Il Ministero degli esteri della Corea del Nord ha pubblicato ieri una nota di protesta per l’approdo, il 13 giugno scorso, nel porto sudcoreano di Pusan, del sommergibile atomico d’attacco USA “Mississipi”, armato di missili alati. Il vascello, ha detto il portavoce di Pyongyang, “crea una minaccia diretta per la RPDC e per tutta la regione” e ha quindi chiesto a Washington di “rinunciare all’anacronistica politica ostile nei confronti della RPDC e allontanare i propri soldati (circa 29mila uomini) dalla Corea del Sud”. Secondo Pyongyang, sommergibili atomici USA incrociano in permanenza nell’area della penisola coreana, in un periodo in cui Washington “si sta preparando a portare un attacco aereo preventivo sugli impianti nucleari e le forze della RPDC”. In tale situazione, è naturale che “si realizzi la linea approvata dal Partito del lavoro per lo sviluppo economico e il parallelo rafforzamento del deterrente nucleare”. E’ un sofisma, afferma Pyongyang, che gli “Stati Uniti strombazzino la priorità della denuclearizzazione, quando insistentemente ricorrono al ricatto nucleare e alle esercitazioni nucleari contro la Corea del Nord”. Durante le manovre congiunte Key Resolve e Foal Eagle, svoltesi in Corea del Sud per oltre 50 giorni, a partire dal marzo scorso, gli Stati Uniti hanno impiegato la portaerei nucleare Stennis, bombardieri strategici nucleari B-52 e B-2, caccia stealth F-22A e altri mezzi d’attacco nucleare.
Proprio la Stennis non si è poi allontanata di molto dall’area coreana, per prendere parte alle manovre navali “Malabar”, nel mar Cinese Orientale, cui partecipano USA, India e Giappone. Iniziate il 9 giugno, le “Malabar” dovrebbero concludersi oggi. Guarda caso, Tokyo ha protestato ieri con Pechino per una presunta violazione delle proprie acque territoriali da parte di una nave da guerra cinese che, secondo la nota giapponese, lo scorso 15 giugno avrebbe incrociato a sud dell’isola di Kyushu, e avrebbe poi continuato a spostarsi al limite delle acque territoriali del Giappone vicino l’isola di Okinawa. Pare che il vascello cinese stesse controllando per l’appunto lo svolgersi delle “Malabar”. Tokyo aveva già protestato per uno sconfinamento cinese che si sarebbe verificato il 9 giugno, in prossimità dell’isola di Kutiroerabu, nel mar Cinese Orientale, un’area che Tokyo annovera tra le proprie acque territoriali, ma che Pechino considera territorio illegalmente occupato dal Giappone. Non a caso, le “Malabar erano iniziate proprio il 9 giugno nelle acque circostanti Okinawa, non lontano dall’isola di Senkaku, controllata dal Giappone, ma rivendicata sia da Pechino (col nome di Diàoyútái), sia da Taiwan. Nessuna meraviglia, scrive l’agenzia Pravda.ru, che la Cina consideri le manovre attorno alle “proprie” isole nel mar Cinese Orientale come un incidente e le veda dirette essenzialmente proprio contro il proprio territorio, con l’obiettivo “inasprire la situazione nel mar Cinese Orientale e sperimentare una serie di operazioni contro obiettivi militari cinesi”. Anche perché i mezzi navali impiegati non sono di poco conto: se non si conoscono le forze indiane e giapponesi impegnate nelle esercitazioni, si sa che da parte USA vi prendono parte la portaerei atomica Stennis, l’incrociatore lanciamissili Mobile Bay, i cacciatorpediniere lanciamissili Stockdale, William P. Lawrence e Chung-Hoon, oltre a un aereo antinave P-8A Poseidon e un sommergibile atomico multiruolo della classe Los Angeles.
Protagonisti mezzi militari USA anche in altre acque. Nel mar Baltico, bombardieri B-52 che prendono parte alle manovre Baltops-2016, scortati da una dozzina di caccia, hanno sganciato mine subacquee una quarantina di miglia da Baltijsk, la località posta sul tombolo che separa il golfo di Kaliningrad dal mare aperto e che ospita una base navale russa. Naturalmente, i cacciamine russi sono in grado di bonificare tranquillamente l’area; tanto più, con il prossimo varo dei primi esemplari della classe 12700 “Aleksandrit”. Ma, si chiede il commentatore del canale Zveza, Viktor Sokirko, “a che scopo gli yankee hanno sganciato quelle mine nel Baltico e soprattutto, contro chi? Per le navi da guerra esse non costituiscono una seria minaccia; sono invece molto alte le probabilità di danneggiare le reti dei pescherecci”. Che bisogno avevano i B-52 di minare le acque a così posa distanza dalla costa, se non quello di una “dimostrazione di forza nei confronti della Russia, considerato anche che, secondo quanto dichiarato dai comandi Nato, le Baltops sono state studiate per il coordinamento al combattimento delle forze navali, aeree e terrestri NATO”, nel quadro dell’operazione “imposizione della pace”? Ma, fatto ancora più indicativo, continua Sokirko: le mine sono state sganciate lungo la traiettoria che segue le coste della Finlandia e le isole Gotland e Bornholm e che combacia con la linea del gasdotto “North Stream”. Il segnale lanciato a Russia e a Europa pare dunque quanto mai esplicito.
Sarebbe ingenuo supporre, scrive Zvezda, che Mosca rimanga inerte di fronte a tali dimostrazioni e non decida di reagire, sia coi mezzi navali che con quelli aerei; e ricorda che i sistemi antimissile S-300 di Kaliningrad coprono praticamente tutto il Baltico.
I tedeschi, conclude Sokirko, prima dell’inizio della guerra minarono tutti gli accessi alle basi sovietiche; ma “ogni nocchiere dei nostri vascelli da guerra conosceva bene ogni sbarramento e sapeva come aggirarlo. Al contrario, i tedeschi più di una volta saltarono poi sulle proprie mine”.
Fabrizio Poggi
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