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Negli ultimi mesi sui giornali e anche nelle piazze sono comparse le lotte di giovani ricercatori, che hanno reso visibili come poche volte da qualche anno a questa parte i problemi dell’accademia italiana. In particolare, ha fatto poi scalpore il fatto che i vincitori di borse Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA), uno dei fondi di ricerca più importanti stanziati dalla UE, stavano per perderle a causa di ‘problemi contrattuali’.

Infatti, è stato rilanciato su tutti i media che non c’era una forma contrattuale adeguata a inquadrare queste giovani eccellenze negli atenei italiani e allo stesso tempo permettergli l’accesso a questi percorsi Marie Curie, di cui erano stati indicati come vincitori il 10 febbraio scorso. Alla fine, ogni università ha risolto questa contraddizione in proprio, senza nessuna linea comune nazionale.

O meglio, come dicono i ricercatori stessi: “una linea guida comune però c’era: non stabilizzare nessuno“. Infatti, in una lettera aperta, i vincitori di MSCA prendono parola per denunciare un vuoto normativo e di finanziamenti, aperto dalla riforma del governo Draghi, e che ora sta venendo usato dal governo Meloni per mettere una toppa peggio del buco, reintroducendo nuovamente forme di contratto precarie.

Il sottofinanziamento dell’università e della ricerca non è certo una novità dell’attuale governo, ma una tratiettoria che ha accomunato tutti gli ultimi esecutivi, obbligando le università e i ricercatori a competere per i bandi “eccellenti“, una retorica utile a mascherare le condizioni moribonde dell’istruzione superiore.

Anche le forze fintamente progressiste del paese hanno posto l’accento solo su come il governo stesse rischiando di far perdere fondi frutto dell’attrattività e dell'”eccellenza” italiana, senza assumersi le proprie responsabilità per la condizione strutturale nella quale ci troviamo, definanziamento, precarizzazione e ricattabilità, reiterando quindi la logica che gli studiosi stessi chiamano “le macerie” dell’università: l’utilizzo delle parole ‘eccellenza’ e ‘merito’ per nascondere l’aziendalizzazione che sta devastando la ricerca italiana.

I ricercatori denunciano la mancanza di riconoscimento della loro attività come un lavoro in tutto e per tutto, di come la loro attività sia ormai segnata da una feroce competizione, sia legata alla capacità di farsi imprenditori della propria ricerca, di ‘vendersi’ nella maniera più adatta ad attrarre fondi. E di come tutto ciò derivi dalla precarizzazione che è stata portata avanti in maniera bipartisan.

Vi lasciamo alla lettura di questa lettera, che dimostra come una forma contrattuale per inquadrare i vincitori di borse Marie Curie esiste, ed è quella che porterebbe alla regolarizzazione, ma non è stata presa in considerazione proprio perché toglierebbe i ricercatori dalla loro situazione di ricattabilità. Se siamo arrivati al punto che pure i ricercatori “eccellenti“, e da tanti punti di vista in una condizione di privilegio rispetto ai loro colleghi, iniziano a lamentarsi, abbiamo toccato un nuovo fondo.

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In Italia le parole ‘eccellenza’ e ‘merito’ vengono impiegate spesso dal Ministero dell’Università e della Ricerca per legittimare l’idea secondo cui la carriera universitaria sarebbe un gioco a premi, aperto solo a quei pochi volenterosi capaci di valorizzare il proprio capitale umano: ricercatori-imprenditori competitivi, di caratura internazionale, che riescano ad attrarre i tanto ambiti fondi europei.

Gli altri – i “non-meritevoli” la cui unica colpa (pur facendo ricerca e didattica di altissima qualità) è di lavorare in un sistema universitario lasciato senza risorse – possono essere tranquillamente espulsi o tenuti nel precariato per quindici anni o più. Ebbene, noi “eccellenti” vincitrici e vincitori del finanziamento europeo Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) – Global Postdoctoral Fellowship, non solo deprechiamo la spietata logica della competizione che punta a frazionare ulteriormente il precariato, ma denunciamo anche come questa retorica serva solo a mascherare il vero problema dell’Università italiana: il cronico definanziamento e il drammatico taglio di 600 milioni al Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), con cui si sostiene la ricerca pubblica.

Se da un lato ciò implicherà l’espulsione di migliaia di ricercatori precari, dall’altra non consentirà nemmeno la stabilizzazione di quelle “eccellenze” che il Ministero dichiara di voler attrarre e trattenere. Il recente emendamento Occhiuto al decreto-legge Valditara (DL 1445) si inserisce pienamente in questo quadro: fa rientrare la riforma Bernini dalla finestra con la scusa di non perdere i fondi europei, strumentalizzandoci per introdurre nuove forme contrattuali che penalizzeranno ulteriormente tanto i suddetti “meritevoli”, quanto il resto del precariato italiano.

Va detto chiaro e tondo: non è affatto vero che in Italia adoggi non esistono strumenti per inquadrare i vincitori di borse post-doc MSCA. Non esistono, al limite, contratti di dottorato per assumere correttamente i vincitori di dottorati MSCA.

E dunque, eccoci, noi “ricercatori speciali”: siamo qui, con le nostre pubblicazioni, il nostro plurilinguismo, le nostre ricerche all’estero ad aspettare una chiamata in ruolo che sembra destinata a non arrivare, per quanto le prestigiose borse europee da quasi mezzo milione di euro che abbiamo ottenuto consentirebbero di stabilizzarci con costi notevolmente ridotti. Abbiamo accettato il gioco del capitale umano e lo abbiamo vinto. Peccato poi dover scoprire che non c’era alcun premio in palio. Il messaggio è chiaro: nessuna eccellenza tra queste macerie.

Quando il 10 febbraio 2025 abbiamo vinto la tanto agognata MSCA Postdoctoral Fellowship abbiamo fatto i salti di gioia. Quella borsa per noi significava non solo la possibilità di crescere professionalmente acquisendo preziose competenze nei migliori atenei extra-europei, ma anche un riconoscimento delle nostre capacità e un’opportunità di stabilizzazione. Infatti, molti di noi avevano presentato domanda attratti dalla possibilità, spesso pubblicizzata dagli Atenei italiani, di accedere alla chiamata diretta come Ricercatore Tenure-Track (RTT).

Queste tre parole dicono poco a chi è estraneo al mondo accademico, ma rappresentano una meta per chi intraprende la carriera universitaria: si tratta di un contratto da ricercatore con tutte le garanzie fiscali e previdenziali di un lavoratore dipendente, uno stipendio dignitoso e la prospettiva del passaggio a Professore Associato dopo un massimo di sei anni. Insomma, un contratto da RTT rappresenta pressoché la fine del precariato e una possibilità concreta di ottenere una cattedra. Questo ha motivato le decine di vincitori italiani della Global Fellowship, che rappresentano una grossa fetta di quelli a livello globale.

Eppure, questo incredibile risultato non è stato né riconosciuto, né valorizzato. Anzi, le e-mail di congratulazioni della Commissione Europea hanno raggiunto Atenei completamente sguarniti degli strumenti e delle direttive per gestire il nostro inquadramento contrattuale. Di fronte all’abolizione lungamente programmata degli assegni di ricerca, un contratto di ricerca non ancora pienamente operativo per le inadempienze del Governo e un problematico progetto di riforma del pre-ruolo che, al momento dell’uscita delle graduatorie, non sarebbe stato comunque né pronto, né adeguato al framework europeo sulla ricerca, il Ministero non aveva predisposto alcuna misura per gestire la fase transitoria. A questo punto, gli Enti italiani hanno preso tempo, chiedendo alla Commissione Europea una proroga motivata dalla mancanza di una forma contrattuale adatta alle borse Marie Curie. Per le MSCA Global da almeno 36 mesi una forma contrattuale, però, esisteva ed era proprio l’RTT per la possibilità di chiamata diretta prevista dal DM 919/2022.

Intanto, a marzo è diventato operativo il contratto di ricerca, che, per lo stesso DM, dava la possibilità di contrattualizzare anche le borse European, altro schema di finanziamento Marie Curie per ricercatori post-dottorato. Eppure, si è mantenuta una situazione di stallo fino al 2 aprile, con l’arrivo dell’ultimatum della Commissione Europea che imponeva agli Enti italiani di garantire un contratto ai vincitori entro il 16 dello stesso mese, pena la perdita del finanziamento. Così, in maniera frettolosa e non concertata, ciascun Ateneo ha deciso caso per caso come inquadrare i vincitori di queste borse e, non trovando risposte dal MUR, hanno continuato ad applicare forme contrattuali in deroga, come l’assegno di ricerca, o che disattendono il DM 919, come RTDa o contratti di ricerca per gli MSCA Global Fellows, portando a trattamenti diversi, pur a parità di borsa e di carriera, anche all’interno dello stesso Ateneo. Una linea guida comune però c’era: non stabilizzare nessuno.

Infatti, i recenti tagli al FFO, silenziosi ma devastanti, hanno imposto un freno sostanziale alle spese per il reclutamento universitario. Siamo quindi rimasti molto sorpresi quando abbiamo visto i nostri fondi citati sui giornali non per raccontare questa situazione, ma per giustificare la necessità di introdurre nuove forme di lavoro ancor meno garantite, come l’incarico post-doc e l’incarico di ricerca. I giornali parlavano ambiguamente di “fondi MSCA” per riferirsi in realtà al solo schema di finanziamento per borse di dottorato.

Il problema in questione è che anche queste borse europee prevedono un contratto di lavoro vero e proprio, cosa difficile in un Paese che non riconosce i dottorandi come lavoratori, e che apre quindi la strada al ritorno del “non-contratto”.

Abbiamo deciso di prendere pubblicamente parola come vincitori di MSCA dopo avere letto articoli e commenti strumentali sulla nostra condizione, per dire che non permettiamo che la retorica dell’eccellenza venga usata in nostro nome per reintrodurre nuove forme di precariato. Vogliamo una ricerca nazionale con un piano di assunzioni e finanziamento strutturati, che non si basi solo sulla nostra capacità di procurare fondi esterni e che ci permetta di restare sul lungo termine nella nostra nazione, nei nostri Atenei. Apprezziamo le garanzie del contratto di ricerca e dell’RTT e chiediamo che ci sia coerenza di trattamento per i vincitori della stessa borsa, con adeguamenti ad hoc per progetti internazionali, com’era difatti previsto anche per gli assegni di tipo “grant”. Inoltre, chiediamo al MUR di intervenire sulla vera problematica delle MSCA Postdoctoral Fellowship, ossia la tassazione dei nostri contratti sui periodi di mobilità all’estero e le indennità familiari per chi ha partner e figli a carico.

Troviamo infatti irragionevole e penalizzante che i fondi aggiuntivi che la Commissione Europea prevede e stanzia per avere salari e diritti in linea a quelli dei Paesi extra-UE in cui vivremo vengano erosi in Italia dall’applicazione degli scaglioni più alti dell’IRPEF, costringendoci a un lavoro povero e precario non solo qui, ma anche all’estero.

Chiediamo infine che il MUR ci dimostri che i “cervelli” non vuole solo richiamarli, ma anche trattenerli in Italia, allocando dei fondi per la nostra stabilizzazione con chiamata diretta come RTT.

Siamo convinti che sia interesse strategico dell’Italia investire nella ricerca e nelle sue “eccellenze”. Con estrema preoccupazione dobbiamo però segnalare come anche il prestigio si traduca in un drammatico spreco di risorse umane ed economiche in assenza di un adeguato finanziamento capace di garantire il futuro della ricerca italiana tutta e del Paese.

I firmatari, in ordine alfabetico:
Sara Belelli, Progetto LandVoICE (Università della Tuscia – Carleton University, Ottawa), Tommaso Bianconi, Progetto DEF-TUBES (Politecnico di Milano – University of Wisconsin-Madison) Filippo Bonafè, Progetto MITO (Università di Bologna – ETH Zürich), Francesca Campani, Progetto OBSEX (Università di Padova – Yale University), Tommaso De Robertis, Progetto JOPHIL (Università di Macerata – University of Toronto) Antea Enna, Progetto AMIN_MENA (Università Ca’ Foscari – University of Jordan), Beatrice Falcucci, Progetto LIANAS (Università degli Studi di Firenze – University of Houston) Stefano Locatelli, Progetto EduMoney (Università degli Studi di Milano – Fordham University) Mario Loconsole, Progetto AdVeCtio (Università del Salento – New York University), Chiara Lovotti, Progetto RuMEA (Università Ca’ Foscari – Harvard University), Olimpia Malatesta, Progetto ECOPLANAGE (Università di Bologna – Boston University), Carlo Andrea Mattei, Progetto METALLICUS (Università degli Studi di Firenze – University of California, Berkeley), Luca Quaglia, Progetto EcoRPCchem (Università degli Studi di Torino – ETH Zürich) Riccardo Rinaldi, Progetto BRIDGE (Università di Parma – UESTC Chengdu), Gianluca Sampaolo, Progetto REALISE (Università di Macerata – University of California, Berkeley) Simone Sari, Progetto LEXLLULL (Università “La Sapienza” – Université de Genève), Fabio Sarto, Progetto SMA-RT (Università di Padova – Harvard University), Chiara Suanno, Progetto EXIT PLAN (Università di Bologna – Universität Zürich), Elisa Todarello, Progetto APARAX (Università di Torino – University of California,Berkeley) Rossana Tufaro, Progetto SoHRI67 (Università “La Sapienza” – Rice University), Massimiliano Vassalli, Progetto TRAVELS (Università “La Sapienza” – University of Toronto), Elena Aggius-Vella, Progetto ProprioMaps (Università di Bologna – Université de Lausanne).

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