Un mercoledì di sangue, tra l’Afghanistan e la confinante provincia nord-occidentale del Pakistan. Almeno 12 persone sono rimaste uccise, e un’ottantina ferite, negli scontri scoppiati nella cittadina di Taloqan, provincia di Takhar, Afghanistan settentrionale, durante una protesta contro l’ennesimo raid notturno della Nato, che ha fatto 4 morti – due uomini e due donne- appena fuori città.
I comandi della Nato-Isaf dicono che gli uccisi erano «insorti»; gli abitanti e la polizia locale dicono invece che erano semplici civili.. Certo è che i «raid notturni», rastrellamenti che secondo la Nato servono ad arrestare ribelli, seminano il terrore tra la popolazione e suscitano le proteste dello stesso governo di Hamid Karzai.
Ieri a Taloqan circa duemila manifestanti hanno esposto i corpi delle quattro vittime dell’ultimo raid sulla piazza principale della città. Urlavano slogans contro gli Stati uniti e contro il presidente Karzai; hanno tirato pietre contro una base militare tedesca e un posto di polizia. E’ intervenuto l’esercito afghano, con rinforzi dalla vicina regione di Kunduz. E i militari afghani non ci sono andati per il sottile nel «riprendere il controllo» della piazza.
Altro sangue ieri a Jalalabad, la città più importante dell’Afghanistan orientale. Qui un attentatore suicida si è lanciato con un’auto-bomba contro un autobus che trasportava cadetti della polizia: 13 morti e almeno una ventina di feriti, poliziotti e civili. Secondo le autorità, l’attacco rientra nella «offensiva di promavera» dichiarata all’inizio del mese dai Taleban.
Altre notizie vengono dall’altro lato della frontiera. Ancora sangie: la notte tra martedì e mercoledì un centinaio di ribelli armati ha lanciato un assalto contro un posto di sicurezza alle porte di peshawar, grande città capoluogo della porvincia nordoccidentale del Pakistan e «confine» con i distretti semisutonomi tribali. la polizia ha impiegato 5 ore per respingere l’attacco; 2 poliziotti e 15 ribelli sono rimasti uccisi.
Poi ci sono i movimenti dietro le quinte. Secondo il Wall Street Journal, il servizio di intelligence militare militare pakistano (Isi) sta cercando di spingere gli insorti della «rete Haqqani» a negoziati di pace con il governo di Karzai. Il clan Haqqani, alleato dei Taleban, ha la sua roccaforte nel distretto «tribale» pakistano del Waziristan settentrionale, dive gli Usa hanno di recente intensificato i loro raid con droni telecomandati. L’esercito pakistano però resiste alla richiesta Usa di lanciare un’offensiva sul terreno contro i ribelli (che considera proprie pedine nel gioco afghano). Intanto il quotidiano britannico The Telegraph afferma che contatti diretti tra gli Usa e i Taleban (afghani) sono ormai in corso e sono accelerati dopo la morte di Osama bin laden, con almeno tre incontri avvenuti negli ultimi giorni con emissari del leader taleban Mullah Omar.
I comandi della Nato-Isaf dicono che gli uccisi erano «insorti»; gli abitanti e la polizia locale dicono invece che erano semplici civili.. Certo è che i «raid notturni», rastrellamenti che secondo la Nato servono ad arrestare ribelli, seminano il terrore tra la popolazione e suscitano le proteste dello stesso governo di Hamid Karzai.
Ieri a Taloqan circa duemila manifestanti hanno esposto i corpi delle quattro vittime dell’ultimo raid sulla piazza principale della città. Urlavano slogans contro gli Stati uniti e contro il presidente Karzai; hanno tirato pietre contro una base militare tedesca e un posto di polizia. E’ intervenuto l’esercito afghano, con rinforzi dalla vicina regione di Kunduz. E i militari afghani non ci sono andati per il sottile nel «riprendere il controllo» della piazza.
Altro sangue ieri a Jalalabad, la città più importante dell’Afghanistan orientale. Qui un attentatore suicida si è lanciato con un’auto-bomba contro un autobus che trasportava cadetti della polizia: 13 morti e almeno una ventina di feriti, poliziotti e civili. Secondo le autorità, l’attacco rientra nella «offensiva di promavera» dichiarata all’inizio del mese dai Taleban.
Altre notizie vengono dall’altro lato della frontiera. Ancora sangie: la notte tra martedì e mercoledì un centinaio di ribelli armati ha lanciato un assalto contro un posto di sicurezza alle porte di peshawar, grande città capoluogo della porvincia nordoccidentale del Pakistan e «confine» con i distretti semisutonomi tribali. la polizia ha impiegato 5 ore per respingere l’attacco; 2 poliziotti e 15 ribelli sono rimasti uccisi.
Poi ci sono i movimenti dietro le quinte. Secondo il Wall Street Journal, il servizio di intelligence militare militare pakistano (Isi) sta cercando di spingere gli insorti della «rete Haqqani» a negoziati di pace con il governo di Karzai. Il clan Haqqani, alleato dei Taleban, ha la sua roccaforte nel distretto «tribale» pakistano del Waziristan settentrionale, dive gli Usa hanno di recente intensificato i loro raid con droni telecomandati. L’esercito pakistano però resiste alla richiesta Usa di lanciare un’offensiva sul terreno contro i ribelli (che considera proprie pedine nel gioco afghano). Intanto il quotidiano britannico The Telegraph afferma che contatti diretti tra gli Usa e i Taleban (afghani) sono ormai in corso e sono accelerati dopo la morte di Osama bin laden, con almeno tre incontri avvenuti negli ultimi giorni con emissari del leader taleban Mullah Omar.
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