Il rinnovato interesse per le grandi dighe peggiorerà la situazione in Africa, giovando alle imprese ma non alla popolazione. E’ quanto si legge nel rapporto redatto dalla Commissione mondiale sulle dighe pubblicato oggi dal quotidiano britannico Guardian.
Dalla valutazione dei grandi progetti idroelettrici realizzati negli anni ’50 e ’60 con l’auspicio di modernizzare il continente africano, la Commissione è infatti giunta alla conclusione che le grandi dighe sono costate più di quanto preventivato e hanno prodotto meno energia di quanto previsto, e che a beneficiarne sono state soprattutto le grandi aziende minerarie, e non la popolazione.
Emblematico il caso delle dighe Inga 1 e 2 sul fiume Congo: costate miliardi di dollari ai donatori, l’85% dell’elettricità della Repubblica democratica del Congo viene consumato dai consumatori ad alta tensione, mentre meno del 10% della popolazione ha accesso all’elettricità.
Inoltre, dopo 50 anni, le comunità costrette a lasciare le proprie terre per consentire la costruzione di queste dighe stanno ancora lottando per ottenere i loro risarcimenti. L’allarme è stato lanciato mentre la Banca Mondiale si appresta a rinnovare il suo sostegno finanziario, venuto meno a metà degli anni ’90, a grandi progetti idroelettrici nel continente africano, sostenendo che potrebbero “portare grandi benefici su vasta scala per migliorare l’accesso ai servizi infrastrutturali” e combattere, allo stesso tempo, i cambiamenti climatici. La Banca mondiale ha quindi individuato tre progetti multimiliardari sui fiumi Congo e Zambesi. Secondo il Guardian, la Banca mondiale appare “intrappolata in modelli di sviluppo dei decenni passati”, trovando più facile spendere miliardi di dollari in mega-progetti piuttosto che sostenere iniziative più circoscritte per lo sviluppo di energie rinnovabili, che negli ultimi anni si sono rivelate più efficaci. “Se limiti interni impediscono alla Banca di fare quel che è meglio per i poveri – conclude il quotidiano britannico – i governi dovrebbero allora individuare altri strumenti per ridurre la povertà energetica e combattere i cambiamenti climatici”.
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