In un sistema sociale meritocratico e competitivo di forte impronta confuciana che privilegia l’istruzione di livello superiore come strumento per accedere agli impieghi più prestigiosi e remunerati, gli studi universitari restano prioritari per la maggior parte dei giovani sudcoreani e per le loro famiglie.
La frenata economica e le nuove difficoltà che emergono anche nella classe media stanno però rendendo problematico il completamento del ciclo di studi, abitualmente di quattro anni. Gli studenti accusano maggiori difficoltà a pagare le rette sempre più elevate e in molti devono entrare precocemente sul mercato del lavoro, anche in impieghi di basso livello, per potervi fare fronte.
Inutili finora le proteste pubbliche e l’impegno della politica a abbassare il costo degli studi e la frequenza di una università privata pesa mediamente l’equivalente di 3000 euro a semestre. Troppo per famiglie di medio reddito e ancor più per studenti che devono magari vivere fuori casa, presso la sede delle lezioni. Il sistema sudcoreano prevede che i debiti accumulati per gli studi siano pagati a impiego ottenuto, con un accumulo di interessi se la ricerca di un lavoro dovesse protrarsi.
Questo, e la necessità per molti di unire studio e lavoro con un allungamento dei tempi di frequenza viene vista come un problema sociale nel prossimo futuro. Le conseguenze saranno un allontanamento del matrimonio, con minori nascite in un paese già in brusco rallentamento demografico, ma il rischio è anche di concrete difficoltà a collocarsi in modo soddisfacente sul mercato del lavoro a sua volta in ristrutturazione.
Quest’anno ha toccato il record il numero dei disoccupati entro i vent’anni: 410.000 nel rilevamento del primo semestre contro i 402.000 del 2000 (subito dopo la crisi finanziaria iniziata nel 1997). Un dato che solleva allarme e chiama a individuare misure di sostegno a studi, finanziamenti e occupazione giovanile.
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