L’analisi dei quesiti sul tema del lavoro che saranno sottoposti al giudizio di elettrici ed elettori il prossimo 8 giugno sta riaprendo sia pure con fatica il confronto sul tema del senso e della concezione del lavoro .
Nel tempo trascorso senso e concezione del lavoro sono stati sottoposti a troppi fraintendimenti e sovrapposizioni al punto da far smarrire, per gran parte dell’opinione pubblica, la nozione di sfruttamento.
Sembrava così definitivamente acclarato che le classi sociali fossero un retaggio del passato, spazzate via dalla massificazione e poi dall’emergere di moltitudini indistinte: “la società liquida” così definita da Zygmund Bauman.
In Italia come altrove la classe operaia, segmentata al di fuori dalle grandi concentrazioni industriali, ha modificato nel frattempo stili di vita e scelte politiche seguendo input diversi da quelli derivanti dalla propria condizione materiale magari seguendo istanze localistiche oppure legate a bisogni indotti da nuove esigenze di consumo non solo immediatamente materiali.
A questa interpretazione di una società dove tutto si mescola e ognuno si misura con le proprie forze nell’apocalisse dell’individualismo competitivo si è opposta Lea Ypi (docente di filosofia politica alla London School of Economics) autrice di un testo “Confini di classe. Disuguaglianze, migrazioni e cittadinanza nello Stato Capitalista”): un lavoro di forte richiamo rivolto alla sinistra perché torni ad adoperarsi per riorganizzare la solidarietà di classe, anche attraverso il recupero della cognizione di cittadinanza.
Cittadinanza ( questione che nell’attualità della vicenda italiana sarà oggetto di un altro quesito referendario) e lavoro sono da considerare come punto di intreccio di un reciproco riconoscimento per una identità sociale.
Così, non certo per pedanteria o per la ricerca di un’astratta prospettiva di carattere teorico, si è pensato come anche in questa occasione del referendum ci possa far riflettere il recupero di un significato di fondo del concetto di lavoro in Marx.
C’è un punto dell’analisi marxiana che si lega perfettamente all’attualità e alle scadenze che ci attendono: superando la teoria del valore degli economisti classici, Marx afferma che alla radice della determinazione del valore c’è non una quantità fisica – in termini di orario – di lavoro, ma una quantità storica e sociale di valore.
Non è il lavoro concreto, quello che realizza il valore d’uso della merce, a determinare il lavoro produttivo, bensì la sua determinazione formale, puramente quantitativa:è la sussunzione formale del lavoro, la sottomissione della forza lavoro al capitale .
La sottomissione del lavoro al capitale rappresenta l’ elemento che continua a caratterizzare l’appartenenza di classe e si lega perfettamente al concetto di “dignità del lavoro” nella lotta al dilagante precariato e al peso della “povertà nel lavoro”.
La collocazione del rapporto sociale di produzione determina la condizione oggettiva di appartenenza alla classe subalterna:questo elemento va fatto intendere al mondo del lavoro dipendente come fatto concreto e non meramente ideologico anche di fronte alle grandi novità emergenti sul piano dell’intreccio tra scienza, tecnologia, capitale attraverso cui pochi protagonisti pretenderebbero di dominare l’economia e la politica trasformando in senso autoritario lo stesso retaggio storico delle democrazie liberali.
Questo elemento della condizione oggettiva della classe subalterna va analizzato soprattutto perché è necessario far comprendere i termini reali nei quali si misura proprio lo sfruttamento : fenomeno oggi formato in maniera molto più complessa rispetto ai decenni precedenti ma persistente e non svanito nelle nebbie dell’individualismo consumistico.
Oggi è andato definitivamente in crisi il tentativo che ha segnato i decenni centrali del XX secolo di attenuare la contraddizione di classe attraverso uno sviluppo delle politiche sociale rivolte all’estensione dei diritti (welfare state) e dello sviluppo del “pieno impiego” attraverso politiche attive del lavoro sostenute dall’intervento statale.
Da questa crisi (dovuta a una molteplicità di fattori, compreso quello del rapporto tra scienza, tecnica, politica) è scaturita l’adesione della sinistra al neo-liberismo e alla conseguente indeterminatezza del riconoscimento delle categorie sociali (questione ben diversa dall’interclassismo di vecchio stampo).
Adesione della sinistra al neo-liberismo che, nel nostro specifico, ha dato origine anche ai provvedimenti di legge che si sta cercando di cancellare con il voto.
Cittadinanza e lavoro si sono separati all’interno di una concezione privatistica dell’identità sociale: così si è aperta la strada alle vellicazioni populiste rivolte verso l’egoismo proprietario.
E’ arrivato il momento di invertire la tendenza.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa

Manlio Padovan
Spero che vorrete pubblicare i quesiti dei referendum nella loro interezza ed originalità
Grazie.