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La recessione colpisce il Giappone

Il prodotto interno lordo nel terzo trimestre si è contratto dello 0,9% (-3,5% annuale, se la tendenza venisse confermata anche nel trimestre successivo, come molte indicazioni fanno pensare). A determinare il pessimo dato hanno contribuito il calo dell’export (soprattutto verso Cina ed Europa), la diminuzione degli investimenti e il rallentamento della domanda interna. Ad aggravare la situazione il forte apprezzamento dello yen, che ha “beneficiato” della contemporanea svalutazione di euro e dollaro.
La Banca centrale – già autrice di due “espansioni” di politica monetaria – potrebbe aumentare i suoi acquisti di titoli per sostenerne il prezzo e garantire “liquidità” al sistema finanziario. Il ministro delle politiche economiche Seiji Maehara ha ammesso di non poter escludere che il Paese sia entrato in una fase recessiva, visto che export e produzione appaiono destinati a restare deboli, senza grandi miglioramenti nella domanda interna.
La ricostruzione post-tsunami aveva fatto da traino per la crescita generale dell’economia nipponica, ma la fine dei grandi lavori ha fatto vedere che questo “stimolo temporaneo” non ha lasciato nulla di stabile.
L’export, soprattutto, è diminuito del 5% da quando, alla fine dell’estate, è esplosa la polemica con la Cina per le “isole cntese”, che ha provocato una sorta di semi-boicottaggio delle merci nipponiche.
La Bank of Japan (BoJ) prenderà le misure monetarie al passo più appropriato per massimizzarne gli effetti anche sotto il profilo della crescita. «Non c’è dubbio che la BoJ debba fare ogni sforzo allo scopo di migliorare gli effetti dell’azione di allentamento nel tentativo di centrare i suoi obiettivi usando tutti gli stumenti a disposizione», ha detto il governatore Masaaki Shirakawa.

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