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Le donne contro guerra e genocidio si organizzano

A maggio 2025 abbiamo risposto all’appello lanciato da Donne de Borgata per la costruzione di un percorso di donne e persone queer contro la guerra e il riarmo, verso la manifestazione che il 21 giugno ha riempito le strade di Roma con la parola d’ordine “Disarmiamoli!”.

In tante, da tutta Italia, abbiamo risposto a questa chiamata perché stanche di sentir parlare di “pace” da chi invece ha portato avanti e favorito politiche di riarmo e ha tenuto un silenzio – complice – di fronte alle atrocità del genocidio in Palestina per mano di Israele.

Nelle ultime settimane abbiamo poi partecipato alle tante mobilitazioni in tutta Italia in solidarietà con il popolo palestinese e per denunciare la natura di Israele, uno stato colonialista e terrorista, difeso dai governi occidentali come avamposto di “democrazia” e “civiltà” in Medio Oriente: uno stato che strumentalizza le istanze delle donne e persone LGBTQ+ per giustificare il genocidio in Palestina.

Ed è con la rabbia per gli oltre 76 mila morti in 2 anni – di cui tantissimi bambini e bambine – e in solidarietà alle coraggiose e ai coraggiosi attiviste e attivisti della Global Sumud Flotilla che abbiamo sostenuto e partecipato agli scioperi del 22 settembre e del 3 ottobre, partecipato alle “piazze Gaza” organizzate in tutta Italia, bloccato città e infrastrutture a partire dall’appello dei portuali a “bloccare tutto”.

Ci siamo trovate così a condividere una necessità: organizzarci per portare all’interno di quelle mobilitazioni oceaniche di lavoratrici, lavoratori, studenti, famiglie, precarie e precari la voce e le istanze delle donne e persone queer che si oppongono al genocidio e alla complicità del governo Meloni, così come al riarmo in atto e al finanziamento della “difesa” comune europea, ovviamente a discapito della spesa sociale. E affermare che tutto questo non può avvenire in nostro nome.

Le statistiche parlano chiaro: la stragrande maggioranza della popolazione italiana è contro la guerra e supporta la resistenza palestinese. Una maggioranza di persone che non si sente rappresentata dalle donne che indossano la maschera della democrazia e del pacifismo ma che invece attuano politiche di guerra: parliamo di Giorgia Meloni, presidente del consiglio in Italia, Ursula Von der Layen, presidente della commissione europea e la stessa Schlein, capo di una inesistente opposizione al governo Meloni.

Donne che hanno utilizzato le loro posizioni di potere per veicolare il messaggio – guerrafondaio – di dover difendere a tutti i costi il presidio democratico dell’Occidente contro quanti non erano allineati ai suoi interessi. Lo abbiamo visto in Ucraina, in Medio Oriente e ora la recente assegnazione del Nobel per la Pace a Machado fornisce un altro esempio in Sud America.

Queste sono quelle che definiamo le “signore della guerra”.

D’altronde non è la prima volta nella storia che attraverso le donne si giustifica il passaggio a tempi di guerra. Basti pensare alla “Lady di ferro” Margaret Thatcher e al ruolo che ha avuto negli anni Ottanta nell’attuare politiche guerrafondaie, rafforzare il neoliberismo, ridurre all’osso lo stato sociale e smantellare qualsiasi ipotesi organizzativa dei lavoratori e delle lavoratrici.

Insomma, possiamo dire che pink-rainbowashing e peacewashing al femminile non sono cose nuove. Nel corso della storia ci sono sempre state donne che hanno voluto la guerra, donne che non si sono schierate, donne che invece le hanno subite e donne che hanno lottato contro la barbarie della guerra.

Da un lato abbiamo, quindi, le signore della guerra e tutte quelle donne privilegiate che alimentano la cultura dell’ipercompetitività, della prevaricazione e dello sfruttamento, travestendola da empowerment femminile.

Dall’altro lato in passato ci sono sempre stati movimenti di donne che si sono opposte attivamente alla guerra o hanno contribuito ai movimenti di liberazione nazionale, come quelli in Vietnam, in Algeria e in Palestina. Oggi, provando a seguire il loro esempio, ci siamo noi. Lavoratrici, studentesse, migranti, donne, ragazze e persone queer delle periferie che hanno visto negli anni sempre più lesi i propri diritti e le proprie tutele.

Non avere la sicurezza di un tetto, di un lavoro sicuro, di una sanità pubblica ed efficiente, di una scuola che offra modelli e opportunità di emancipazione sociale e culturale sono una condanna per tantissime in questo paese, nonostante le istituzioni millantino la posizione di spicco dell’Italia sul piano internazionale.

Perché mentre l’informazione mainstream diffonde notizie di crescita economica e occupazionale del nostro paese, facciamo i conti con una realtà ben diversa: disoccupazione femminile e gender gap, mancanza di servizi (asili nido, CAV, consultori, trasporti, sanità, educazione alla sessualità e all’affettività, spazi culturali, ecc.), violenza sulle donne e di genere e un impoverimento culturale e relazionale che degrada i rapporti affettivi, familiari e sociali incoraggiando la prevaricazione e la violenza che sono ormai tratti distintivi del sistema in cui viviamo.

Di fronte a tutto questo sentiamo il bisogno di organizzarci e far sentire la nostra voce, per essere protagoniste, da donne e da libere soggettività, di un dibattito e di un agire politico con al centro gli interessi di chi finora è stato oppresso e ignorato, con lo sguardo verso tutte e tutti quelli che da un capo all’altro del mondo lottano per la liberazione propria e del proprio popolo. Dai nostri territori, dalle periferie, dai posti di lavoro, dalle scuole e dalle università è tempo di organizzarci contro le signore della guerra e contro chi soffia venti di guerra mentre smantella tutele sociali, per la costruzione di un’alternativa sociale.

La resistenza Palestinese e le mobilitazioni dell’ultimo mese ce l’hanno insegnato. Insieme dobbiamo e possiamo cambiare lo stato di cose presenti.

Nasce così la campagna delle donne contro guerra e genocidio. Ci trovate nelle strade, nelle piazze, nei dibattiti e nelle mobilitazioni, a partire dalle assemblee per la Palestina che animeranno i nostri territori nelle prossime settimane. Vieni a conoscerci e organizzati con noi!

Contattaci per attivarti nella tua città!

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