Muammar Gheddafi è stato sepolto in una località segreta del deserto. Il corpo del rais, assieme a quello del figlio Mutassim e dell’ex capo dell’esercito libico era stato tenuto fino ad oggi in una cella frigorifera in un vecchio mercato di Misurata per essere mostrato alla gente. Ieri il Cnt ha annunciato la chiusura dei cancelli del mercato.
«Sarà una cerimonia semplice alla presenza di dignitari religiosi», aveva detto ieri alla Reuters una fonte del Cnt, aggiungendo che la decisione era stata presa dopo il fallimento delle trattative con la tribù di Gheddafi per la restituzione del corpo, che, ha affermato, non poteva essere più tenuto insepolto.
Il governo di transizione nazionale si libera così dell’ingombrante ‘presenza’ del rais ucciso – anche se continuano a susseguirsi le voci sul figlio Saif al Islam e i suoi tentativi di fuga – ma si trova ora ad affrontare un altro problema: le vendette consumate nella Libia liberata.
Oggi Human Right Watch ha denunciato il ritrovamento di una fossa comune in un albergo abbandonato di Sirte con i corpi di 53 lealisti chiaramente giustiziati: avevano le mani legate dietro la schiena. L’Ong ha chiesto l’avvio immediato di un’indagine. Gaddur, precisando di non avere riscontri che vi sia stata una strage di filo-gheddafiani, ha assicurato che il Cnt e l’ufficio esecutivo «si assumeranno le proprie responsabilità».
Ciò che sta accadendo in Libia in queste ore preoccupa del resto anche la comunità internazionale. Gli Usa hanno chiesto un’indagine contro le esecuzioni sommarie e, dopo l’appello lanciato nei giorni scorsi dal segretario generale dell’Onu Ban ki-moon ad evitare rappresaglie, oggi il portavoce dell’alto commissario per i diritti umani, salutando con favore la notizia della commissione d’inchiesta, è tornato a sottolineare la necessità di un processo giusto, «conforme ai trattati internazionali», per i prigionieri.
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