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Media malati: 5 feriti è pogrom, 120 mila morti è legittima difesa

La narrazione che sovrasta i fatti

Come sempre, la narrazione corrotta dei fatti rischia di diventare persino più importante dei fatti stessi. Per condannare lo spregevole assalto ai tifosi del Maccabi (che a loro volta non si sono risparmiati, in quel di Amsterdam, con le provocazioni) sono stati scomodati i reduci dei campi di concentramento, sono stati chiamati a raccolta tutti gli intellettuali di pronta leva, trombe, trombette, pifferi e primi violini hanno provveduto al rumore di fondo.

Netanyahu, che è una vecchia e cinica volpe, ha approfittato della situazione per una splendida operazione di propaganda: due aerei speciali sono decollati da Israele con squadre mediche a bordo, come nel pieno di un’emergenza bellica. Alla fine il bilancio di questa tragedia è stato: 5 feriti. Cinque. Feriti.

Stampa ‘alta’ vetrina bordello

Per circa 36 ore la cosiddetta “stampa di qualità” ci ha parlato dei fattacci di Amsterdam come di una seconda “notte dei cristalli”, come il segno evidente di una persecuzione antiebraica in pieno svolgimento.

Il tutto sugli stessi media che delle stragi di Gaza parlano controvoglia, proprio perché non se ne può fare a meno. Con il risultato di produrre (e non veniteci a dire che è un caso) questa tesi: cinque fan del Maccabi feriti in una caccia al tifoso israeliano in quel di Amsterdam sono un pogrom, una notte dei cristalli, una congiura antisemita. Mentre 120 mila morti palestinesi a Gaza sono vittime collaterali di una “legittima azione di autodifesa“.

E si badi bene: guai a parlare di genocidio o tentativo di genocidio per Gaza, come fanno molti. Mentre di “notte dei cristalli” per 5 feriti (cinque feriti) si può serenamente parlare.

Come si diceva, il problema ormai non sta più in questo o quell’episodio, per quanto spiacevole o drammatico possa essere. Il problema, invece, sta ormai in questa nuvola mediatica che, in simbiosi con i poteri oggi prevalenti, cerca di “vendere” ai cittadini una pittura della situazione che è ormai quasi del tutto di fantasia. Che con la realtà dei fatti, con la proporzione delle questioni aperte, con la praticabilità delle soluzioni proposte ha un rapporto labilissimo, in molti casi inesistente.

È un racconto di comodo, di interesse, che sempre più spesso va a spaccarsi le corna contro l’implacabile muro delle cose.

La conseguenza è questa: ogni volta che ci si trova ad affrontare una questione controversa e importante, ogni volta che servirebbe un’analisi seria e profonda per aiutarci a capire, molti dei media più diffusi sono largamente inutili, quando non dannosi.

Prendiamo la guerra in Russia seguita all’invasione russa. Ci sono due livelli. Le pure e semplici balle: i russi combattono con le pale perché non hanno più armi; i russi usano i microchip delle lavatrici per i missili perché la loro industria bellica è a pezzi (indimenticabile copyright di Ursula von Der Leyen); i russi scavano trincee nel terreno contaminato di Cernobyl; i russi prendono pastiglie che consentono loro di combattere anche quando sono feriti…

Ma questa è la fuffa, la schiuma. La sostanza sta nel fatto che tutte le previsioni importanti si sono rivelate sballate: l’effetto delle sanzioni, il sostegno dei russi a Putin, la capacità dei russi di riarmare, persino la possibilità di isolare la Russia nel contesto internazionale.

Abbiamo fatto questo esempio perché è il più tragico, in primo luogo per gli ucraini, e clamoroso.

Ma vogliamo parlare delle elezioni presidenziali Usa? Prima un tifo sfegatato per Kamala Harris, senza mai spiegare che cosa diavolo volesse fare degli Stati Uniti la candidata improvvisata dopo la rinuncia di Joe Biden.

Poi, di fronte alla vittoria a valanga di Donald Trump che nessuno aveva nemmeno lontanamente ipotizzato, un solo grottesco lamento sulla fine della democrazia, degli Usa, della civiltà.

La crisi di governo in Germania, con le prossime elezioni anticipate? Il ruggito del vecchio leone Scholz, come se non fosse il certificato di morte della “maggioranza semaforo” (liberali, socialdemocratici e verdi) che ha governato finora il Paese e che, incidentalmente, è la stessa maggioranza che governa la Ue. Per non dire del fatto che se va in crisi la Germania andiamo in crisi un po’ tutti, a partire dall’Italia.

L’avanzata della destra di Marine Le Pen in Francia? Ricordo perfettamente che, all’epoca delle prime proteste dei gilet gialli, eravamo pochissimi a dire: guardate che dietro tutto questo, vi piaccia o no, c’è un problema vero, concreto. Riassumibile in una sola domanda: chi paga il costo della transizione energetica? Però non si poteva, anzi non si doveva dire, guai a criticare le politiche di Emmanuel Macron. E che pacchia quando le manifestazioni dei gilet gialli diventarono occasione di scontro e di speculazione dei soliti black Block e compagnia bella.

E adesso? Che cosa ci diciamo adesso della transizione energetica e della posizione di Macron all’interno del suo stesso Paese? Tutto bene? Oppure vale la solita spiegazione, cioè che milioni di francesi (e tedeschi e italiani) si sono rincoglioniti?

Qualcuno, anzi, molti, credono che si possa vivere benissimo anche senza Tv e giornali. Non è vero. Primo perché nessuna società, come già Omero dimostrava, riesce a stare senza qualcuno che racconti il mondo. Secondo, perché l’informazione, ormai, non sta più nei media comunemente detti. L’informazione, cioè il racconto del mondo, è nell’aria, arriva dai telefoni, dagli schermi nelle metropolitane, dai social, dai passaparola sui tram, dalle classifiche dei libri di Amazon, dalle chat.

E noi tutti cittadini abbiamo il diritto/dovere ad avere un racconto del mondo non vero o falso, non onesto o disonesto (categorie aleatorie se applicate all’informazione) ma ancorato alla realtà dei fatti e non alle fantasie più o meno interessate. Nessuno di noi vuole tornare ai tempi della peggior Unione Sovietica, quando il motto era: se teoria e realtà non combaciano, la colpa è della realtà.

* da RemoContro –Fulvio Scaglione, giornalista, dal 2000 al 2016 è stato vicedirettore del settimanale “Famiglia Cristiana”. Specializzato nel settore Esteri, dopo Afghanistan e Iraq, si è concentrato sul Medio Oriente che ha conosciuto e raccontato con continuità negli ultimi quindici anni. Collabora con testate come “Avvenire”, “Limes”, “L’Eco di Bergamo”, “Micromega”, “EastWest” e “Lo Straniero” e siti come “Occhi della guerra” e “Eastonline”. Tra i suoi libri Bye bye Baghdad (2003), La Russia è tornata (2005) e I cristiani e il Medio Oriente (2008).

 

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