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Svolta di Barak? “Aprire all’Anp”

Tutto da prendere con le molle. Sono 63 anni che certe cose vengono dette per puri problemi di competizione gra partiti politici isareliani. In ogni caso questo è il lancio d’agenzia.

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Ha aspettato la vigilia di Rosh Ha-Shana, il Capodanno ebraico, per alzare la voce. Ma alla fine il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha fatto schioccare la frusta col piglio del vecchio generale contro le posizioni più rigide dei colleghi di governo della destra nazionalista: indicando come priorità assoluta e necessaria per Israele la strada d’un rilancio del dialogo con l’Autorità palestinese (Anp) del presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas), attraverso qualche concessione concreta. Il nodo palestinese deve tornare a essere «la vera questione prioritaria d’Israele», in nome del suo stesso interesse nazionale e pena lo spettro d’un isolamento Irrimediabile, ha ammonito perentoriamente Barak – militare più decorato nella storia del sionismo, ma anche voce moderata d’un esecutivo a forte impronta destrorsa – in una lunga intervista a Maariv. Intervista pubblicata a pochi giorni dal braccio di ferro di New York fra Abu Mazen e il premier Benyamin Netanyahu sul riconoscimento Onu d’uno Stato palestinese. E all’indomani dell’ultima pioggia di critiche rovesciatasi su Israele dal mondo intero (Italia compresa) per l’annuncio di un nuovo progetto di costruzione d’alloggi ebraici a Gerusalemme est: la parte a maggioranza araba della Città Santa, occupata nel 1967, ma rivendicata dall’Anp quale capitale della futura Palestina. In una mezza dozzina di pagine di frecciate a tutto campo, Barak non le ha mandate a dire a due dei ‘falchì più influenti del governo: il vicepremier Moshe Yaalon (Likud) e il titolare degli Esteri, Avigdor Lieberman (Israel Beitenu). E ha invocato il miglioramento del clima negoziale con l’Anp come chiave di volta di una politica di contenimento delle minacce di radicalizzazione anti-israeliana che salgono da settori delle piazze della cosiddetta ‘primavera arabà e non solo. «Ovunque giriamo lo sguardo – Turchia, Egitto, Giordania – dobbiamo constatare che il processo politico con i palestinesi è la questione centrale: sul fronte delle nostre possibilità d’accordo con il mondo arabo, su quello del nostro legame con gli Stati Uniti, su quello del ridimensionamento dei tentativi di delegittimazione del nostro Paese», ha sottolineato. «Il dossier palestinese – ha aggiunto il ministro della Difesa – è divenuto un ‘magnetè nella composizione di forze che operano nel mondo contro di noi»: un fenomeno che solo una strategia di rinnovata apertura verso l’Anp può disinnescare. Di qui l’accusa ai ministri dalla ‘faccia ferocè: «Quanti pensano che l’unica cosa che possiamo fare sia annettere aree omogenee d’insediamento, o magari l’intera Cisgiordania, vivono in un mondo immaginario e non comprendono cosa ci attende in futuro». Resta da capire quanto di queste riflessioni e inquietudini sia comune a Netanyahu, che in un’intervista parallela al Jerusalem Post ha mostrato di condividere in pieno l’allarme di Barak sulla crescente instabilità di aree come il Sinai egiziano. Ma ha tenuto duro su Gerusalemme est quanto sul ‘nò a nuove moratorie edilizie nelle colonie in Cisgiordania, conditio sine qua non per il ritorno di Abu Mazen alla trattativa. Un approdo che neppure l’ultima formula partorita dal Quartetto (Usa, Russia, Ue, Onu) sembra per ora poter avvicinare. In sintonia con Barak resta tuttavia almeno l’eterno Shimon Peres, che nelle settimane scorse aveva lavorato invano – sotto traccia, a colpi d’incontri segreti – a un compromesso in grado di far ripartire i negoziati con l’Anp. E che poi ha avuto cura di smarcarsi dalla polemica contro Abu Mazen, nei giorni del ‘duellò all’Onu, manifestandogli pubblica «stima» ed elogiandolo come «il migliore» dei partner di pace possibili. Un gesto al quale il rais palestinese ha risposto proprio oggi con una telefonata fra presidenti e gli auguri per il Capodanno ebraico. Nel quadro di un colloquio che lo staff di Peres ha tenuto a definire «molto amichevole».

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