L’ex premier israeliano Ehud Olmert è stato condannato martedì a sei anni di reclusione (più altri due con la condizionale), per una vicenda di corruzione avvenuta negli anni Novanta a Gerusalemme.
Naturalmente nessuno ha pensato di incriminarlo per la sua politica di apartheid verso i palestinesi. Per chi non ricordasse chi era questo grigio burocrate, ecco qui uno dei tanti possibili esempi in un articolo di Michele Giorgio di qualche anno fa,
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Colonie Oltre alla popolosa Modi’in Illit, la barriera ingloberà altri due insediamenti
Michele Giorgio
Gerusalemme
A metà dicembre Olmert aveva promesso al presidente palestinese Abu Mazen l’allentamento delle pesanti restrizioni alle quali è soggetta la popolazione della Cisgiordania e garantito la rimozione di qualche posto di blocco. Dovevano essere misure volte a ricreare fiducia tra le parti. Ad un mese e mezzo di distanza non solo le sue promesse non hanno trovato attuazione, ma i palestinesi dovranno anche digerire una ulteriore estensione del muro che Israele sta completando all’interno della Cisgiordania, nonostante le condanne internazionali, in particolare quella del luglio del 2004 da parte della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. Il giornalista di Ha’aretz Meron Rapaport, solitamente ben informato, citando fonti della sicurezza ha rivelato ieri che Olmert ha approvato uno spostamento del tracciato del muro a est, nella zona di Modi’in Illit. In questo tratto la barriera entrerà in territorio palestinese per altri cinque chilometri, al fine di includere nel suo perimetro due insediamenti ebraici.
A pagare per quello che Israele definisce un progetto volto a garantire la sua sicurezza saranno migliaia di civili palestinesi, che rimarranno intrappolati tra il muro e il territorio israeliano vero e proprio. L’ufficio di Olmert ha smentito la notizia e sostenuto che il premier avrebbe chiesto solamente che venga esaminata la possibilità di compiere questo spostamento, ma Ha’aretz sul suo sito ha aggiunto di avere ottenuto informazioni precise e che la modifica presto verrà sottoposta all’esame al governo. In ogni caso questo sviluppo – deciso nelle settimane passate – non è in alcun modo collegato alle possibili rappresaglie, anche politiche, per l’attentato suicida palestinese di lunedì ad Eilat (tre civili israeliani uccisi). E neppure a considerazioni di sicurezza. L’obiettivo è solo politico: annettere di fatto altro territorio a Israele con il pretesto di proteggere le due colonie.
Il progetto prevede di allungare la barriera di circa 12 chilometri all’interno del territorio cisgiordano, attorno alle colonie di Nili e Naaleh (circa 1.500 abitanti), rimaste tagliate fuori dall’attuale tracciato della barriera. Per effetto della modifica verrebbero create due enclave palestinesi, comprendenti cinque villaggi e ben 17.000 abitanti, che rimarrebbero completamente isolati dal resto della Cisgiordania. Questi palestinesi si andrebbero ad aggiungere alle altre migliaia che, lungo la Linea verde tra Israele e Cisgiordania, già sono costretti a richiedere permessi alle autorità militari per qualsiasi spostamento.
Oltre alla modifica del tracciato del muro, il progetto prevede anche la costruzione di una strada di collegamento tra le colonie di Naaleh, Nili, Modi’in Illit con quella di Ofarim che i palestinesi non potranno usare perché sarà disponibile sono per i coloni. Rani Hernik, responsabile del «Consiglio locale» di Naaleh, ha raccontato a Meron Rapaport che gli abitanti delle due colonie negli ultimi tempi hanno svolto un intenso lavoro di lobby sul governo che alla fine ha avuto successo. L’ingresso nel muro ancora più in profondità nella zona di Modi’in Illit aggiungerà altra tensione a quella già presente nei vicini villaggi palestinesi che si sono visti confiscare i migliori terreni agricoli in questo ultimi anni.
In particolare a Bilin, dove da oltre due anni la popolazione locale, attivisti internazionali e giovani israeliani di «Anarchici contro il muro» manifestano ogni settimana contro la barriera – nonostante le cariche di polizia ed esercito – cercando di tenere alta l’attenzione internazionale su questo problema. Nelle scorse settimane la tensione è salita anche a sud di Betlemme, nella zona di Umm Salamuna e di quella di Beit Ummar, dove l’avanzare del muro e la costruzione di strade «solo per coloni israeliani» stanno incontrando la resistenza delle popolazioni locali che temono di perdere i terreni agricoli che in molti casi sono l’unica fonte di reddito per gran parte delle famiglie. Anche la presidenza palestinese ha fatto sentire la sua voce. Saeb Erekat, un consigliere di Abu Mazen, ha detto che la modifica nel tracciato del muro «è un colpo alle possibilità di un rilancio del negoziato».
fonte: www.ilmanifesto.it
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