Nuovi scontri fra indigeni e soldati nel dipartimento del Cauca: dopo aver duramente contestato il Presidente “Jena” Santos lo scorso 11 luglio, le popolazioni originarie del Cauca hanno affrontato i militari del Battaglione di Alta Montagna n.8 della “Forza Tattica Apollo”, sgomberando il presidio militare che mantenevano sulla collina El Berlín, a una trentina di km ad ovest di Toribío.
Come atto simbolico della ribellione gli indigeni hanno sollevato e lanciato giù dalla collina un sergente, che è atterrato dopo un volo di dieci metri.
Alcuni soldati hanno poi esploso dei colpi in aria, e sparato gas lacrimogeni, senza però ottenere la ritirata degli indigeni, che hanno invece intimato ai militari di uscire dal loro territorio entro la mezzanotte.
Già da almeno una settimana le comunità indigene del Cauca avevano cominciato ad affluire verso la collina El Berlín, dove i militari presidiavano un’antenna per le comunicazioni dell’Esercito.
Come atto simbolico della ribellione gli indigeni hanno sollevato e lanciato giù dalla collina un sergente, che è atterrato dopo un volo di dieci metri.
Alcuni soldati hanno poi esploso dei colpi in aria, e sparato gas lacrimogeni, senza però ottenere la ritirata degli indigeni, che hanno invece intimato ai militari di uscire dal loro territorio entro la mezzanotte.
Già da almeno una settimana le comunità indigene del Cauca avevano cominciato ad affluire verso la collina El Berlín, dove i militari presidiavano un’antenna per le comunicazioni dell’Esercito.
Il governo ha poi mandato gli antisommossa per reprimere gli indigeni, provocando violenti scontri con un saldo di diversi feriti.
Sempre nel Cauca, gli indigeni hanno marciato sulla base militare di Huasanó, occupandola ed obbligando i soldati ad andarsene, mentre a Caldono hanno arrestato oltre 30 militari dopo che l’Esercito aveva assassinato un giovane.
Questa regione, territorio ancestrale di indigeni, vive una crisi profonda causata dall’abbandono assoluto dello Stato, e dal dominio della vecchia oligarchia narcolatifondista, che vive di rendita sulle spalle di una forza lavoro pesantemente sfruttata. La maggior parte dei suoi abitanti versa in condizioni di povertà, la disuguaglianza è impressionante, mancano servizi scolastici, case, sanità. E’ un’area in cui si manifestano tutti i problemi che vive l’intero paese: la necessità di una vera riforma agraria, la diseguaglianza, la miseria, la discriminazione razziale, la concentrazione della ricchezza, il paramilitarismo, la corruzione politica, la militarizzazione completa del territorio.
Ma questa regione è anche la dimostrazione lampante del fallimento del regime terrorista colombiano, espressione dei privilegi dell’oligarchia; la militarizzazione della zona voluta da Uribe e sostenuta con forza da Santos non ottiene i risultati sperati, e lungi dall’aver sconfitto la guerriglia, Santos non ha il benché minimo controllo del territorio ed è costretto a tornare con la coda fra le gambe a Bogotá.
Sempre nel Cauca, gli indigeni hanno marciato sulla base militare di Huasanó, occupandola ed obbligando i soldati ad andarsene, mentre a Caldono hanno arrestato oltre 30 militari dopo che l’Esercito aveva assassinato un giovane.
Questa regione, territorio ancestrale di indigeni, vive una crisi profonda causata dall’abbandono assoluto dello Stato, e dal dominio della vecchia oligarchia narcolatifondista, che vive di rendita sulle spalle di una forza lavoro pesantemente sfruttata. La maggior parte dei suoi abitanti versa in condizioni di povertà, la disuguaglianza è impressionante, mancano servizi scolastici, case, sanità. E’ un’area in cui si manifestano tutti i problemi che vive l’intero paese: la necessità di una vera riforma agraria, la diseguaglianza, la miseria, la discriminazione razziale, la concentrazione della ricchezza, il paramilitarismo, la corruzione politica, la militarizzazione completa del territorio.
Ma questa regione è anche la dimostrazione lampante del fallimento del regime terrorista colombiano, espressione dei privilegi dell’oligarchia; la militarizzazione della zona voluta da Uribe e sostenuta con forza da Santos non ottiene i risultati sperati, e lungi dall’aver sconfitto la guerriglia, Santos non ha il benché minimo controllo del territorio ed è costretto a tornare con la coda fra le gambe a Bogotá.
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