La multinazionale straniera Anglo American Platinum (Amplats) ha annunciato ieri la soppressione di 6000 posti di lavoro in un settore, quello minerario, già teatro nei mesi scorsi di mobilitazioni sindacali sfociate in feroci scontri con le forze dell’ordine. Responsabili lo scorso anno della strage di Marikana. L’azienda, un colosso nell’estrazione del prezioso metallo, ha precisato che la misura riguarderà essenzialmente i lavoratori del bacino di Rustenburg, polo minerario a 120 chilometri da Johannesburg, epicentro di un’ondata di scioperi lo scorso inverno.
La compagnia anglo-statunitense ha rivisto al ribasso un progetto di ristrutturazione aziendale, annunciato a gennaio, che prevedeva la soppressione di 14.000 posti di lavoro. La direzione ha dovuto mitigare le sue pretese di fronte alle proteste dei minatori, sostenuti dall’African National congress (Anc) al potere e dai sindacati, precisando comunque che un taglio degli impieghi sarebbe stato “inevitabile”. E ne ha confermati comunque ben 6000.
Il Sudafrica è la maggiore economia dell’area sub-sahariana. Diciotto anni dopo la fine del regime di apartheid, però, il paese è in preda a fortissime disuguaglianze sociali che in alcuni settori stanno addirittura aumentando. L’ondata di rivendicazioni dello scorso anno era stata alimentata dall’uccisione da parte della polizia di 34 minatori, che manifestavano di fronte all’ingresso di una miniera di platino della multinazionale Lonmin, a Marikana, sempre nella regione di Rustenburg.
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