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Un G7 da paura, con gli occhi puntati alle borse lunedì mattina

È stato una giornata dedicata a come risollevare economicamente i paesi della ‘primavera araba’ e ad accogliere la Libia nel seno dell’Fmi ma sul vertice G8 di Marsiglia, che ha seguito il formato G7 di venerdì, ha continuato a incombere la recessione mondiale e soprattutto la crisi del debito sovrano con il rischio sempre più alto di un default della Grecia. Ipotesi, non a caso, seccamente smentita da un vibrante discorso dal ministro delle finanze di Atene Evangelos Venizelos secondo cui il paese è «un momento critico» e i prossimi «2 mesi saranno decisivi» e si impegna a onorare i suoi debiti.

A fare ‘mea culpa’ e smorzare la speculazione causata dal proprio rapporto sulle banche Ue è stata poi il segretario dell’Fmi Christine Lagarde. Giorni fa il Fondo aveva, per la verità in una bozza di un rapporto ancora non completo, quantificato in 200 miliardi di dollari la necessità di capitale delle banche Ue scatenando una nuova ondata di panico e le dure repliche di diversi paesi, in primis la Germania che ne contestava la metodologia ma anche le banche centrali e la Bce. Queste pur non citandolo direttamente replicavano che il sistema, che ha superato da poco gli stress test, ha sufficiente liquidità ed è in grado di resistere a shock maggiori. E al Global Economy Meeting di di Basilea domenica e lunedì si terrà anche una riunione dell’Fsb di Mario Draghi.

In quella sede i banchieri centrali discuteranno del rallentamento globale, delle regole e della salute del sistema finanziario. Di certo, il rapporto Fmi, «è stato male interpretato» ha affermato la Lagarde rilevando che non si tratta nè di uno stress test nè di un calcolo sulla capitalizzazione necessaria. Una precisazione necessaria anche perchè in questi giorni sono circolate voci di una mancata adesione delle banche private al piano di riscadenzamento del debito greco e di un piano B della Germania.

Tutte ipotesi smentite a Marsiglia dal ministro delle finanze di Berlino Wolfgang Schaeuble. Va detto che la situazione greca è grave e, ha riconosciuto Venizelos, il Pil del Paese quest’anno subirà una contrazione del 5%. Il ministro ha spiegato come i rumors di un default del paese sono tentativi di «colpire l’euro e il cuore dell’eurozona, non la Grecia». Intanto la Germania porterà all’Ecofin della settimana prossima in Polonia nuove proposte congiunte con i francesi sul futuro della governance europea. Dove i tedeschi non ci vogliono sentire è invece su piani e misure straordinarie anti recessione: la Germania continua a crescere, peraltro, e non si può deviare dal rigore sui conti pubblici, appoggiati in questo dalla Bce e dalla Commissione Ue. Un grande assente del vertice di Marsiglia è invece il tema cambi. Il Giappone (la Svizzera, altra protagonista, non è presente nei due formati), per voce del ministro delle finanze Jun Azumi ha affermato che è necessario limitare la volatilità dello yen e che essi hanno compreso nonostante alcuni Paesi abbiano espresso preoccupazione sugli sforzi di limitare gli aumenti delle valute.

Fiato sospeso, dunque, per l’apertura dei mercati lunedì. Si preannuncia una seduta nervosa con pochi spazi per un rimbalzo dopo lo strappo tedesco nella Bce e le voci di un default della Grecia, che hanno affossato i mercati venerdì. Sui listini del Vecchio Continente, che nell’ ultima settimana hanno lasciato sul terreno un altro 10% (-9,92% l’indice Eurostoxx 50), restano i timori sulla tenuta della zona euro e le conclusioni del G7 non paiono poter gettare molta acqua sul fuoco.

A Marsiglia è stata annunciata venerdì notte una «risposta internazionale forte e coordinata» e un impegno al taglio del debito e di consolidamento dei bilanci pubblici attraverso politiche che non mettano a rischio la crescita. Nella stessa sede Francia e Germania sono poi tornate alla carica con la proposta di tassare le transazioni finanziarie.

In questo contesto L’Italia rimane osservata speciale e non solo per la spaccatura consumatasi con le dimissioni di Jurgen Stark dal board dell’Eurotower in polemica sul programma di acquisto di governativi italiani e spagnoli. L’idea, ormai diffusa tra gli investitori, è che la manovra potrebbe non essere sufficiente a riequilibrare i conti pubblici e che quindi, a stretto giro, se ne dovrà fare un’altra. «La manovra, che peraltro deve essere ancora approvata, implica una crescita dell’1,8%, ma visto che la crescita con ogni probabilità si fermerà all’1%, la convinzione del mercato è che presto si dovrà mettere in cantiere un altro intervento», argomenta il responsabile di una sala operativa.

«A torto o a ragione i mercati ormai scommettono sull’incapacità di questo governo di far fronte alla crisi» aggiunge un operatore che parla di «vagonate di derivati che si riversano sul mercato, come i Cds che lo stanno strozzando, uniti a voci spesso fatte circolare ad arte». In questa situazione «i listini non hanno neanche più la forza di rimbalzare». Questo, malgrado Milano, in linea con le altre borse del Vecchio Continente, nelle ultime cinque sedute abbia perso il 9,91% (è il caso del Ftse Mib), portando le perdite da inizio anno al 30,5% (-25,75% l’indice europeo).

Quanto ai titoli di Stato, lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi continuerà a essere influenzato dagli acquisti da parte della Bce. Il differenziale dei rendimenti venerdì è volato a 370 punti base, mentre il record resta quello toccato il 3 agosto a 390 punti.

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