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La questione comunista pone in primo luogo la costruzione di una organizzazione di classe comunista. In assenza di ciò divengono velleitarie tutte le iniziative tese a costruire una unità di azione, tantomeno a costruire un fronte popolare.

Fino ad oggi tutti i tentativi e gli appelli tesi alla ricostruzione di un partito attraverso l’unità delle presenze comuniste in Italia non hanno avuto grandi risultati. Questo per due fondamentali motivi strettamente legati fra loro.

Il primo è rappresentato dalla stessa idea di partito che è sottesa nel termine stesso di ricostruzione e cioè di riproposizione del modello organizzativo novecentesco, dunque legato a una forma storicamente determinata e ormai inadeguata alle nuove dimensioni e ai nuovi caratteri del capitalismo del ventunesimo secolo nonché alla nuova composizione di classe che si sta determinando attraverso l’emergere di nuovi soggetti sociali e nuove forme dello sfruttamento, prefigurando un nuovo scenario del conflitto tra capitale e lavoro.

Il secondo, ancora più importante, è rappresentato dal fatto che non si darà mai la formazione di una organizzazione comunista con la semplice e meccanica riunione di comunisti: questa non si ricostruisce, ma si costruisce attraverso la composizione e l’identificazione di un blocco sociale antagonista e la determinazione di un impianto teorico ed operativo all’altezza del livello di sviluppo del capitale e delle forze produttive.

La riunificazione dei comunisti al di fuori di questa priorità, di una riappropriazione da parte dei comunisti stessi delle proprie radici, delle proprie categorie di analisi e di pensiero, in altre parole di una soluzione positiva della questione comunista, non sarà mai possibile.

I comunisti sono e debbono essere consapevoli che il grande ciclo storico del ‘900 si è concluso, si è esaurito, ma contemporaneamente debbono ribadire la loro convinzione che con la chiusura di questo ciclo comunismo e socialismo non scompaiono dalle pagine della politica e dalla storia, ma dovranno rigenerarsi e reificarsi in un altro ciclo, in un altro addivenire.

I comunisti, al contrario degli altri, non possono non considerare questa prospettiva e porsi il problema del che fare. Noi abbiamo ancora un terreno o se volete un elemento su cui poggiare ed in cui investire una prospettiva, un elemento che si chiama: nuove generazioni. I comunisti hanno il dovere di far sì che i giovani, le nuove generazioni di comunisti, non debbano davvero ripartire da zero.

Dobbiamo scommettere e reinvestire su di noi per loro e con loro. Cosa possiamo fare allora fin da subito? Dobbiamo, come facevano i nostri antenati, agli esordi di tutta la storia, quando il fuoco era fattore di salvezza e di sicurezza della collettività, creare dei presidi di conservazione e di difesa perché quel fuoco non si spenga mai. Noi abbiamo un grande patrimonio di pensiero, di esperienze e di strumenti, di idee: non possiamo permettere che si disperda, ma al contrario dobbiamo far sì che possa diventare il patrimonio delle nuove generazioni. Consapevoli dunque di questa crisi e prendendo atto della situazione attuale noi dobbiamo fare un passo indietro se vogliamo costruire le condizioni per fare un primo passo in avanti.

Le condizioni date oggi ci permettono solo di avere gruppi, case matte, presidi, collettivi auto-definitisi comunisti che oggettivamente operando nella pratica dei loro territori e nella loro riflessione teorica mantengono aperta la questione comunista.

Ma mantenere aperta la questione comunista non significa solo difendere e conservare una memoria e costruire delle iniziative coerenti, significa soprattutto rimettere in moto un metodo politico, riattivando tutte le potenzialità di uno studio teorico e nuove forme della prassi, rendendo operative le categorie dell’analisi per cercare di comprendere e sfruttare le contraddizioni che vanno maturando oggi tra i nuovi rapporti tra capitale e lavoro e lo sviluppo incessante delle forze produttive.

Il riaffrontare il tema della questione comunista inteso in questi termini, come impegno centrale della fase attuale, dovrebbe costituire la materia e lo strumento per la costituzione di una iniziativa comune, di un comune intento, con l’obiettivo di consolidare e incrementare le nostre presenze e nello stesso tempo cercare di connetterle in un ambito di iniziativa che abbia come scopo il costituirsi di un “legame” nazionale tra tutti i soggetti, in altre parole la costruzione progressiva di una Lega dei Comunisti.

Su queste basi e a partire da queste nostre convinzioni si costituisce la Lega dei Comunisti di Firenze, una “presenza organizzata” per la costruzione di una organizzazione comunista.

Una struttura aperta a tutti i comunisti che vogliano condividere l’impegno di affrontare e svolgere il tema della questione comunista sia sul piano della ricerca ed elaborazione teorica che sul piano della costruzione di iniziative comuni rivolte principalmente alle nuove generazioni.

Una struttura aperta dunque, ma al tempo stesso anche un invito ad applicare questo metodo, una spinta e stimolo a creare legami fra collettivi e presidi comunisti dove si trovano, nei loro territori e nei loro rapporti, a legarsi fra sé, se riconoscono l’attualità e necessità di questo processo.

La Lega dei Comunisti come forma di organizzazione non è un espediente: anticipa l’idea dell’unità dei comunisti e può rappresentare una forma in grado di intervenire sulla frammentazione sociale e politica prodotta negli ultimi decenni.

Noi riteniamo l’organizzazione in forma di “legami” lo strumento adeguato al campo di battaglia odierno determinato nella post modernità dalle forze dell’antagonista di classe. Un presidio dunque principalmente di studio e formazione che fin da subito vuole porsi come ambito di studio e confronto quelli che si ritengono i temi centrali di un’analisi della fase: la questione del potere, il rapporto tra lo sviluppo delle forze produttive e i nuovi rapporti di produzione che rappresenta e rappresenterà sempre di più la fondamentale contraddizione tra capitale e lavoro, e infine i nuovi soggetti sociali potenzialmente antagonisti.

Questo lavoro di studio e riflessione dovrà svilupparsi nei tempi necessari attraverso la produzione di documenti e discussioni collettive al nostro interno, ma poi anche con confronti aperti con altre esperienze sempre nella prospettiva di uno sviluppo nazionale della questione comunista. Il porsi come intento la costituzione di una Lega dei Comunisti e contemporaneamente mantenere la più ampia autonomia di iniziativa per tutte le organizzazioni che hanno scelto e che sceglieranno di parteciparvi, pone e deve porre quest’ultima su un livello superiore di elaborazione politica.

La Lega dei Comunisti di Firenze non deve essere un coordinamento delle iniziative, ma il luogo in cui si ponga perentoriamente il tema del “che fare” oggi, allo stato delle cose presenti, per porre le basi elementari di costruzione di un nuovo blocco sociale antagonista e di una nuova organizzazione politica comunista in grado di riaprire una prospettiva rivoluzionaria del terzo millennio. Ma oltre a partire da questo terreno di analisi ed elaborazione teorica, il presidio si propone anche una sua prassi politica ad iniziare proprio dalle nuove generazioni impegnate nella scuola, vessate dal lavoro precario e immerse e disperse nella galassia indecifrabile delle vecchie e nuove forme di occupazione che portano con sé nuove forme di sfruttamento.

È questo un ambito estremamente complesso che deve essere affrontato a partire proprio dal nostro lavoro di analisi. Un primo passo immediato però può essere fatto nello specifico del mondo della formazione.

I temi della nostra elaborazione teorica appaiono perfettamente coerenti ed attinenti alle componenti studentesche delle scuole superiori e soprattutto delle università per il loro ruolo attuale all’interno dello sviluppo delle forze produttive e delle nuove forme di produzione sociale della ricchezza e quindi di una loro connotazione come potenziali soggetti sociali antagonisti.

Ciò indica la necessità di uno sforzo nuovo e straordinario  di analisi e confronto con l’obiettivo di costruire un ponte dialettico fra le tematiche contingenti (stato di guerra, questione ambientale e di genere) e un’analisi complessiva che determini la nuova prassi.

La situazione non è facile, l’attenzione e le iniziative nelle università sono oggi soprattutto legate a temi esterni o solo tangenti la tematica universitaria, mentre pochissime e saltuarie sono quelle legate all’analisi degli studenti della propria condizione di soggetto sociale, terreno questo importante nella conquista delle nuove generazioni alla lotta per il socialismo. La nascita di una lega dei comunisti non può che dare nuova forza e nuovo impulso a quella scintilla non più rimandabile.

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6 Commenti


  • Tiberio

    Il grande ciclo storico del ‘900 che sembrava chiuso s’è ricomposto con la faccenda ucraina, credo sia urgente ricorrere ai fondamentali prima che sia troppo tardi.


  • Felice Di Maro

    Il Collettivo Putilov con questo documento pone come ho colto il tema della formazione di un nuovo partito comunista e la nascita stessa del Collettivo ne rappresenta un tappa.

    Attenzione.

    Una cosa è l’ideologia comunista di Marx ed è intramontabile come ben sappiamo, e altra cosa è il partito comunista in particolare di quello che è stato di Enrico Berlinguer che nel 1991 si è sciolto.
    La diaspora comunista è iniziata con il noto “compromesso storico” del 1973 ed è tutt’ora in corso a parte le varie formazioni post-Pci. La cosa più difficile in questa fase è che i singoli comunisti ben convinti, sia chiaro, non hanno quella dinamicità di farsi gruppo e come tale e cioè come un gruppo comunista di fare attività politica. Questo in parte agevola l’attivismo di gruppi politici vari che comunque con il comunismo niente hanno a che fare. Quindi ben venga la pratica della costituzione dei collettivi anche perché che si debba fare un grande partito comunista come è stato il Pci, a parte che oggi ci credono in pochi per la storia negativa del Pci e del post Pci, è teoria che è certo importante però per coloro che hanno problemi drammatici come ad esempio come arrivare alla fine del mese e come pagare visite mediche necessarie, esami e medicine non è all’attenzione.
    C’è il problema che non si risolve per chi si ritiene di essere comunista oggi, in quanto a livello politico non si vive ma si sopravvive, ma ciò nonostante è necessario resistere pur sapendo che il capitalismo corrente e le classi borghesi sono forti ma la nostra difesa/attacco si pratica con la lotta di classe che va certo teorizzata ma soprattutto declinata e adeguata alla fase nella quale stiamo vivendo.


  • avv.alessandro ballicu

    eppure l’idea di garantire un posto di lavoro a tutti i disoccupati, una casa a ogni famiglia, nazionalizzare le imprese strategiche, garantire tariffe e prezzzi calmierati o almeno sorvegliati, garantire il carcere anche per i reati del colletti bianchi, uscire dalla nato e dalla ue- idee che sarebbero tradotte in legge da qualunque governo comunista, sono popolari, bisogna fare propaganda partendo dalle cose concrete, c’è speranza di cambiare il mondo come auspicava Marx, certo la rivoluzione mondiale come auspicava Trotskj sarebbe il massimo ma, bisogna insistere e ricordare ai giovani le parole di Gramsci ” se non vi occuperete di politica sarà la politica a occuparsi di voi e sarà peggio” .
    saluti a pugno chiuso, compagni


  • Claudia (TPM)

    Peccato che il titolo sia totalmente fuorviante rispetto ai contenuti! Il documento è chiaro e NON propone assolutamente l’unità dei comunisti ma un preciso altro percorso metodologico…Invito a leggerlo…


    • Redazione Roma

      Su segnalazione del compagno Bacciardi abbiamo provveduto a modificare il titolo


  • Luca Rovai

    è necessaria una precisazione non formale ma sostanziale. La proposta è quella di un metodo e comunque sono tre soggetti che hanno agito in questa direzione: Collettivo Putilov, TPM e RP. Tre soggetti che hanno costituto una lega a Firenze. Vi prego di leggerlo altrimenti appare un appello… ma così non è. Grazie

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