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Né buoni né cattivi: NO TAV

 

La giornata di sabato 30 Luglio è stata invece una chiara prova di forza e autodeterminazione che la valle ha voluto dare a tutti quelli che hanno contribuito a costruire un clima di paura e sospetto verso il movimento no tav. Sono state tante le persone che hanno voluto esserci. Più di 10.000 tra anziani, giovani e bambini assieme a vecchie facce di tutti i movimenti di opposizione italiani hanno costruito una giornata importantissima che ha saputo ancora una volta unire e non dividere un movimento che della pluralità di composizione e pratiche ha fatto la sua forza. Dove questa volta la determinazione era dare la prova di compattezza e di –disciplina-. A nulla sono valsi gli appelli del PD e della SEL per depotenziare la manifestazione.

“Prassi-teoria e prassi” è una massima sempre attuale che ci viene dal movimento rivoluzionario del ‘900 ma che negli ultimi anni aveva perso tutto il suo significato. La Val Susa e il movimento No Tav hanno però recuperato questa massima, l’hanno fatta propria e hanno reso uno dei più interessanti e importanti movimenti popolari degli ultimi anni una scuola di formazione per tutto il “movimento” italiano.

La giornata del 30 luglio ha dimostrato ancora una volta come questo movimento abbia fatto dell’esperienza concreta di gestione e costruzione di un movimento popolare la verifica delle proprie intuizioni e volontà. Ancora una volta i no tav hanno praticato e hanno espresso ciò che volevano esprimere senza cadere nella trappola che portava a dividersi tra “buoni” e “cattivi” tra “violenti” e “non violenti” che è stata fatale per molti dei movimenti e delle situazioni di lotta degli ultimi anni. Nasce dall’esperienza concreta e dalla consapevolezza di non aver amici e di non dover rispondere al “palazzo” questa estrema volontà di tener unito il movimento, di non lasciarsi dividere dalle menzogne dei giornali e dei media di regime . La consapevolezza è alta, non ci sono più spazi di mediazione e ognuno deve avere lo spazio per esserci per esprimere tutta la propria rabbia. Lo hanno detto e praticato: il movimento contro la linea ad alta velocità Torino -Lione non ha padroni e sono i comitati i presidi e i valligiani a dettare le linee di condotta. Sono loro a decidere quando assediare il cantiere o quando sfilare pacificamente ma con determinazione per mettere a tacere tutti quelli che hanno giustificato le violenze della polizia con la retorica sui “Black Bloc”

Per chi sta attraversando questa lotta, pur non vivendo in quella valle ma per convinzione e solidarietà politica, salta agli occhi come questa mobilitazione concreta in difesa del territorio abbia saputo dare spazio di confronto e dialogo tra diverse realtà del “movimento” italiano che in passato non hanno fatto altro che cercare pretesti per dividersi e ribadire le rispettive differenze, anche perché incapaci di praticare una linea indipendente dalla “politica di palazzo”. Ci sono i centri sociali, i sindacati conflittuali, i comunisti di ogni tendenza, i pacifisti gli anarchici e il cattolicesimo di base, di fronte a una lotta concreta che nulla ha a che fare con i giochi della politica elettorale cercano il punto di unità e non quello di scontro tra –sette-. L’avversario per una volta è comune e fa chiarezza tra chi si trova da una parte e chi dall’altra della barricata. L’opposizione istituzionale, ad eccezione del Movimento 5 Stelle, è assente e non apre spazi. Hanno tentato fino all’ultimo di recuperare, di rendere anche questa protesta spazio di manovra contro il berlusconismo ma qui c’è la consapevolezza che l’avversario non è che in minima parte interno. L’avversario questa volta è immediatamente identificato oltre che con il governo con la bandiera blu stellata dell’Unione Europea e del suo progetto di sviluppo che ignora le popolazioni e annulla le diversità nazionali a vantaggio delle grandi compagnie sovranazionale che della mobilità e della velocizzazione dei trasporti hanno fatto il loro cavallo di battaglia per favorire l’internazionalizzazione della produzione e le conseguenti delocalizzazioni, la cosiddetta accumulazione flessibile. È per questo che non è raro incontrare tra i no tav i piccoli proprietari valligiani e torinesi consapevoli che questa è un’opera pericolosa non solo per l’integrità ambientale della valle ma anche per tutta la parcellizzata economia produttiva nazionale. È per questo che l’europeista Partito Democratico e le sue propaggini (SEL e IDV) e i suoi sindacati di riferimento prendono le dovute distanze dalla resistenza che la valle sta esprimendo da ormai 20 anni e che non accenna a volersi attenuare preparando anzi un autunno di intense mobilitazioni.

Le battaglie per la difesa dei beni comuni, con in testa la battaglia contro la Tav in Val Susa, protagoniste di questa anomala estate italiana si trovano ora davanti alla sfida di doversi innestare con le rivendicazioni sociali ed economiche che stanno covando in tutto il mondo del lavoro e nella società italiana. Di fronte alla più pesante manovra economica degli ultimi decenni e a una finanza nazionale che sta subendo duri attacchi da parte della speculazione internazionale ci aspetta un autunno di forti tensioni e conflitti sociali. Spetta alla politica e alle alternative concrete che le organizzazioni popolari e progressiste sapranno prospettare trovare il nesso tra queste lotte e far si che si rafforzino a vicenda. Non ci si deve del resto inventare molto visto che l’entità che sta facendo accelerare l’amministrazione italiana sul progetto Tav così come sulle privatizzazioni è la stessa che sta imponendo i tagli alla spesa pubblica e le politiche di austerità a tutti i paesi del mediterraneo e si chiama: Unione Europea. Per dirla come i valsusini “a sarà dura” rispondere a questo nemico che ci sembra tanto pericoloso quanto lontano ma se la determinazione e la volontà saranno le stesse che abbiamo visto tra i paesi di quella valle possiamo sicuramente dire che c’è una speranza e che il sentiero da seguire non è poi così buio.

 

*Rete dei Comunisti

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