Una ristrutturazione del debito greco non è la soluzione «giusta» e provocherebbe una «catastrofe». Lo ha detto l’esponente della Bce, Juergen Stark, nel corso di una conferenza in Grecia riportata dall’agenzia Bloomberg. «Una ristrutturazione del debito greco non è la giusta soluzione, provocherebbe una catastrofe» – ha detto Stark aggiungendo che «è una illusione credere che una ristrutturazione del debito o un haircut (taglio del valore nominale dei titoli di Stato ndr.) risolverà i problemi del Paese». Stark ha quindi messo in guardia da «qualunque tipo di ristrutturazione» poichè è più complicata di quanto si pensi, comporterebbe problemi in termini di collaterale della Grecia e soprattutto metterebbe in crisi le banche elleniche. Secondo Stark, per assicurare la «sostenibilità del debito greco» il Paese «deve implementare il programma» di risanamento finanziario perchè solo così Atene può essere «solvente».
I rappresentanti della «troika» – Fondo monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea – che, secondo la stampa ellenica, resteranno ad Atene fino alla settimana prossima per verificare lo stato di attuazione del piano di salvataggio Ue-Fmi per aiutare la Grecia ad uscire dalla crisi del debito, hanno messo di nuovo nel loro mirino gli stipendi e le pensioni degli impiegati statali e chiedono il licenziamento dei dipendenti di quelle società che dovranno smettere di funzionare e dei lavoratori con contratto a termine. Inoltre ora la troika, come fanno notare gli analisti greci – a metà strada dell’attuazione del piano di salvataggio chiede il consenso di tutti i partiti politici per dare luce verde all’assegnazione della quinta tranche di 12 miliardi di euro prevista per giugno prossimo. Naturalmente si tratta di una richiesta molto difficile, se non impossibile, da esaudire almeno per quanto riguarda i due partiti di sinistra i quali da sempre si sono dichiarati contrari alla firma del Memorandum che prevede sì la concessione alla Grecia di un prestito di 110 miliardi di euro, ma chiede in cambio le draconoane misure economiche prese finora dal governo e di altre ancora che probabilmente dovranno essere adottate molto presto. Antonis Samaras, leader di Nea Dimocratia, il principale partito d’opposizione di centro-destra, si è già espresso a favore di alcuni punti del programma economico a medio termine varato dal governo. Ha detto che voterà a favore del piano di privatizzazione delle maggiori società a partecipazione statale come la Deh, la compagnia di elettricità, e l’Ote, l’azienda per la telefonia, da cui il governo si è impegnato a ricavare 50 miliardi di euro da destinare alla riduzione del debito. Adesso il problema è per il premier Giorgio Papandreou il quale dovrà convincere i sindacalisti delle società da privatizzare, tutti o quasi tutti vicini al suo partito (il socialista Pasok) – oltre che i propri ministri e parlamentari del suo partito, della necessità dell’operazione e studiare insieme alla troika un programma economico a medio termine realistico di 30 miliardi che assicurerebbe alla Grecia la concessione della quinta tranche e, forse, l’estensione del termine di pagamento del suo debito, cioè quella che il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker ha definito una «ristrutturazione soft».
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