Il 2014 ha fatto registrare il più alto numero di civili palestinesi uccisi a partire dalla guerra dei sei giorni del 1967. E’ quanto si legge in un rapporto diffuso oggi dalle Nazioni Unite. “I civili palestinesi continuano a subire minacce alla loro vita, alla loro sicurezza fisica e alla loro libertà”, e “il 2014 ha conosciuto il peggior bilancio di vittime civili dal 1967”, si legge nel documento. “Nella Striscia di Gaza, 1,8 milioni di palestinesi hanno vissuto la peggiore escalation di ostilità dal 1967: più di 1.500 civili sono stati uccisi, oltre 11.000 sono rimasti feriti e circa in 100.000 sono rimasti sfollati” perchè alla fine del 2014 non avevano ancora trovato una casa. Complessivamente sono stati 2.200 i palestinesi uccisi la scorsa estate nell’offensiva militare lanciata da Israele a Gaza, tra cui 550 bambini; da parte israeliana hanno perso la vita 73 persone, tra cui 67 soldati. Nel documento annuale diffuso dall’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), intitolato “Vite spezzate”, viene anche lanciato un appello a una maggiore moderazione: “Tutte le parti in conflitto devono rispettare i loro obblighi legali di agire secondo il diritto internazionale in caso di conflitto, per garantire la protezione di tutti i civili e assicurare che i responsabili rispondano di quanto commesso”. Nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme nel 2014 sono stati uccisi 58 palestinesi e altri 6.028 sono rimasti feriti; si tratta anche in questo caso del bilancio più grave registrato da anni. Nello stesso periodo sono stati uccisi 12 israeliani. Anche il numero di palestinesi detenuti “per ragioni di sicurezza” è aumentato del 24%, con una media mensile di 5.258 prigionieri. In Cisgiordania e a Gerusalemme Est, 1.215 palestinesi sono stati cacciati dalle loro case, distrutte dalle autorità israeliane; anche in questo caso si tratta del numero più alto registrato a partire dal 2008, quando l’Ocha ha cominciato a tenerne il conteggio. Nel rapporto viene denunciata anche la politica israeliana di costruzione di colonie in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, sottolineando che “le attività di insediamento continuano, violando il diritto internazionale e contribuendo alla vulnerabilità umanitaria delle comunità palestinesi”. (fonte: Askanews del 26 marzo 2015)
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