«Le Forze dell’ordine hanno cercato di confinarci in un recinto come delle bestie, evidentemente i pastori sardi valgono meno degli agricoltori padani». E’ la denuncia del portavoce del Movimento dei pastori sardi (Mps), Felice Floris, oggi a Roma con una delegazione di pastori sardi – con loro c’erano anche i colleghi siciliani – in occasione del summit sulla riforma della Pac organizzata dalla Coldiretti alla presenza del commissario europeo Dacian Ciolos e del ministro delle politiche agricole Mario Catania. «L’accoglienza a noi riservata dalle forze dell’ordine è indegna per il nostro Paese. Volevamo solamente che venissero ascoltate anche le nostre istanze ma non ci è stato possibile – ha continuato Floris – il nostro intento era quello di esprimere pacificamente la nostra solidarietà e il nostro appoggio alla Politica agricola comune presentata da Ciolos ma siamo stati bloccati dalle Forze dell’Ordine. È ora che ci sia una distribuzione equanime delle risorse basata sul principio del bene comune. I pastori e gli agricoltori di territori non iperproduttivi sono i veri artefici del mantenimento della società rurale che non vuole essere vittima sacrificale della turbo agricoltura», ha aggiunto il leader del Mps.
«Se da un lato sono stati creati meccanismi di tutela per il settore dei vaccini, come l’Ocm latte, dall’altro nulla è stato fatto per i settori ovino e caprino, lasciando che le aziende andassero letteralmente in rovina per gli errori commessi dal ministero delle Politiche agricole – prosegue Floris – è arrivato il momento di correggere queste mancanze, evidenziate dallo stesso commissario Ciolos, e far si che l’Italia smetta di essere assente dal tavolo europeo della politica agricola come accaduto in questi ultimi dieci anni». «L’incontro di oggi – ha concluso – è stata un’occasione mancata per dire quello che pensiamo e si è trasformato nella fiera delle ovvietà, dove ci si è limitati a dire che i soldi vanno a chi produce dimenticando di soffermarsi sul fatto che un pastore sardo o siciliano deve valere quanto uno padano o pugliese».
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