Il forte dispiegamento della polizia ha visualizzato nella città una situazione di estrema tensione. A metà serata, via Roncadelle è stata praticamente occupata da parte dei manifestanti antifascisti con cori e striscioni.
“Vogliamo le dimissioni di Milani, che si presenta a un convegno con quelli che si definiscono i fascisti del terzo millennio a nome dell’associazione che guida – denuncia Giuseppe Corioni, della Rete Antifascista bresciana – è vergognoso”. “Dopo la sentenza sulla strage CasaPound cerca di legittimarsi politicamente attraverso squallidi momenti di rivisitazione storica” sottolinea opportunamente Walter Longhi.
Manlio Milani e CasaPound rispediscono le accuse al mittente “Non sono qui a nome dell’associazione che rappresento, ma solo come Milani – precisa, pregando CasaPound di precisarlo nella locandina -: non parlerò del processo, o del terrorismo di sinistra. Cercherò invece di affrontare con voi un percorso, che parte da me e finisce con me. Ho accettato – ribadisce – perché in questa memoria distratta dell’Italia che preferisce rimuovere gli anni’70, è necessario andare oltre le nostre diversità e incontrarci, senza limitarci ad osservare l’orrore in quanto tale, ma nel tentativo di trovare nella memoria elaborata degli insegnamenti utili rispetto al presente e al domani”.
Un ragionamento questo che coincide esattamente con quello di Adriano Scianca di CasaPound, ideatore dell’incontro insieme a Pietro Falagiani e da Gabriele Adinolfi, due ben noti personaggi del neofascismo italiano): “Questo è un incontro epocale nel panorama politico nazionale – dice Scianca – Manlio è l’esempio di quel coraggio intellettuale che ci vede qui per parlare di stragismo come una ferita aperta nel cuore del Paese e come qualcosa che non ci appartiene naturalmente”.
Dal cuore e dalla storia ferita di Brescia giunge dunque un altropassaggio di quella operazione di rovescismo storico – per dirla con il prof.Angelo D’Orsi – che continua a offuscare qualsiasi chiave di lettura coerente della storia più recente del nostro paese, una storia in cui i gruppi neofascisti hanno potuto godere di complicità operativa nello Stato e che oggi agisce sul terreno della comunicazione.
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