La sconfitta della Fiom nella causa intentata a Federmeccanica, Fim e Uilm a fronte dell’esclusione dei metalmeccanici Cgil dal tavolo di trattative che poi portò all’accordo separato del 5 dicembre 2012 assesta un colpo durissimo a tutta la linea della Fiom di questi ultimi due anni. Si dimostra una volta di più che la via giudiziaria non può mai sostituirsi al conflitto.
Oggi la Fiom è senza una linea contrattuale dopo aver inseguito, senza risultati, la strada di una ricomposizione indolore con Fim, Uilm e Federmeccanica. La condizione del rientro della Fiom è ogni giorno più onerosa per diversi motivi, il principale è il perdurare drammatico di una crisi economica che sembra senza fine.
Oggi Ceccardi, dalle pagine del Sole 24 ore, pone condizioni chiarissime al rientro della Fiom, al riconoscimento dei diritti sindacali: l’accettazione della validità del contratto separato ed il rispetto di tutte le sue clausole. Si chiede cioè la capitolazione della Fiom.
Ceccardi afferma infatti che i firmatari possono anche decidere di estendere i diritti derivanti dalla sottoscrizione del contratto ad organizzazioni non firmatarie (bontà loro…), purchè, ovviamente, ci si impegni ad assumere gli obblighi derivanti dal contratto stesso e dagli accordi interconfederali. Per avere i diritti sindacali dovremmo in buona sostanza sottoscrivere tecnicamente l’accordo del dicembre 2012 di Fim e Uilm e dire ai lavoratori ed ai delegati, che da anni contrastano gli accordi separati, che devono applicarlo e rispettarlo in tutte le sue norme capestro, dagli orari di lavoro alla flessibilità.
In fondo Ceccardi anticipa il quadro che la prossima probabile intesa su rappresentanza e democrazia rischia di delineare: un sindacato esiste in un’azienda solo se riconosce le intese e si impegna a rispettarle, l’opposizione sindacale è impedita. Per queste ragioni occorre rispedire al mittente le provocazioni di Ceccardi e costruire una nuova linea vertenziale adeguata a riconquistare un Contratto nazionale senza deroghe. Così come bisogna dire No al patto sociale rivendicato da Cgil-Cisl-Uil in quanto apre all’affermazione del modello Marchionne in tutti i luoghi di lavoro.
E’ stato un errore fare del 28 giugno una nostra bandiera, ora bisogna tornare al conflitto.
Sergio Bellavita – Portavoce rete 28 aprile – Fiom
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