Ieri mattina alcuni soldati israeliani hanno arrestato a Nablus l’attivista italiana Samantha Comizzoli, che ormai da quasi un anno si trova in Cisgiordania per documentare le quotidiane violenze e gli abusi delle truppe di occupazione contro la popolazione. Già alcune settimane fa, dopo la pubblicazione di un suo documentario – “Israele, il cancro” – Samantha era già stata colpita da alcuni proiettili ricoperti di gomma ad un braccio e ad un seno nel corso di una manifestazione che ricordava la Nakba, l’inizio nel 1948 della infinita tragedia del popolo palestinese. Ed ora il suo arresto mette in evidenza che la presenza degli attivisti internazionalisti e solidali in Palestina impensierisce non poco le autorità israeliane. Ha scritto la stessa attivista italiana al momento del suo arresto sui social network: “Buongiorno dalla Palestina occupata dal mostro nazista israeliano. Durante la notte i soldati israeliani hanno fatto irruzione nella casa del martire ucciso ieri e perquisito la casa. Rapiti, altresì, a Gerusalemme 5 ragazzini: Tariq di 16 anni, Saleh Abu Assab 16 anni, Hossam Olayan di 16 anni, Leith Darwish di 17 anni e Younis Alyan di 19 anni”. Dopo il messaggio postato su facebook alle 8.51 del mattino dell’11 giugno non si sono più avute notizie certe sulla sua sorte.
Si sa solo che dopo il suo arresto a Samantha Comizzoli è stato sequestrato il passaporto, che le hanno scattato le foto segnaletiche e che poi l’hanno condotta al carcere di Ariel (una delle colonie ebraiche più grandi in territorio palestinese) in attesa della decisione del magistrato. Visto che il suo visto è scaduto da tempo (aveva ottenuto un visto turistico di soli 3 mesi che l’attivista non ha voluto prolungare per non legittimare le autorità d’occupazione) è probabile che le autorità israeliane ne approfittino per espellere definitivamente Samantha Comizzoli eliminando così una preziosa fonte di informazioni su ciò che accade nei territori occupati e che gli occupanti non vogliono si sappia nei paesi che continuano a sostenere le criminali politiche coloniali e di apartheid di Tel Aviv.
Mentre scriviamo
Samantha Comizzoli si troverebbe nel centro di detenzione dell’Aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv in attesa di essere espulsa. Nel frattempo si rifiuterebbe di rispondere alle domande della polizia in quanto ritiene di essere prigioniera politica e avrebbe cominciato lo sciopero della fame.
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