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Centinaia di yazidi si uniscono alla resistenza curda per combattere l’Isis

Centinaia di profughi yazidi fuggiti davanti all’avanzata dell’Isis, una volta messe al riparo le loro famiglie in territorio curdo, sono tornati nei loro territori per combattere i miliziani jihadisti e bloccare la pulizia etnica. Secondo l’edizione on-line del quotidiano turco Taraf (critico nei confronti del governo dell’Akp) almeno 1.400 civili appartenenti alla minoranza di etnia curda ma di religione yazida sono tornati verso i loro villaggi per combattere dopo un breve addestramento da parte dei combattenti curdi del Pkk e dell’Ypg. «Abbiamo lasciato le nostre famiglie in sicurezza, ora torniamo – ha detto uno di loro, Abdo Hamo, all’agenzia Dogan – per combattere e difendere il nostro onore. Non possiamo lasciare le nostre terre nelle loro mani: la montagna Sengal per noi è sacra». 

Da parte sua il leader tribale Massud Barzani ha annunciato che il governo regionale curdo dell’Iraq del Nord è pronto ad aprire le porte a volontari cristiani tra i peshmerga, le forze armate agli ordini dell’esecutivo di Erbil sostenuto da Usa e Ue, fornendo loro mezzi per creare contingenti di auto-difesa nei villaggi. In un comunicato, il governo della Regione autonoma del Kurdistan ha ribadito che farà «tutto ciò che è nelle sue possibilità» per i rifugiati cristiani, chiedendo ai cristiani di «non pensare a lasciare il Paese, perché i terroristi saranno sconfitti». Sul campo, intanto, l’offensiva lanciata contro gli jihadisti a Tikrit, città natale di Saddam Hussein, dall’esercito regolare iracheno non sembra aver sortito l’effetto sperato: l’operazione ha subito uno stallo poche ore dopo essere iniziata a causa della strenua resistenza dei miliziani dell’Isis e nonostante alcuni bombardamenti contro le postazioni dei fondamentalisti sunniti operati dai caccia e dai droni inviati da Washington. 
Comunque le forze militari curde hanno lanciato prima dell’alba un’offensiva per riconquistare la città di Jalawla, a nord-est di Baghdad, caduta nelle mani delle milizie dello Stato Islamico lo scorso 11 agosto. Un responsabile dell’Unione patriottica del Kurdistan (partito di governo della regione autonoma), Shirko Mirwais, ha detto che già si contano numerose vittime sul campo. 

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