiano conducendo numerose operazioni armate ogni giorno in rappresaglia ai bombardamenti turchi sulle montagne a cavallo tra Iraq e Turchia, Erdogan si è detto convinto che non possa verificarsi un ritorno agli anni Novanta quando la guerriglia curda era al suo apice. “Non credo, anzi è impossibile”, ha assicurato, “Forse chi dice questo auspica che si ritorni agli anni Novanta”.
E’ però intanto salito ad almeno tre il numero dei militari turchi uccisi dall’esplosione di una mina avvenuta questa mattina nella provincia di Sirnak, al confine con la Siria e l’Iraq: lo hanno reso noto fonti della sicurezza di Ankara; un quarto soldato è rimasto ferito. Subito dopo l’esplosione vi sarebbe anche stata una sparatoria fra militari turchi e combattenti curdi delle Hpg, il fronte militare del Pkk. Dalla fine della tregua tra il governo e la resistenza curda sono più di 20 gli esponenti dell’esercito e della polizia uccisi in attacchi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Ieri due soldati turchi erano rimasti feriti in una esplosione a Diyarbakir. Poco prima i militanti curdi avevano attaccato la polizia a Sirnak. In conseguenza delle azioni militari della resistenza curda la strada che conduce alle province orientali di Tunceli e Erzincan è stata chiusa dal governo che attorno a Tunceli, Hozat, Mazgirt, Agri e Nazimiye ha istituito 14 diverse “aree militari speciali” di fatto istituendo una sorta di stato d’assedio e concedendo campo libero all’esercito.
Intanto il governo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, che intrattiene ottimi rapporti politici ed economici con Ankara e che qualche giorno fa aveva invitato la guerriglia del Pkk ad evacuare le sue basi nella zona per non ‘mettere a rischio i civili” proprio mentre i caccia di Ankara bombardava i villaggi, ha dichiarato che i recenti atti di sabotaggio contro l’oleodotto che trasporta il greggio al porto turco di Ceyhan hanno causato un arresto “quasi completo del flusso di petrolio” con un danno di almeno 250 milioni di dollari. Attualmente l’oleodotto che collega i campi petroliferi di Kirkuk al porto di Ceyhan e’ in funzione grazie ad un bypass che aggira il punto dell’infrastruttura attualmente in riparazione. Alla fine di luglio un sabotaggio realizzato dal Pkk ha colpito anche un gasdotto fra Turchia e Iran nell’area di Agri costringendo anche in quel caso le autorità iraniane a interrompere per giorni l’erogazione di gas.
Negli ultimi giorni le autorità di Erbil hanno rafforzato i legami con il regime turco contro gli storici nemici del movimento curdo di liberazione. D’altronde è grazie all’intervento degli Stati Uniti, di Israele e della stessa Turchia se come risultato dell’invasione straniera dell’Iraq è nata la forte autonomia della regione a maggioranza curda nel nord del paese. Negli ultimi anni Ankara ed Erdogan hanno investito ingenti somme di denaro nel Kurdistan iracheno realizzando un oleodotto che porta il greggio in Turchia bypassando del tutto le autorità irachene. Sono centinaia le aziende turche che operano a Erbil nella realizzazione di infrastrutture, aeroporti, strade, edifici, programmi di ‘sviluppo’. Il che rende il governo del Kurdistan iracheno uno dei migliori alleati della strategia a tenaglia del Sultano Erdogan.
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