Un posto di frontiera dato alle fiamme, un campo Kfor evacuato per via dell’incendio, scontri fra militari della forza internazionale e gruppi di serbi kosovari: questo il bilancio di una serata di tensione alla frontiera tra Serbia e Kosovo.
Una situazione nata nei giorni scorsi dal reciproco boicottaggio delle importazioni e dalla decisione di Pristina di schierare al confine la propria polizia per vigilare sull’imposizione dell’embargIeri o. sera il comandante della Kfor, generale Erhard Buhler, ha detto che la situazione è tornata sotto controllo in tarda serata, e che gli estremisti serbi hanno attaccato i militari del contingente di pace con «razzi e colpi d’arma da fuoco».
Ieri sera si è registrata la ferma condanna da parte dell’alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, che ha parlato di «violenze inaccettabili» ed ha detto di aver parlato al telefono con il presidente serbo, Boris Tadic – il quale ha prontamente condannato l’accaduto – e con il premier kosovaro, l’ex terrorista a capo dell’Uck, Hashim Thaci, invitandoli a tornare al dialogo.
Gli scontri sono iniziati in serata: intorno alle 19 un gruppo di giovani serbi kosovari, con il volto coperto da un passamontagna, hanno distrutto con le ruspe i prefabbricati che contenevano gli uffici della polizia di frontiera e dei doganieri di Jarinie, che hanno dovuto rifugiarsi in territorio serbo. Già nel 2008 lo stesso valico era stato dato alle fiamme, due giorni dopo la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo, nel febbraio del 2008. Le fiamme hanno costretto all’evacuazione anche un campo di militari del Kfor: è stata vista uscire una colonna di 20 mezzi e i soldati dovrebbero essere tutti polacchi.
Poi tafferugli sono scoppiati fra gli estremisti serbo-kosovari e i militari Kfor, che in un comunicato hanno detto di essere stati anche bersagliati con colpi d’arma da fuoco. Poco dopo si è diffusa la notizia che era stato dato alle fiamme anche il secondo valico, a Brnjak, che però è stato smentito poco dopo da Belgrado e anche da un portavoce di Eulex, la missione civile dell’Unione europea.
Il presidente della Tadic, ha subito stigmatizzato l’accaduto e invitato la minoranza serba del Kosovo a mettere un freno alle violenze. «Gli hooligan – ha detto – non fanno gli interessi nè dei serbi del Kosovo nè della Serbia». L’incendio, secondo il capo del team negoziale di Belgrado con Pristina, Borislav Stefanovic, è un «atto criminale commesso quando eravamo molto vicini a una soluzione, un colpo alle speranze dei serbi del Nord del Kosovo». (ANSA).
La notte scorsa le forze di polizia kosovare si erano ritirate dopo aver consentito l’insediarsi del personale nei due valichi doganali incaricati di applicare la misura decisa da Pristina. La presenza dei poliziotti, nei giorni scorsi, aveva creato frizioni con la popolazione della minoranza serbo- kosovara, particolarmente colpita dall’embargo. Ieri un poliziotto era morto colpito da un proiettile e altri quattro erano rimasti feriti, uno per l’esplosione di un ordigno e altri tre per un lancio di sassi. Oggi della situazione si occuperanno anche le Nazioni Unite con una riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza, che ha accettato la richiesta di una seduta urgente arrivata oggi da Belgrado. Ad originare la guerra doganale tra Serbia e Kosovo è stata la decisione presa nei giorni scorsi da Pristina di bloccare alla frontiera le merci di Belgrado. Una decisione presa in risposta all’embargo della Serbia sui prodotti etichettati «made in Kosovo», la cui legittimità non è riconosciuta.
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