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Turisti arruolati e funzionali alla propaganda israeliana

In una società militare come quella israeliana, tutti – o quasi – sono soldati a servizi della causa. Lo sono i politici e ovviamente quelli in mimetica. Lo sono alcuni intellettuali e artisti che ripetono all’estero i punti essenziali dell’hasbara (propaganda) sionista in un misto di commistione con le autorità governative. Lo sono perfino quelli, è il caso dei Grossman e Ahinoam Ninì (Noa), che si dicono critici del governo israeliano. Governo, si faccia attenzione, non dell’essenza del colonialismo e razzismo dello “stato autoproclamato ebraico”.

Sono complici della propaganda, e bisogna dirlo con coraggio, anche tanti cittadini palestinesi d’Israele che, pur non combattendo questa battaglia con l’elmetto, questo sistema lo accettano e non pensano nemmeno lontanamente di cambiarlo.

In questo contesto di militari onnipresenti, di riservisti che il giorno prima sono dietro ad uno sportello di una banca o una cattedra a scuola e l’altro con gli scarponi a uccidere e cacciare palestinesi tra Gaza e Cisgiordania occupata, non dobbiamo sorprenderci che esiste un’altra categoria di israeliani “soldati”: i comuni cittadini.

Forse in nessun posto al mondo come in Israele, l’idea di “civile” è quanto mai ambigua: non solo in quanto riservisti, ma anche perché la quasi totalità dei cittadini sono megafono dell’hasbara israeliana, condividendone per filo e per segno la narrazione. Perfino all’estero.

Nella loro opera di proselitismo per la loro causa, sono aiutati e difesi dalla maggior parte delle comunità ebraiche della diaspora. E’ bene precisare la differenza tra le “comunità” e i singoli fedeli ebrei: con il primo termine (a partire da quella di Roma) si intendono ormai gruppi con legami fortissimi con il potere politico e mediatico.

Se abbiamo presente questo quadro, allora possiamo capire profondamente quanto realmente accaduto nella trattoria di Napoli qualche giorno fa. Dare cioè un contesto che non è per quel che mi riguarda tanto “chi ha iniziato per prima”, ma la logica politica da cui è partita. Il motivo, tutto politico, che c’è dietro.

Non è la prima volta che accade un episodio del genere. Sbaglia a pensare che quella coppia di israeliani è esaltata. Loro si sono mossi da perfetti soldatini sionisti: provocare, affermare cose inaccettabili (poco spazio è stato dato alle gravi parole della cliente, megalomanie condivise dalla stragrande maggioranza della sua popolazione), fare notizia, deviare l’attenzione pubblica dai crimini dello stato. O in qualche modo alleviarla: perfino tra chi sostiene che “Israele stia esagerando”, la storia di Napoli attiva immediatamente un vecchio cavallo di battaglia: “c’è antisemitismo” anche a sinistra. I “pro-pal”, come la ristoratrice, lo sono. Sono pericolosi. Non hanno perciò alcuna credibilità. L’antisemitismo è in crescita: bisogna chiudere ancora di più la bocca a chi critica Israele.

La coppia di Napoli è parte e complice del genocidio di Gaza. Sono a Napoli eppure i loro piedi violentano la terra della Striscia, i campi profughi rasi al suolo della Cisgiordania.

Quella coppia, pur con le dovute differenze, ricorda gli ultras israeliani del Maccabi di Tel Aviv ad Amsterdam qualche mese fa : anche lì c’era stata una provocazione, aggressione (tout court agli “stranieri”), un lancio di cori inaccettabili e poi l’accusa di essere stati vittima di “antisemitismo”. Anche nel caso degli Ultras del Maccabi la stampa occidentale mainstream, riprendendo le veline dell’hasbara israeliana, parlò di “Notte di Cristalli”. Nulla di più falso come già il giorno successivo apparve evidente.

Nel caso di Napoli siamo in qualche modo vicini: inizialmente alcuni nostri media avevano lasciato addirittura intendere che la ristoratrice non aveva fatto entrare la coppia in quanto “israeliani”, dunque discriminandoli. Poco importa che bastava vedere il video per capire che i due israeliani avessero già consumato il pasto (se siamo come Italia 49esimi al mondo per libertà di stampa qualche domanda ce la dovremmo anche fare).

Ecco dunque che ciò che accaduto a Napoli ci parla d’Israele, dell’indottrinamento sionista di una intera società. E’ un libro aperto sulla sua geografia umana. Ci invita anche a chiederci quale contromisure usare per demolire l’hasbara israeliana portata avanti, chi più chi meno, da milioni di soldatini con l’elmetto. Che funziona, dannatamente funziona.

Resta il dolore che i fiumi di inchiostro spesi per i fatti di Napoli passano in sordina rispetto al genocidio e alla pulizia etnica dei Gazawi che Netanyahu ha oggi ribadito senza ricevere nessuna opposizione.

Resta anche il dolore di come il richiamo costante “all’antisemitismo” dei soldatini israeliani – dal leader massimo fino al più basso nella scala sociale razzista israeliana – renda quella barbarie millenaria soprattutto occidentale (tuttora attiva, soprattutto a destra che però sostiene Israele), una barzelletta perché la spoglia di valore, la banalizza, la strumentalizza, la fa diventare una caricatura di sé stessa per coprire altri crimini, altre barbarie ai danni di una popolazione che proprio con il dramma millenario vissuto dagli ebrei non ha alcuna responsabilità.

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6 Commenti


  • Oigroig

    «esiste un’altra categoria di israeliani “soldati”: i comuni cittadini»… Badiamo a queste generalizzazioni su base molto ristretta… Qualcuno potrebbe dire che siamo fascisti perché il governo è di estrema destra e andando a lavorare, comprare, votare siamo servi del sistema militare italiano e benediciamo del mercato delle armi…


  • Anna

    Ma non credo che andiamo a sostenere le nefandezze del governo italiano all’estero. E neanche in Italia, direi


  • Enrico

    non si può paragonare israele all’Italia, o a qualunque altro stato. L’articolo è molto chiaro in proposito, basta leggerlo con attenzione.


  • Pasquale

    Ormai sono dapertutto i fedeli nazisionisti. Pronti a sfoderare il congegno punitivo truccato da antisemitismo che fa paura, a questo punto, solo agli sprovveduti. Nel mondo, però, anche a occidente, in quella parte che resiste alla barbarie, si muove una massa di gente che ha fatto della solidarietà e del sostegno alla Palestina la propria causa di azione. Un movimento variegato e libero di persone, studenti, operai, contadini, intellettuali, politici e anche ebrei ‘buoni’, ma soprattutto gente comune che non ha paura di scendere in piazza e, consapevole dei rischi, soprattutto fisici per via delle repressioni di regime, con coraggio dichiara la propria avversità contro ogni genocidio, contro le colonizzazioni e le occupazioni. Urla il proprio ‘not in my name’. Sono queste masse di persone, ‘rimaste umane’, la voce autentica e scomoda di molte società ormai imbruttite da un imperialismo criminoso. Sono coloro che realmente sentono di doversi spendere con ogni mezzo utile, lottano contro la barbarie del governo d’Israele e tutte le tirannie, per la libertà e la decolonizzazione di tutti i popoli per tentare di fermare la deriva e la disumanizzazione di questo mondo.
    Forse poca cosa, ma ci provano.


  • Slo

    basta vederli dappertutto i sionisti: da Napoli al ragazzo che veniva insultato durante un’intervista alle Olimpiadi, a quello che è successo all’ Eurovision.
    la signora è stata anche giustificata perché “di sinistra”, ma guarda caso si trova per due volte in questi episodi? che caso fortuito! “non sapevo che fosse un locale proPal, mio marito non si sentiva bene”. “il cane mi ha mangiato il compito” è più credibile come risposta…
    Personalmente, a me fa rabbia sia quello che succede in Palestina e Cisgiordania, come nel resto del mondo, con sta gente che si comporta come i bulletti delle scuole primarie, dopo aver insultato e menato mezza classe, appena gli si urla contro vanno a piangere da mammina dicendo che “loro non hanno fatto niente”…


  • Mauro

    Comincio a nutrire qualche dubbio sulla loro appartenenza alla specie umana…

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