Tra le mosse per poter procedere verso modifiche della legge e in particolare della Costituzione che consentano un uso anche all’estero delle Forze di autodifesa, il parlamento giapponese ha approvato oggi l’abbassamento a 18 anni dell’età del voto (dai 20 precedenti). Un voto che ha seguito di pochi giorni la modifica della legge sull’istituto referendario il 13 giugno. Ogni consistente modifica della legislazione pacifista in vigore, infatti, dovrà passare attraverso un referendum, una volta superate le resistenze che sono anche politiche, oltre che di una parte significativa della società civile.
L’azione ad ampio raggio del governo liberal-democratico guidato da Shinzo Abe in questo campo specifico e controverso è basata su tre linee d’azione. La prima riguarda la possibilità di esportare tecnologia bellica in paesi non coinvolti in conflitti, non ostili e che necessitano di un qualche livello di sostegno per la propria sicurezza. Il paese, che ha destinato alla difesa 56 miliardi di dollari nel 2013, dispone di armamenti tra i più moderni e sofisticati, finora al servizio delle Forze di Autodifesa, a loro volta con alto livello di preparazione e organizzazione. La sua industria bellica è facilmente orientabile all’esportazione una volta superati gli ostacoli legali. Secondo, il governo ritiene che le esigenze di difesa, ma anche di prestigio internazionale, passino oggi dalla possibilità di agire anche sul piano internazionale, se richiesto. Terzo, la crescente potenza cinese, la minaccia nordcoreana e altre che potrebbero sorgere nell’area Asia-Pacifico, richiedono che il paese si coordini maggiormente anche sul piano militare con altre nazioni. Per questo Abe ha elaborato il principio di “responsabilità collettiva”, ovvero il sostegno reciproco armato di paesi alleati contro aggressioni di un avversario comune.
Secondo la legge giapponese, una modifica della Costituzione deve partire da una maggioranza di almeno i due terzi delle due Camere del parlamento e confermata da un referendum popolare.
La recente modifica alla legge referendaria consente di disporre di una maggiore base elettorale che potenzialmente diluisce il numero degli oppositori. Per Abe, la corsa per cambiare l’articolo 9, baluardo del pacifismo giapponese del dopoguerra, è già iniziata.
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