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Egitto: due attivisti iniziano sciopero della fame contro la repressione

Anche Ahmed Douma, un altro noto attivista egiziano in carcere e figura di spicco nella rivolta anti-Mubarak, ha iniziato uno sciopero della fame in solidarietà con Alaa Abdel Fattah, il blogger recentemente condannato a 15 anni dopo una manifestazione non autorizzata alla quale aveva partecipata. Lo riferisce all’ANSA l’avvocato per i diritti umani Osama al Mahdi, legale di Douma, anche lui in cella per aver violato la controversa legge del 2013 che limita moltissimo il diritto a manifestare. Douma ha incaricato il legale di lanciare un hashtag su Twitter, “siamo stufi”, invitando tutti gli altri detenuti politici a iniziare lo sciopero della fame.
Quanto ad Alaa, la sua decisione di iniziare da lunedì scorso lo sciopero completo della fame è seguita ad una sua visita al padre – Ahmed Seif El-Islam, avvocato per i diritti umani – ricoverato in ospedale dopo un’operazione al cuore: secondo quanto riferito in una lettera dai suoi familiari, che non avevano avuto modo di avvertirlo in tempo, Alaa non sapeva ancora che il genitore non era più cosciente e si trovava in rianimazione. Alaa è arrivato in ospedale domenica notte, riferiscono, “con un mazzo di fiori in mano, impaziente di parlare con il padre”. L’averlo trovato in quelle condizioni lo ha spinto a decidere ”che avrebbe smesso con qualunque forma di collaborazione con l’ingiusta e assurda situazione in cui si era trovato, anche al costo della propria stessa vita”. “Non svolgerò più il ruolo che hanno scritto per me”, ha detto Alaa secondo quanto riferito dalla famiglia.

Il giovane, proseguono i familiari, “è in prigione per la terza volta dall’inizio della rivoluzione dell’11 gennaio. Ogni volta le autorità – qualunque fossero – lo hanno accusato di crimini ridicoli e inventati”. Accuse per le quali, accusano, lo hanno privato della possibilità “di essere accanto alla moglie alla nascita del primo figlio, lo hanno separato dalla famiglia, gli hanno impedito la carriera nell’impresa informatica da lui fondata”. Poi hanno incarcerato, il 21 giugno scorso, “la sorella Sanaa perchè chiedeva la liberazione sua e di tutti quelli ingiustamente detenuti”, e ora – sottolineano – gli hanno impedito di essere accanto al padre prima che fosse operato a cuore aperto o quando era ancora cosciente”. Ora, conclude la lettera, i familiari e gli amici di Alaa ritengono “le autorità responsabili per la sua sicurezza e salute”. Il blogger è in carcere in attesa di un nuovo processo, fissato per il 10 settembre, con le accuse di rissa, distruzione di proprietà pubbliche e violenza contro le forze di sicurezza.

In primo grado è stato condannato con altri 24 imputati a 15 anni di prigione. Anche la sorella è sotto processo per aver violato la legge sulle manifestazioni, e anche lei aveva avuto il permesso di visitare il padre in ospedale.

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