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Anche l’indice Ifo condanna Bundesbank e Berlino

Ogni giorno una nuova conferma: la locomotiva tedesca è ferma. Stamattina il quinto calo consecutivo dell’indice che misura la fiducia degli imprenditori condanna le politiche del governo e il “rigorismo” di Bundesbank. Nel mese di settembre è sceso a quota 104,7, contro i 106,3 di agosto e i 108 di luglio. Persino peggio delle attese più pessimistiche.

Altri indicatori significativi resi noti nella stessa occasione mostrano una tendenza assolutamente identica. La “fiducia degli imprenditori tedeschi” ha toccato così un nuovo minimo da aprile 2013. «Il motore economico tedesco non gira più», ha detto il presidente dll’Ifo Hans-Werner Sinn, che pure è famoso per l’identità di vedute col super-rigorista Jens Weidmann, presidente di Bundesbank.

Non ci stancheremo mai di sottolinearlo: la moneta unica, i trattati “vincolanti della Ue e l'”austerità” imposta dalla Troika – con la Germania in posizione decisionale chiave, sia nella Bce che nell’Unione Europea, un po’ meno del Fmi – sono fin qui risultate vantaggiose esclusivamente per i paesi alla guida delle filiere produttive (la Germani, appunto) o finanziaria (Gran Bretagna), mentre sono diventata la rovina di tutti gli altri. Ma la realtà si vendica sulle norme e i trattati: ora la Germania, dopo aver strangolato i propri partner, subisce il calo della “clientela solvibile” per le proprie esportazioni. E’ la fine sostanziale del “modello mercatilista”.

Gli investitori di borsa, però, pur facendo calare le quotazioni per il terzo giorno consecutivo, mostrano almeno una speranza: che la situazione sempre più disastrosa, anche per la Germania, costringa a questo punto i “rigoristi” a togleiere il piede dal tubo dell’ossigeno dell’economia continentale; dando quindi il nulla osta a politiche monetarie ancora più espansive da parte della Bce.

Troppo poco e troppo tardi, rispetto a una crisi di queste dimensioni. Solo un attimo di respiro…

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